lunedì 27 maggio 2013

Scooby Doo (val Masino) e Sasso Moro (m 3103)

Il rifugio Bignami in Valmalenco.
Un fine settimana all'insegna del vento e del freddo, tant'è che sia sabato ad arrampicare in val Masino, che domenica a sciare sul Sasso Moro non abbiamo patito caldo, anzi! E siamo a fine maggio.
Pubblico alcune foto delle due gite per condividere i paesaggi di questa insolito fine Primavera.

Scooby Doo è una via d'arrampicata facile ed attrezzata a spit il cui attacco viene raggiunto in mezz'ora abbondante prendendo il sentierino che sale a ONO 100 metri oltre il Sasso Remenno in direzione San Martino.
Si sviluppa in 3 settori, divisi da fasce di vegetazione. Sono 15 tiri tra tutto e per scendere servono altrettante doppie. Qui siamo al 4° tiro su 5 del primo settore, quello che abbiamo fatto velocemente sabato pomeriggio. 
3 tiri su placca, di cui il 3° elementare, quindi la via si impenna e gratifica un po' di più i rocciatori. Grazie ai sassi bagnati abbiamo anche dovuto tribolare. O forse il problema principale è stato che avevo dimenticato l'imbraco e salivo assicurato con due cordini!
È una arrampicata bella da fare a inizio anno per riprendere confidenza con la roccia, specialmente le placche e le calate in corda doppia. Chi è già in forma si annoierebbe non poco. La difficoltà massima è al V tiro del I settore dove c'è un breve passaggio muscolare (6a azzerabile, 2 metri). Per il resto si gira sul 5 grado al massimo. 
Le calate son quasi tutte appoggiate, tranne una. Non vi dico che libidine farla appeso a due cordini che mi strangolavano gambe e vita!





Che si sia tirato addosso sfiga da solo questo cartello? O l'avranno fatto così in modo da rendere più chiaro il messaggio? In realtà la caduta massi in questo periodo è causata principalmente dai numerosissimi stambecchi che passeggiano sulle instabili bancate rocciosa appena al di sopra del primo tratto di sentiero.
Qui è domenica mattina. Come vedete il lago dell'alpe Gera è ancora gelato. La temperatura è ancora sotto zero.

Ma la neve in VAlmalenco è caduta molto meno copiosa che dalle altre parti, per cui dobbiamo portare gli sci fin quasi in Bignami.
La Bignami, in alto a sx, e pizzo Varuna e cima Fontana sullo sfondo.
Il monte Spondascia, il cui versante N è ancora ben innevato.

Salendo sopra la Bignami per andare nella valle di Fellaria, da cui parte il canalone per la cima del Sasso Moro. La neve è ben ghiacciata e compattata dal vento. 

A pochi passi dalla vetta, a picco sopra il lago dell'alpe Gera.
L'ultima crestina (diminutivo che do non perchè è esile, ma perchè e brevissima). Sullo sfondo il gruppo del Bernina. Sopra i m 3000 la neve è finalmente farinosa. 
Il lago dell'alpe Gera visto dalla vetta del Sasso Moro.
In vetta: che freddo!!!

giovedì 23 maggio 2013

Cima Piazzi (m 3439) - versante N

In vetta alla cima Piazzi (m 3439): quanta neve e che freddo!

È una gita fantastica, non banale specialmente visto l'enorme quantitativo di neve appena caduta in questo strano maggio, in cui sono stato guidato dall'amico Giorgio Urbani di Isolaccia che di questa vetta è uno dei maggiori frequentatori.
Ce lo continuavamo a ripetere: "è già il 23 maggio 2013, oltre un metro di neve fresca in quota, scenari da Canada, freddo, vento come in pieno inverno, ma con 15 ore di luce!"
Vita da mai murì

La salita è piuttosto intuitiva: si parte da isolaccia e grazie alla strada (innevata fino a inizio primavera) si raggiunge l'alpe Boron in val Lia. Siamo a circa m 2000. 7 km di strada.
Si insiste fino in fondo alla val Lia, per quindi deviare a dx sul ripido canalone che scende dalla Piazzi.
Saliti circa 200 metri di dislivello, si inizia a traversare verso destra ai piedi di barre rocciose e zone ripide. Si arriva fin sotto il naso, quindi si ritorna a puntare a sx e, dopo un pendio, si affrobnta una ripida rampa (45°) spesso ghiacciata che porta sulla giogaia sommitale. Si piega nuovamente a dx per rimontare il naso da cui si arriva con poche inversioni alla croce di vetta (cima Piazzi, m 3439, ore 4:30 dall'alpe Boron).

