mercoledì 28 dicembre 2016

Cima di Fellaria (m 3088)

Chi riesce a dirmi dov'è vince un premio! Scherzo, ma è meglio fare un po' di chiarezza per poi descrivervi brevemente questa bella gita di scialpinismo nel gruppo del Bernina.
Su dove sia la cima di Fellaria nessuna mappa è corretta e nemmeno la Guida dei monti d'Italia è minimamente precisa: la cima di Fellaria è approssimativamente collocata nel punto nodale in cui convergono il vallone di Caspoggio, la valle del Fellaria Occidentale e quella che scende a E della bocchetta di Caspoggio. In realtà all'intersezione dei suddetti displuvi vi è una modesta elevazione, ben inferiore a quelle che s'alzano poco più a E sulla dorsale che divide le valli del ghiacciaio di Fellaria Occidentale da quella a E della bocchetta di Caspoggio. Qui CTR individua con precisione, pur senza darle un nome, la quota m 3088,4 , la massima della cresta. Questa corrisponde al bel dente roccioso che si ammira, ad esempio, dalla cima Fontana, o dalla cima di Caspoggio o dal ghiacciaio di Fellaria Occidentale e che inequivocabilmente è da considerarsi la cima di Fellaria.


Il tracciato dal Sasso Moro.
Il tracciato dalla cima Fontana.

Per salirvi vi consiglio la gita che ho compiuto oggi, partendo dai piedi della diga di Alpe Gera, passando per la Bignami, un ripido canale che porta ad una bocchetta a circa m 2950 (che chiamerò bocchetta del Canalino per distinguerla dalle altre innumerevoli bocchette 3000, passi e forcelle di Fellaria) il ghiacciaio di Fellaria Occidentale e la cima di Fellaria per la sua breve ma un po' esposta cresta O (max II).
La neve? Faceva cagare, ma quest'anno è così...




Partenza: termine transito consentito sulla strada per la diga di Alpe Gera (m 2000).
Itinerario automobilistico:  da Sondrio prendere la strada provinciale SP15 per la Valmalenco. Arrivati a Lanzada (15 Km) proseguire lungo la strada che attraversa l’intero paese e le varie frazioni in direzione Campo Franscia (5 Km). Da qui spesso la strada è innevata per tutto il periodo invernale. Proseguendo per altri 5 km si giunge a Campo Moro nei pressi della diga. La si costeggia sulla sua sponda meridionale e dopo una galleria si è alla spianata dove ha termine la strada per i mezzi non autorizzati.  
Itinerario sintetico: termine transito consentito sulla strada per la diga di Alpe Gera (m 2000) - coronamento diga alpe Gera - rifugio Bignami (m 2401) - alpe Fellaria - bocchetta a m 2950 ghiacciaio di Fellaria Occidentale - cima di Fellaria (m 3088) - lago di Fellaria - rifugio Bignami (m 2401) - termine transito consentito sulla strada per la diga di Alpe Gera (m 2000). 
Difficoltà/dislivello in salita: 3+ su 6 / 1200 m
Tempo previsto:  6-7 ore.
Attrezzatura richiesta: da scialpinismo , kit antivalanga, rampanti, ramponi e piccozza.
Dettagli: OSA. Pendii fino a 45°, breve cresta (II max) un po' esposta nell'ultimo tratto.


