venerdì 18 ottobre 2013

Lago Palabione (m 2109)


Oggi ho fatto una puntata mattutina al lago Palabione, sopra l'Aprica, per scattare l'ultima foto mancante per il libro "Cento laghi di Valtellina e Valchiavenna" che Clickalps sta realizzando assieme alla Lyasis e che dovrebbe uscire nel mese di novembre.
La neve si è già sciolta fino a m 1800, ma sopra è ancora ben salda al terreno, a tratti crostosa e molto faticosa da battere.
Sopra i 1800 l'aria è fredda.
La salita non è lunga, piuttosto svelta lungo le piste; in circa 50 minuti sono sulle sue rive, ma devo attendere ben 2 ore perchè il sole si faccia vivo e inoltre devo cercare con cura una angolazione che mi permetta di non inquadrare l'orrendo muretto dell'argine e le reti verdi degli impianti.
Dal lago c'è una bella vista pure sullo spigolo orientale del monte Palabione. Lì corre una ferrata carina che ho percorso in una gita organizzata dagli amici del CAI Aprica qualche anno fa.
La discesa, su morbida neve, fondo erboso e solo tratti di terra, è davvero veloce: correndo, in 34 minuti sono già alla macchina.
Vi propongo in anteprima il testo della scheda del lago e alcune foto realizzate, con cenni sulla tecnica utilizzata.

Il lago Palabione in veste autunnale. Arrampicandomi su una roccia ho trovato una angolazione grazie alla quale il tronco nasconde il riflesso del sole e c'è un rapporto di distanze tale da generare una situazione in cui tutti i soggetti risultano a fuoco (distanza iperfocale). Non ho applicato alcuna formula, ma ho trovato la giusta posizione per tentativi.

C'era una volta Palabione, una ragazza molto bella e benestante che non si decideva a maritarsi. Così suo padre si mise alla ricerca di un uomo che facesse al caso suo, con rango e possedimenti non inferiori a quelli della loro famiglia.
Il padre, ignorando che la figlia si fosse innamorata di un giovane pastore conosciuto sui monti dell’Aprica, combinò le nozze con un ricco commerciante.
Appena lo venne a sapere, la ragazza scappò di casa per rifugiarsi tra le braccia dell'amato, ma raggiunto il luogo del loro incontro non lo trovò e, disperata, scoppiò in lacrime. Il pianto fu sì copioso da riempire la conca dove oggi è il lago e da far addormentare sfinita la fanciulla.
All'alba ella si svegliò baciata dal sole e vide comparire all'orizzonte il suo pastorello che la prese in braccio e con lei scomparve sulle nevi della montagna.
Il lago e la cima, unici  testimoni di questa storia d'amore, hanno così oggi il nome della bella Palabione.
Partiamo dall'Aprica (m 1172), proprio dove iniziano gli impianti di risalita del Palabione, e seguiamo le piste in direzione sud, tenendo come riferimento la seggiovia. A m 1700, in corrispondenza della prima stazione degli impianti, si trova il Ristorante-Bar Pasò. A m 1920 incontriamo il rifugio Valtellina (ore 2). Insistendo lungo le piste da sci e puntando alla massiccia vetta del Dosso Pasò, oltre un primo bacino artificiale per produrre neve artificiale, è il turno del lago Palabione (m 2109, ore 0:40), inserito in una piccola conca morenica e sovralzato sulla sua sponda meridionale da un modesto argine. 
Poco più in alto, in corrispondenza del colle Pasò, c'è un altro piccolo specchio d'acqua (m 2245, ore 0:20) da cui si gode di un panorama estesissimo sulle Alpi Retiche.

Lago e monte Palabione.
Riflessi.
Dai che arriva il sole!
Tronco e lago. Utilizzando il diaframma molto aperto ho fatto si che il tronco fosse a fuoco e il lago sfocato.
Unione di 7 fotogrammi verticali.
Unione di 2 fotogrammi orizzontali. Solo nello scatto dell'inferiore sono corso sul sasso in mezzo al lago. Il cavalletto era interamente in acqua.
Panoramica composta da 7 scatti verticali con lunghezza focale 18mm.
Panoramica composta da 3 fotogrammi orizzontali. L'esposizione è regolata a 0 ev sulla media del rettangolo centrale del fotogramma più alto, questo per ovviare il più possibile alla durezza delle luci.

venerdì 11 ottobre 2013

La prima sciata dell'anno: pizzo Meriggio (m 2348)

L'attesa perturbazione con abbassamento drastico delle temperature, precipitazioni abbondanti e neve fino sotto i m 1000 non ci ha certo deluso, anzi nella notte tra giovedì e venerdì è nevicato persino nel fondovalle. La neve è riuscita ad attaccarsi al terreno sopra i 700 metri e già a 900 ce n'erano 20 cm, quanto basta per sciare.
In realtà la mia giornata era partita con altri propositi: quello di andare a far foto al lago della Piodella in val Pilotera. Alle 7:30 però un ingorgo mi aveva bloccato al ponte del Tartano...