La Piazzi dall'alpe Boron. In alto si vedono le nostre tracce.
L'itinerario dalla val Lia.
L'itinerario dal fondo della val Lia.
Sulla grande valanga scesa dal versante N.
Sulla grande valanga scesa dal versante N.
La salita inizia a farsi ripida e la neve da ghiacciata a farinosa (m 2300 ca.)
Sotto i seracchi.
Sguardo sulla val Lia da quota 2500.
La zona dei seracchi da m 2800 a m 3200.
Verso il passaggio più ripido a circa m 3150.
Un breve tratto a 45° che, con così tanta neve, è un po' arrischiato. Sotto il metro di polvere c'è ghiaccio vivo.
La val Lia da quota m 3300, prima di rimontare il naso per la vetta.
In discesa appena sotto la vetta.
Un salto e giù nella zona ripida dei seracchi.
Diagonali di salita e serpentine di discesa.
Rientro in val Lia.

martedì 14 maggio 2013

Pizzo Ligoncio (m 3033) per il versante E - scialpinismo

La nostra linea di discesa dalla vetta del pizzo Ligoncio.


Stare troppo ancorati alle proprie sicurezze fa perdere l'emozione di potere volare, ed è per questo che siamo alla continua ricerca di percorsi insoliti, forse complessi - certo non estremi, ma che ci portino in ambienti inusuali; poco o mai frequentati, come sono le cime di val Masino dagli scialpinisti.
Due tentativi, tanti ce ne ha chiesti il pizzo Ligoncio per essere espugnato con gli sci sul versante del Masino (E). È forse una prima? Chi se ne frega anche se non lo è! Ci siamo divertiti tanto ed era quello il nostro obbiettivo, non certo quello ci incipriarci il naso con inutili primati: siamo piccoli parassiti che approfittano gratuitamente dello spettacolo della Natura.
È una gita insolita, che si svolge in un ambiente selvaggio, seppur la vista su San Martino Valmasino leva in parte questo senso di isolamento e fa sentire sempre vicini un bel boccale di birra e un panino.
D'altro canto, proprio guardando da San Martino parrebbe impossibile poter scender di lì con gli sci, ma anche in questo caso l'apparenza inganna e la conoscenza approfondita del territorio aiuta a sfalsare alcuni miti.
Il mio ginocchio mi ha obbligato involontariamente a tardare fino al mese di maggio, con le ovvie conseguenze: levataccia, perchè data l'esposizione E la neve molla presto; sci in spalla per 2 ore e mezzo, dato che la neve comincia solo verso i m 1900; fondo molle o ghiacciato, perchè la neve è oramai tutta trasformata.




Partenza: Bagni del Màsino (m 1163).
Itinerario automobilistico: da Morbegno seguire la SS 38 verso Sondrio. Appena attraversato il ponte sul Màsino, svoltare a sx all’altezza di Ardenno (5 km a E di Morbegno) e seguire la SP9 della val Màsino fino al suo termine: i Bagni del Màsino (2 km oltre l'abitato di S. Martino). Poco prima dell'impianto termale vi è uno spiazzo sterrato in cui si può lasciare l'auto.
Itinerario sintetico: Bagni del Màsino (m 1163) - alpe dell’Oro (m 1806) - rifugio Omio (m 2128) - ruderi di quota 2108 pizzo Ligoncio (m 3033) per il versante E  .
Tempo per l'intero giro: 9-11 ore.
Attrezzatura richiesta: corda (20 metri), casco, imbraco, cordini, fettucce, un paio di protezioni veloci per traversare sulla cengia, ramponi e piccozza, kit antivanaga.
Difficoltà/dislivello: 5- su 6 / circa 2200 m.
Dettagli: OSA+. Alpinistica AD se fatta in inverno/primavera (passaggio chiave tra i m 2900 e i m 2950, appena dopo la finestra, per il resto f+). Bellissima gita, ambiente selvaggio, un paio di tratti esposti. Pendii con gli sci fino a 45°. Passi fino a 55°.
Mappa: val Màsino, 1:30000




Il tracciato scialpinistico per il pizzo Ligoncio ripreso dalla punta Moraschini.