Risorgo dall'influenza e dalle feste natalizie con una gran voglia di andar per monti, a sciare. Ma il mio fisico convalescente non ne vuol tanto sapere oggi.
Così, alle sette, una mano in automatico striscia sul comodino e spegne la sveglia.
Alle 9 ci tiriamo in piedi. Ho un po' di buste di LMD da spedire in posta. Tutti le volte molti abbonati si ricordano che non hanno rinnovato solo dopo l'uscita del numero, così devo spedire loro la copia a mano.
Sono le 10 che esco di casa, vado in posta, a dar da bere agli asini e poi finalmente posso salire in Valmalenco e a Campo Moro. La strada è ghiacciata, il parcheggio per Campagneda è colmo di auto, il vento scuote gli alberi oramai spogli. Alla base del muraglione della diga di Alpe Gera scopro di non esser il sole: ci sono altre 3 macchine. Strano: con questo vento non avrei mai pensato che qualcuno si sarebbe avventurato da queste parti, tranne il Luciano Bruseghini, a cui parcheggio accanto.
Sono le 11:15 che mi avvio con gli sci legati a capanna sullo zaino e il vento che mi sbatte in qua e in là, con le mie gambe che, infiacchite dall'influenza, nemmeno provano a ribellarsi.
Attraverso il coronamento e, imboccato da poco il sentiero per la Bignami incontro un ragazzo e una ragazza di Bergamo con corda e ramponi. Mi dicono che su in alto il vento è fortissimo e hanno deciso di rientrare perchè le folate quasi sollevavano la ragazza che si era perciò un po' spaventata. La guardo e capisco che non ho molto peso più di lei da opporre all'ira di Eolo. Speriamo di non esser soffiato in cielo!
Aggirato il primo sperone del Sasso Moro, metto le assi ai piedi e su fino alla Bignami. L'aria è calda, ma raffiche sono violente e mi costringono a tener su la giacca e a farci dentro la sauna.
Appena prima della Bignami incrocio altri 5 scialpinisti che scendono. Devono essere i compagni dei due ragazzi di prima. Il gruppo voleva salire la cima Fontana compiendo il panoramico anello che ho descritto nei post precedenti, ma oggi non è giornata.
Mangio un boccone rannicchiato sul lato S della Bignami, dove l'edificio mi offre un buon riparo, e riparto. Attraverso la valle e poi salgo verso le bocchette di Caspoggio. Le raffiche mi scuotono e mi accecano di continuo, ma le tregue sono talvolta lunghe e mi rendono ottimista. A circa metà della cresta che dalla cima di Fellaria va a E fino a precipitare nel vallone dove si univano le lingue del ghiacciaio di Fellaria, c'è uno stretto canale nevoso che si insinua tra due alti muri di roccia. Pare piuttosto riparato dal vento, così, ramponi ai piedi, lo salgo. La neve è dura come marmo, a tratti ghiacciata. La pendenza cresce, fino ai 45°, e capisco che mai potrò sciarlo in discesa in queste condizioni di neve e con le gambe così fiacche. Spezzo la fatica in serie composte da 60 passi consecutivi e una genuflessione a Eolo coprendomi in viso dalle schegge di ghiaccio. Quando scollino c'è l'uragano e, prima di svalicare, devo rannicchiarmi un paio di volte nell'attesa che le raffiche si plachino.
Sceso di qualche metro, percorro il ghiacciaio di Fellaria Occidentale per aggirare da dx la cima di Fellaria, che da questa prospettiva appare arcigna e inaccessibile.
Qui le folate non mi fregano più, perchè le vedo arrivare da lontano sotto forma di turbine di neve che s'alza dal ghiacciaio e corre verso le creste.
Sono solo in questo delirio di elementi, ma per niente a disagio né intimorito. La montagna è magica anche quando si incazza e non vorrei ora trovarmi in nessun altro posto. 
Giunto a O del roccioso edificio sommitale della cima di Fellaria nascondo gli sci in una buca: le raffiche sono talmente violente che sbalzano in aria grossi lastroni di neve dura. Senza problemi potrebbero fare sparire i miei sci.
In un attimo di quiete rimonto furtivo la cresta e inizio a cavalcarla verso E (sx), dove si trova la catasta di blocchi della vetta. Appena l'aria ulula mi aggrappo con tutte le forze alle rocce per non essere sbalzato via dal vento, appena smette avanzo quanti più metri possibile. Verso dx il precipizio è molto alto. In basso vedo le bocchette di Caspoggio. A sx il versante è in ombra e non restituisce alcuna informazione sulla profondità. Salito un dente di roccia soda, mi appoggio al fianco solivo per guadagnare la vetta vera e propria della cima di Fellaria (m 3088, ore 4:30), una prominenza di poco più alta delle altre che disegnano la merlatura della cresta. Il panorama è incantevole e trovo una nicchia riparata dove godermelo al sicuro.
Sono già le 1530 quando mi desto. È tardissimo!
Giù a manetta.
Ritrovo gli sci in concomitanza con una serie di raffiche tremende che rendono quantomai difficile assettarmi per la discesa. Ci perdo ben 20 minuti. Non ho la maschera da sci, e gli occhiali non sono sufficienti contro le sbuffate di neve e ghiaccio. 
Pazienza, devo scendere.
È allucinante: 30 metri in discesa e una raffica mi riporta in su di 2-3 metri. La faccia brucia, tagliata dalle schegge di ghiaccio. Non è freddissimo, quindi almeno il pericolo di congelare è scongiurato.
Sullo sfondo il piz Varuna è flagellato dalla bufera e altissimi pennacchi s'alzan nel cielo come fossero la coreografia ideale di un brano d'orchestra come il Temporale d'estate delle Quattro Stagioni di Vivaldi.
In un metti e togli gli sci perchè non c'è neve abbastanza, intercalato a pause in attesa di una visibilità adeguata, arrivo in Bignami all'imbrunire. Rischiando le ginocchia mi getto a tutta lungo il sentiero foderato da pochissima neve ghiacciata per abbracciare la notte quando sono già sul coronamento della diga.
Le onde del lago si infrangono contro l'argine producendo un rumore simile al mare in burrasca. Se chiudo gli occhi mi sento in spiaggia e non a 2000 metri .
Temperatura +4°C. 
Certo che l'inverno non ne vuole proprio sapere di arrivare!