Piove e c'è nebbia.
Giro la macchina e salgo a Tartano. Vorrei, come seconda scelta, andare ai laghi di Porcile, ma uscito dalla galleria che porta a Campo Tartano, vedo che di neve ce n'è molta più del previsto.
Le piante, con ancora tutte le foglie verdi, sono piegate o divelte nel centro della carreggiata.
Con qualche gincana vado oltre. A Tartano trovo i pastori che di fretta stanno abbassando mucche e asini. Ci sono 40 cm di neve. La strada della val Lunga non è percorribile: mi tocca sotto l'auto e slittano le ruote.
Parcheggio e provo a salire un po' a piedi, ma la marcia è un supplizio.
Qua e là la gente libera il perimetro della propria casa con le pale.
È pure andata via la luce: un larice è caduto sulla linea elettrica.
Torno a casa meditando se azzardare un'uscita con gli sci.
Due occhiate di sole bastano a convincermi e verso mezzogiorno mi dirigo in Albosaggia per salire sul Meriggio. A m 885, in corrispondenza dl bivio San Bernardo- Campei, un albero ostruisce la carreggiata.
Parcheggio lì la macchina e inforco subito gli sci.
Splende il sole e i rami gocciolano freneticamente.
Alle Bratte un signore sta tagliando le betulle cadute sulla strada e mi ribadisce di non aver mai visto nulla del genere ad ottobre. Ai Campei è tutto bianco, un clima da terre del nord Europa, se non fosse che sotto 30-40 cm di neve si intravedono i gerani fioriti. In un orto ci sono pure le piante di fagioli in abito estivo.
Da qualche comignolo sale il fumo, mentre io disegno la mia traccia sul soffice e vergine manto bianco.
Sotto gli sci ho più di 30 cm di zoccolo: mi sento come un carcerato con le palle ai piedi, ma a differenza dei detenuti assaporo un senso di impagabile libertà.
Oltre Campei sono definitivamente solo. Un capriolo mi attraversa la strada, poi un gallo forcello.
Arrivo al ripetitore già bello stanco e mi trascino fino al passo della Portorella.
È un alternarsi di sole e caldo, per cui mi si appiccica la neve sotto e sopra gli sci, ed ombra e freddo che mi gela addosso il sudore.
Sui rami dei larici ci sono tanti candelotti di ghiaccio che luccicano al sole come addobbi natalizi.
Alla mia sx spicca il colore verdognolo della diga di Scais, in cui si riflette un tratto della val Caronno.
Il Diavolo di Tenda è tutto spruzzato di bianco, mentre il solco della val Venina si apre man mano all'orizzonte.
La vetta è conquistata con sofferenza poco prima delle 16. La croce è ghiacciata, l'aria gelida, misuro 1 metro di neve, ma devo ammettere che a fronte di grossi accumuli ci sono zone quasi prive. Quello di oggi è record assoluto di lentezza, ma aver soffiato agli agguerriti amici di Albosaggia la prima scialpinistica dell'anno al Meriggio è impresa titanica! Già, sono stato aiutato dagli alberi divelti e dal fatto che, a mia memoria, non è mai accaduto che la prima sciata sul Meriggio è realizzabile prima della vendemmia; questo deve aver spiazzato tutti.
Il lago di Venina ai miei piedi è attraversato da nebbie e vapori.
Non ho da bere, per cui mangio neve e cioccolato. C'è un profondo silenzio.
Scelgo di buttarmi giù al dritto per la N, valutandola come unica opzione per una bella sciata, anche se temo nelle sassate sotto gli sci.
Per fortuna ho qui quelli da sfascio, un vecchio paio di Silvretta con attacchi Silvretta di ghisa.
E invece la sciata è grandiosa. Neve soffice e polverosa, che quando lasci correre ti spara tutta in faccia. Non si toccano sassi. Fantastico!
Un po' meno il traverso in piano e la risalita al passo della Portorella.
Scivolo fino ai Campei, con altri tratti di sciata piacevolissima. Secondo i miei calcoli avrei dovuto farmi a piedi fino alla macchina, invece la neve a bordo strada è continua, per cui quando levo gli sci è già per metterli nel baule alla luce radente della sera.

La strada per Tartano: gli alberi piegati dal peso della neve.
Campo Tartano.
Cortocircuito bifase sulla linea aerea che serve Tartano, causato da una cima di larice divelta dalla neve.
Le Bratte (m 1073).
Fantasmi nel bosco sotto la punta della Piada.
Baite della Piada, diga di Scais e gruppo del Redorta.
Lago di Venina e passo di Venina.
Lago di Venina con nebbie. 
Il lago delle Zocche inizia a ghiacciare.
Sbarramento e lago di Venina.
La croce del Meriggio e il gruppo del Bernina.
A Montagna inValtellina è ancora tutto verde.
I Campei.



giovedì 3 ottobre 2013

Il riccio

Erinaceus europeus.
Questa sera si aggirava furtivo attorno a casa un bell'esemplare di riccio comune. Stava cercando di intrufolarsi in un armadio porta attrezzi nel giardino: forse era in cerca di una tana per il suo letargo, forse solo di un po' di cibo. 
Il gatto lo curava con attenzione, ma, dall'alto del potente predatore di merli quale è, mai ha osato avvicinarsi più di tanto per evitare i suoi lunghi e affilati aculei.
Con cura e con un maglione spesso, l'abbiamo preso in braccio e lasciato andare nella vigna, affinchè cercasse un luogo più adatto alle sue faccende.

Il gatto lo osserva ma non osa avvicinarsi. Poi appena il riccio riprende a camminare, il gatto scappa.
Appena catturato il riccio si è subito arricciato.
Dopo un po' che l'avevamo preso in braccio per fare qualche foto pareva essersi addormentato.
Sbuffava...
Poi ha aperto i piccoli occhi scuri, si è disteso ed è sparito nell'oscurità della vigna.