La mappa: questa, fatta da Matteo Gianatti e uscita nel n.17 de LMD, include anche la salita alla sfinge e la cresta ENE, ovviamente non percorse in questa gita!

4 maggio 2013
Levataccia alle 3 per tentare una gita in val Ligoncio e sfuggire al caldo che squaglierà la neve.
Arriviamo ai Bagni di Masino e il cielo è stellato, così sappiamo che la neve dovrebbe aver rigelato. Le nostre frontali ci illuminano la via, finchè, quando passiamo per lo stallone dell'Oro  (m 1800 ca, ore 1:30), realizzato sotto un'enorme roccia strapiombante, le luci del giorno rischiarano la val Ligoncio. Sono le 6. Niente alba colorata, Roby si incazza che non riesce a fare una bella foto della punta Fiorelli con cielo, infuocato, rododendrum ferrugineum in primo piano e bella ragazza. Io gli ricordo che mancano anche i rododendri fioriti, mentre ci continuiamo ad illudere che quassù, da qualche parte, le belle ragazze ci siano veramente!
Traversiamo verso sx per i pascoli bagnati fino ad incrociare la lingua di neve che ci consente di calzare gli sci, direttamente coi rampanti. Un vero sollievo per le nostre spalle.

A m 1850 calziamo gli sci.
La neve ingiallita dalla sabbia del deserto.

La neve è compatta, ingiallita dalla sabbia del deserto che i venti caldi le hanno sparso sopra.
Allo sferragliare dei rampanti guadagniamo velocemente quota fino a portarci nella conca compresa tra la Sfinge e l'avancorpo NE del Ligoncio. Su questa cresta si trova la sella Ligoncino che il Rossano Libera deve aver sceso con gli sci sul fronte della val Codera.
Pieghiamo a sx e, passando sotto un roccione, abbiamo accesso alla valle dove c'è il ghiacciaietto del Ligoncio.
La pendenza cresce man mano fin verso i 40°. Sotto le nostre assi c'è la neve e sotto la neve ci sono placconate lisce. Speriamo non si muova nulla!
Il sole si è liberato delle nuvole e rende questa conca un forno ustore.
Oltre le placconate il catino diventa meno ripido, anche se è chiuso tra pareti opprimenti che aumentano il senso di disagio. Ci portiamo alla sua estremità dx (NE), dove un canaletto sale verso l'anticima NE del Ligoncio.
La vetta è ben visibile sopra di noi, e pare ben più distante di quanto sia veramente. Che ambiente grandioso!
Leviamo gli sci e, messi i ramponi, arranchiamo su per il canale. Se scivolassimo... meglio non pensarci, dato che il pendio tira verso una alta parete. La neve porta sempre meno.
Alcune mie ingenuità ci fanno perdere un po' di tempo all'uscita, dove bisogna infilarsi in una caratteristica finestra che dà accesso al versante N dell'anticima.
Definito un miglior assetto alpinistico, schivate le numerose stalattiti che piovono dall'alto, vinco facilmente il passo finale (ci sono anelli di calata e cordini per chi volesse assicurarsi - meglio però passare a sx dove praticamente non si arrampica ma si striscia solo sotto un grosso masso), recupero lo zaino e Roby (finestra, m 2900 ca., ore 3).
Ci aspetta una cengia di neve malsicura che ci dovrebbe portare sul ripiano sotto la vetta.
A dx precipita un'alta parete.
Mi incammino legato con la poca corda che abbiamo.
Non ci sono difficoltà, ma la neve è fradicia ed ogni tanto qualcosa rotola giù per il versante.
Quando ho oramai aperto tutta la trincea (30 metri in tutto) e ci mancherebbe solo una facile risalita, ecco le maledette nebbie.
Che fare? Il meteo ha messo tragedie nel pomeriggio.
Malvolentieri giriamo i tacchi e diamo appuntamento al Ligoncio a fra qualche notte.
Velocemente  torniamo alla base. Grandina, piove, esce il sole. Tempo bizzarro ed imbizzarrito.
Calzate le assi scendiamo su quella che più che neve, come dice Roby, sembra sale. Anche nei passi più ripidi il fondo è talmente lento che rende tutto facile. Inizio a prendere la giusta confidenza coi miei Skitrab Maestro e li lascio correre giù per le scarpate del Masino. Gli ho montato sopra l'attacco TR2, quello nuovo della Trab che uscirà la prossima stagione. Dopo qualche mio problema iniziale nell'aggancio, ora ho migliorato e velocizzato la procedura. Pure gli scarponi Scarpa Maestrale, che sono alla loro prima uscita, si rivelano ottimi, estremamente snodati in fase di salita e cammino, quanto molto stabili in discesa. Unica pecca: calzarli è un po' scomodo a causa della linguetta che si ribalta solo lateralmente, ma non si può avere tutto!
Curva dopo curva fuggiamo alle nebbie che si rinserrano attorno alla sola vetta del Ligoncio.
Questa volta non ci portiamo sul sentiero della Omio, ma puntiamo dritti ai Bagni di Masino.
Sotto i m 2100 la neve non porta più e facciamo un paio di cadute rovinose perchè ci conficchiamo letteralmente nelle buche celate sotto il manto.
Sciamo fino a m 1800, poi zavorriamo nuovamente gli zaini e divalliamo in tennis e braghine per il sentiero poco noto che dalla casera dell'Oro scende direttamente ai Bagni.
Arriva altra pioggia battente che per il 9° giorno consecutivo sta infastidendo gli arrampicatori al Mellobrocco.