La diga di Alpe Gera e il monte Spundascia sferzato dalla bufera.

L'imbocco del canalino per il ghiacciaio di Fellaria Occidentale.

La cima di Fellaria da NE. Per salirvi la si aggira da dx e poi ne si percorre la breve cresta occidentale.

Panorama dalla cima di Fellaria.

La cima di Caspoggio alla cima di Fellaria.

Io in vetta.

La cima di Fellaria dalla sua cresta O.

Tramonto all'alpe Fellaria.

Notte alla diga di Alpe Gera.
La cima di Fellaria vista da E appare come uno scuro dente di rocce rossicce.

mercoledì 14 dicembre 2016

L'anello della cima Fontana (m 3070) con le ciaspole

Pochi giorni dopo torno sulla cima Fontana, questa volta con Antonio e mio padre. Senza sci, ma con le ciaspole. La neve è diventata più brutta: crosta che non porta o marmo, ma i luoghi e i paesaggi sono sempre affascinanti!
Per compiere l'anello con e ciaspole si devono calcolare circa 8 ore. Se la neve è poi faticosa si possono arrivare ad impiegane una decina.
Eccovi la scheda sintetica e alcune immagini.

In vetta alla cima Fontana. Sullo sfondo il gruppo del Bernina.


Partenza: termine transito consentito sulla strada per la diga di Alpe Gera (m 2000).
Itinerario automobilistico:  da Sondrio prendere la strada provinciale SP15 per la Valmalenco. Arrivati a Lanzada (15 Km) proseguire lungo la strada che attraversa l’intero paese e le varie frazioni in direzione Campo Franscia (5 Km). Da qui spesso la strada è innevata per tutto il periodo invernale. Proseguendo per altri 5 km si giunge a Campo Moro nei pressi della diga. La si costeggia sulla sua sponda meridionale e dopo una galleria si è alla spianata dove ha termine la strada per i mezzi non autorizzati.  
Itinerario sintetico: termine transito consentito sulla strada per la diga di Alpe Gera (m 2000) - coronamento diga alpe Gera - rifugio Bignami (m 2401) - alpe Fellaria - ghiacciaio di Fellaria Orientale - cima Fontana (m 3070) - alpe Gembré (m 2213) - termine transito consentito sulla strada per la diga di Alpe Gera (m 2000). 
Difficoltà/dislivello in salita: 3- su 6 / 1200 m
Tempo previsto:  7-9 ore.
Attrezzatura richiesta: ciaspole , kit antivalanga, rampanti, ramponi e piccozza. Un pezzo di corda per l'attraversamento del ghiacciaio (possibili crepacci).
Dettagli: in inverno: alpinisitica facile, pendii fino a 35°, sviluppo piuttosto lungo.

Base tratta da www.swisstopo.ch
Il monte Disgrazia specchiato nella diga di Campo Moro.

Alpe Fellaria. Sullo sfondo il pizzo Confinale.

Verso il ghiacciaio di Fellaria Orientale.


La seraccata sospesa del ghiacciaio di Fellaria Orientale.

Panorama dalla vetta della cima Fontana.

Il versante meridionale del piz Varuna.
L'ultimo sole in val Confinale.

Tramonto sul lago dell'alpe Gera. In cielo l'astro luminoso altro non è che Venere.



sabato 10 dicembre 2016

L'anello della cima Fontana (m 3070) con gli sci

L'itinerario visto dalla cima del Sasso Moro.
In questa fine d'autunno povera di neve e per niente fredda, chi vuol sciare deve portarsi in alta quota. Un luogo d'elezione sono le dighe di Campo Moro, dove si arriva in auto fino a m 1950 e dove, dopo soli 30 minuti di spallaggio, si possono indossare gli sci. Mete possibili, che ho testato in questi giorni, sono il Sasso Moro, il pizzo Confinale, i Sassi Bianchi e la cima Fontana. Per quest'ultima vi presento con foto e mappa un itinerario che ne raggiunge la vetta compiendo un anello attorno al lago dell'alpe Gera. Per la gita servono circa 7 ore e la difficolta è BSA. Si deve stare attenti nel primo tratto del sentiero per la Bignami, nell'attraversamento del ghiacciaio di Fellaria Orientale e nel taglio dei ripidi pendii a S della cima Fontana.
Oggi abbiamo trovato neve crostosa, dura, polverosa e primaverile, intercalate senza lacuna logica e perciò difficili da sciare.



Partenza: termine transito consentito sulla strada per la diga di Alpe Gera (m 2000).
Itinerario automobilistico:  da Sondrio prendere la strada provinciale SP15 per la Valmalenco. Arrivati a Lanzada (15 Km) proseguire lungo la strada che attraversa l’intero paese e le varie frazioni in direzione Campo Franscia (5 Km). Da qui spesso la strada è innevata per tutto il periodo invernale. Proseguendo per altri 5 km si giunge a Campo Moro nei pressi della diga. La si costeggia sulla sua sponda meridionale e dopo una galleria si è alla spianata dove ha termine la strada per i mezzi non autorizzati.  
Itinerario sintetico: termine transito consentito sulla strada per la diga di Alpe Gera (m 2000) - coronamento diga alpe Gera - rifugio Bignami (m 2401) - alpe Fellaria - ghiacciaio di Fellaria Orientale - cima Fontana (m 3070) - alpe Gembré (m 2213) - termine transito consentito sulla strada per la diga di Alpe Gera (m 2000). 
Difficoltà/dislivello in salita: 3 su 6 / 1200 m
Tempo previsto:  6-8 ore.
Attrezzatura richiesta: da scialpinismo, kit antivalanga, rampanti, ramponi e piccozza. Un pezzo di corda per l'attraversamento del ghiacciaio (possibili crepacci).
Dettagli: BSA, pendii fino a 35°, sviluppo piuttosto lungo.

Base tratta da www.swisstopo.ch

Alba. La diga dell'alpe Gera, piz Varuna e cima Fontana visti dalle rive del lago di Campo Moro.


Salendo alla Bignami: neve poca e dura come marmo.

Traversando dalla Bignami verso il vallone dove un tempo confluivano ghiacciai di Fellaria Occidentale e Orientale. Sulla dx è la cima Fontana.

Uno dei laghetti postglaciali di Fellaria Sullo sfondo il piz Varuna.