Ai piedi de La Sfinge.
Stesso punto di sopra, ma è Roby che fotografa me.
Nella valle che ospita il ghiacciaietto del Ligoncio.
Sulle placconate sopra il ghiacciaietto del Ligoncio, in un ambiente davvero selvaggio.
Alla base del canale (m 2800 ca.)
Roby nel canale  che porta alla caratteristica finestra sul versante E del pizzo Ligoncio.

Nel canale.
Le prime curve nella nebbia, ma su neve ottima (m 2800 ca.).
Discesa in neve sabbiosa (m 2400 ca.).
Le cascate in val Ligoncio (m 1850 ca.).

13 maggio 2013
Ma ecco che si torna all'attacco, oggi col mio amico Caspocc - scatenato freerider.
Ci troviamo a Sondrio alle 2 e iniziamo a camminare alle 3 carichi come muli.
Invece di seguire il sentiero per la Omio, questa volta puntiamo direttamente alla Casera dell'Oro per il bel sentiero che si separa da quello per il rifugio non appena inizia la salita sopra la piana dei Bagni. Arriviamo alla casera e, spostandoci a sx, seguiamo la linea immaginaria  per la vetta del Ligoncio. Fa molto freddo, è tutto gelato. Attraversare i vari rigagnoli è un continuo rischio di cadere sul ghiaccio che ricopre tutti i sassi.
Inizia a far giorno. A m 1900 ca., dopo 2 ore e mezza di marcia, su una lingua di neve che si insinua tra i prati, inforchiamo gli sci e zigzaghiamo fino al claustrofobico anfiteatro sotto la vetta (m 2700 ca.).
Il manto è colmo di penitentes e rigato con numerosi solchi che seguono le linee di massima pendenza.
I miei rampanti non mordono perchè non toccan quasi mai a terra, tant'è che Roberto, che non li ha neppure, sale alla mia stessa velocità.
Vinto il primo strappo (dx) che supera le placconate basali della montagna (40°), ci spostiamo all'estrema dx della barriera rocciosa dell'anfiteatro dove, grazie ad un canale (45°) e a una caratteristica finestra, una specie di porta di pietra, sgusciamo sul versante settentrionale della montagna. Siamo sulla via solita che porta alla cima dalla val Masino, ma come talvolta accade quando c'è neve, i tratti che normalmente sono semplici e quelli che sono difficili si scambiano i ruoli.
Qui vi è la cengia colma di neve che settimana scorsa aveva segnato il capolinea della nostra gita.
D'estate si passa anche con gli stivali di gomma e il cestino dei funghi, ma in questa stagione serve un po' di acqua santa.
Mi accorgo di avere solo 17 metri di corda e 2 fettucce: ho dimenticato il sacchetto con le assicurazioni in macchina: eppure dopo aver visto questi simpatici luoghi la scorsa volta mi ero detto che sarei tornato armato fino ai denti!
Traverso  (O) con delicatezza su neve a tratti già inflaccidita (sono le 8 del mattino). Crepe qua e là indicano che prima o poi verrà giù tutto.
Dopo 30 metri riesco a piegare a sx e, risalita una ripidissima costola nevosa (25 metri, 55°), sbuco nel ripiano superiore.
La felicità  per la vista grandiosa sulle cime del Masino e sui docili declivi che si aprono davanti a noi e che dovrebbero mitigare ogni tensione, è ammutolita dalla consapevolezza che d'ora in avanti un minimo errore  significa volar giù dalle rocce  per parecchie decine di metri: quel muro di granito, del resto, l'abbiamo ammirato e misurato da quando abbiamo levato gli sci.
Sotto la vetta le pendenze crescono decisamente e, per di più, pare che qualsiasi possibile traiettoria di discesa dal cocuzzolo andrebbe a spegnersi su rocce nude.