Freddo, ma non troppo!

Attraversando il lago margino-glaciale di Fellaria in cui si tuffa la lingua del morente ghiacciaio.

Panorama del lago margino- glaciale di Fellaria. Sulla sx la cima dei Sassi Rossi, mentre a dx il piz Varuna.

L'impressionante seraccata sospesa del ghiacciaio di Fellaria Orientale. Da qui cadono i blocchi di ghiaccio che alimentano la lingua della vedretta.

Verso la cima Fontana.

Gli ultimi metri di cresta.

Panorama dalla vetta.

Scendendo il val Confinale verso l'alpe Gembré.

Lungo il sentiero sulla sponda meridionale del lago dell'alpe Gera.

Tramonto. La diga dell'alpe Gera, piz Varuna e cima Fontana visti dalle rive del lago di Campo Moro.

venerdì 7 ottobre 2016

3 giorni sul sentiero Roma - III giorno

L'alba tersa ci invita a uscire dal bivacco. Le nebbie si sono sciolte, ma tutte le pietraie sono coperte di verglass. 


Salendo alla bocchetta Roma.
Ci aspettano la bocchetta Roma e il passo di Corna Rossa, dopo di che, persi 600 metri di quota abbandoneremo la monotonia delle pietraie per tuffarci nei boschi e nelle pietraie della Valmalenco.


Base cartografica tratta da www.swisstopo.ch.

7 ottobre 2016
Alle 8 siamo in piedi ancora infastiditi dall'odore di vomito che c'è nel bivacco. Veloce colazione e ci separiamo dal Roby Ganassa che rientrerà su San Martino.
Sceso (S) il cordolo morenico su cui sorge il bivacco Kima, presso un laghetto, ne orliamo la fronte (sx, E). Quindi tra grandi blocchi riguadagniamo qualche metro di quota. Si scivola da maledetti e dobbiamo stare molto attenti a non farci male. Seguendo i numerosissimi bolli traversiamo verso SE puntando al nevaietto che sta alla base della parete che porta alla bocchetta Roma. Lo raggiungiamo (1 ora dal bivacco) e calziamo subito i ramponcini perché la neve è dura come marmo. Trovarsi qui sprovvisti di attrezzatura potrebbe rivelarsi molto pericoloso.
Al dritto saliamo verso la barra di rocce e afferriamo le catene. Neve dura e ghiaccio foderano il granito, ma sono di una consistenza tale da fare aderire perfettamente i ramponcini. In men che non si dica, sospinti anche dalla bisa, siamo alla bocchetta Roma (m 2898, ore 1:30 dal bivacco Kima), dove veniamo accolti dal sole. Ci rifugiamo pochi metri sotto cresta, al riparo dal vento che ci ha gelato le mani lungo tutta la salita.
Il Digrazia è spruzzato di neve fresca, mentre la valle di Peredarossa ne è priva. A S tra le pietraie seguiamo per un po' i bolli, poi ce ne separiamo per effettuare una breve variante e approdare sulle rive di un modesto laghetto in cui si specchia il Disgrazia. In breve rieccoci sul sentiero e al rifugio Ponti (m 2559, ore 0:50).
Attraversiamo la valle di Predarossa (E) scavalcando la morena occidentale del ghiacciaio. Quand'ero bambino per andare dalla Ponti alla Desio si doveva passare sulla lingua del ghiacciaio, che ora benché fuggito parecchie centinaia di metri più in alto, pare condannato a un rapido disfacimento. Il grigio granito lascia il posto al serpentino mentre guadagniamo quota sulle instabili pietraie dell'orografica sx. Tra blocchi rossastri e rottami più minuti ed instabili, zigzaghiamo fino a sbucare al passo di Corna Rossa (m 2836, ore 1:15). Alle nostre spalle torna a far capolino il pizzo Torrone Orientale, tra i più belli della val Masino con la sua slanciata forma piramidale.
La Desio si trova pochi metri a NE del valico e versa in condizioni precarie. Qualcuno ha forzato la porta che è aperta. Ne approfitto per fare un giro dentro il rudere. Spartano era da funzionate, spartano affronta il declino. Le crepe sul muro posteriore sono varie ed evidenti, specialmente dove lacerano l'intonaco bianco. La metratura è scarsa, pur sviluppandosi in due piani. Vien da chiedersi come facessero gestore, personale, provviste e fruitori a riuscire ad alloggiarvi, ma quando qui c'era vita anche a me pareva fosse tutto più grande.
Nelle ultime stagioni della sua gestione, alla Desio ci lavorava anche una mia compagna delle scuole medie, Maria Forni. Fu proprio una gita alla Desio con mio padre l'ultima volta che la vidi. Alle medie era la più brava in italiano, con una sensibilità superiore a tutti noi altri. Ad un recente ritrovo dei coscritti ho saputo che Maria se n'è andata nei primi anni 2000, vittima di quella sua stessa ipersensibilità.
Salgo le scale pericolanti e arrivo al piano superiore. Ci sono gli assiti dei letti. I vetri serramenti sono mezzi rotti e le ante vengono percosse e sbattute dal vento.
Torno all'aperto con Gioia e mentre ci gustiamo il pranzo veniamo raggiunti da una coppia di lettori de le LMD che stanno facendo il giro dei Corni Bruciati. Ci presentiamo, lui è Marco Bonati, il primo nel 2016 a compiere tutti i "Percorsi di corsa".
Scendiamo in centro alla valle tra grossi blocchi di serpentino. Il cielo è nuvoloso e l'atmosfera tetra. Con un arco da dx a sx raggiungiamo la strozzatura a m 2569 e ci portiamo in sx orografica della valle Airale. A m 2200 vi è un primo ripiano dove la vegetazione prende il posto delle pietraie, che vengono definitivamente soppiantati da alberi e prati al successivo ripiano (m 2100) , al termine del quale, in posizione leggermente rialzata e sulla dx idrografica fa capolino il rifugio Bosio (m 2097, ore 2). L'ambiente è a dir poco incantevole. Il torrente scorre placido nella piana, mentre all'orizzonte si profilano le cime della val di Togno.
Dalla vicina alpe Airale ha inizio la carrozzabile sterrata per l'alpe Lago (m 1614, ore 1:30), quindi tagliando per il sentiero tocchiamo località Dosselli e di lì, per altro sentiero, siamo in centro a Chiesa in Valmalenco (m 1000, ore 1:30) dove, proprio davanti al negozio di articoli sportivi Maiuk vi è la fermata dell'autobus che ci riporterà comodamente a Sondrio.



L'alba al bivacco Kima.
Coi ramponcini su per il nevaio ai piedi della bocchetta Roma.

Sulle roccette attrezzate per la bocchetta.

Alla bocchetta Roma, tra val Cameraccio e valle di Preda Rossa. Al centri il Disgrazia.

Scendendo alla Ponti.

Il laghetto sopra la Ponti.
Il rifugio Ponti.

Verso la sella del passo di Corna Rossa.

Attraversando la valle di Predarossa. Sullo sfondo le Alpi Orobie.
Salendo verso il passo di Corna Rossa.


Il pericolante rifugio Desio, abbandonato dal 2001 in seguito al palesarsi dei primi cedimenti strutturali nel muro posteriore.

Il piano superiore del rifugio Desio. A mio avviso sarà sufficiente un anno particolarmente nevoso affinché la struttura crolli. Dato l'avanzato deterioramento, per ristrutturarla andrebbe abbattuta e ricostruita.

Scendendo nella valle Airale, Sulla dx la cima di Postalesio.

In valle Airale osservando la netta cesura tra i verdi micascisti e le rocce serpentinose con evidenti tracce di minerale ferroso.

Il greto del torrente torreggio nei pressi del rifugio Bosio.

Il ponte sul torreggio presso la Bosio.

Il rifugio Bosio.

Lungo la strada Airale- alpe Lago.

L'alpe Lago.

Chiesa in Valmalenco.