Vinciamo la cuspide finale seguendo (dx) la linea di massima pendenza appena prima d'intercettare la verticale che cade dal punto culminante. La rampa è interrotta da delle placconate che si superano solo traversando da dx a sx su uno strettissimo (30 cm di larghezza - 3 metri di lunghezza) cordolo nevoso orizzontale, unico passaggio possibile anche per la discesa con gli sci.
La neve è dura.
Pochi passi e, maltrattati dalle raffiche di vento, tocchiamo la croce di vetta del pizzo Ligoncio (m 3033, ore 6).
La vista è grandiosa tutt'intorno. Le nubi si contendono le vette delle montagne e fanno gare di velocità nel cielo.
Mi abbasso subito sul versante meridionale alla ricerca di un passaggio sciabile che mi eviti questi ultimi 80 metri, ma non c'è!
Allora, preso da sconforto ed insicurezza, metto gli sci e faccio qualche curva in valle dei Ratti per riprendere le misure sulle assi nuove.
Non ho paura di scivolare, ma di fare una qualche spigolata con le lamine ancora troppo taglienti dei miei Maestro.
Il Caspocc continua a rassicurarmi sulla facilità della discesa: "Ce la facciamo, vedi che si passa".
Non mi convinco più di tanto.
Risalgo a scaletta fino in vetta per prendere ulteriore confidenza con le assi,
ma appena mi lancio sulla parete E anticipando Roberto, pare che mi manchi l'equilibrio: traverso, derapata e poca convinzione nel girare le punte a valle.
Il mio compagno mi supera con decisione  inforca lo stretto cordolo che lo porta in zona sicura. Sento il suo urlo di liberazione, mentre io son lì sugli spigoli che non ho il coraggio di fare l'ultima curva che mi lancerebbe sulla striscia gelata salvifica.
Non so quanto tempo sia passato, ma più guardo quel passaggio e la barra di rocce sottostanti, più le gambe mi si ingessavano.
A un certo punto prendo in mano la piccozza e facendo una inversione con perno sull'attrezzo mi trovo girato dalla parte giusta e mi lancio. Quando non ho più la barra di rocce sotto i piedi, seppur le pendenze siano le stesse, mi pare tutto più facile.
Traversiamo il ripiano, bordato con una impressionante cornice sospesa sopra la val Codera e, dopo aver cercato inutilmente un punto per calarci direttamente sulla finestra (bastava una calata di 5 metri dal punto in cui ci siamo portati), risaliamo e percorriamo a ritroso  coi ramponi il ripido costone e la cengia di neve sempre più cedevole. Questi pochi metri sono gli unici che non riusciamo a fare sci ai piedi, ma che forse con condizioni migliori...
Eccoci nel canale dove, rimessi gli sci, ci lasciamo scivolare fino alla casera.
La neve ha mollato, ma si scia bene e ci si diverte. Le gambe scottano un po' per la fatica, ma ogni volta che ci giriamo a guardare la vetta ci torna il buon umore.

Ai piedi dell'anfiteatro conclusivo. Si vede l'emergenza della vetta e si intuisce l'altezza della barra rocciosa che protegge il ripiano superiore.
Verso il canale per il ripiano superiore,
La ripida cengia oltre la finestra.
La ripida rampa oltre la cengia che porta sui ripiani ai piedi della vetta.



La ripiano superiore, il tracciato di discesa dalla vetta.

Un'enorme cornice orla il versante della val d'Arnasca del ripiano superiore del Ligoncio (m 2950 ca.).

Di rientro sulla cengia che dal ripiano superiore porta alla finestra, l'unico tratto che non siamo riusciti a scendere sci ai piedi.
In discesa dal canalino (45°).