La valle fa da cesura tra i graniti dell'Adamello a O e la chiara dolomia delle Dolomiti di Brenta a E.
Il caldo è davvero esagerato così limitiamo le nostre ambizioni al facilissimo monte Serodoli (MS, 2.5 su 6 in scala Beno), una cima a O di Madonna di Campiglio che non presenta alcuna difficoltà date le pendenze modeste. L'ampio panorama che si ha dalla vetta è purtroppo coperto da nubi e nebbie e solo nelle ore successive, con una passeggiata alla malga Ritorto e a Diaga riusciremo ad ammirare il quadro delle Dolomiti del Brenta, dominate dalla cima Tosa e dal Crozzon di Brenta.
Il tracciato di salita dal piano presso Zangola. |
ITINERARIO DI SALITA
Appena a monte di Madonna di Campiglio, prendiamo la strada sulla sx che s'alza svelta fino ai residence in località Zangola (m 1635). Constatiamo come il Trentino in quanto a speculazione edilizia si avvicini molto più alla nostra Valtellina che al vicino Alto Adige, dove il paesaggio ha mantenuto maggior decoro.
Ci spingiamo fino in fondo alla piana su neve dura, per poi percorrere il sentiero che, come la teleferica, si dirige al ripiano superiore, dove vi sono il lago Nambino e l'omonimo rifugio.
Questo itinerario dev'essere frequentato da gente molto poco performante visto che dopo un quarto d'ora di salita troviamo un cartello-motivatore che ci rincuora d'aver percorso già metà del tragitto per l'inespugnabile rifugio.
Presso il rifugio, pieghiamo a sx su tracce meno incise di quel che m'aspettavo per una meta tanto semplice. Qualche risvolta a al bivio presso un casel dell'acqua, passiamo in dx idrografica. Presto siamo fuori dal bosco e con un ampio arco ai piedi della cima Ritorto ci portiamo al lago Lambin. Il tracciato che abbiamo scelto non è probabilmente quello più al riparo dalle valanghe, in quanto taglia ripidi pendii che il sole sta rapidamente inflaccidendo. Sotto gli sci un pesante zoccolo rallenta il nostro cammino come la palla di piombo ai piedi del carcerato.
Il lago si trova incassato in un vallone sbarrato da un dosso roccioso. Volendo prendere la lunga dorsale orientale del monte Serodoli (di cui si vede bene la croce di vetta), dobbiamo scendere al lago, attraversarlo e rimontare una breve scarpata.
Attorno a noi ampi spazi. Non c'è anima viva.
Inanelliamo inversioni fino ai ripidi 50 metri finali (35°, che si vincolo per la pala NE). Il pendio è di neve dura, perciò per non perder tempo a mettere i rampanti, leviamo gli sci e raggiungiamo la vetta del monte Serodoli (m 2708, ore 3:30) a piedi.
Accanto alla croce facciamo uno spuntino e ci rendiamo conto che dovevamo controllare l'attrezzatura prima di partire.
Avendo avuto gli sci a far fondo e lame, l'ultima volta ho usato quelli di Gioia regolandoli sui miei scarponi arancioni. Gioia perciò non potrà usarli oggi in discesa perché la talloniera non arriva ad agganciare i suoi scarponi. Tuttavia i miei sci sono regolati su uno scarpone che calza molto stretto, lungo pressapoco come il suo. Quindi li lascio a lei e io scendo in telemark coi suoi, pur non essendo minimamente capace di fare telemark.
La traiettoria di discesa dev'essere quanto più ripida possibile affinchè io possa tenere il peso all'indietro e non impuntarmi. Una volta sotto la vetta, puntiamo dritti a S al passo Serodoli, incalzati dal sole e dalle valanghe di neve bagnata. Con un traverso a S del lago ci ricongiungiamo alla traccia di salita che seguiamo, io con un mal di gambe pazzesco, più o meno fedelmente fino alla macchina.
Nel piano presso Zangola c'è un bell'affollamento di gitanti adiabatici diretti al rifugio. Sono infagottati nei loro piumini neri e non hanno un solo capo d'abbigliamento che costa meno di uno stato africano, mentre io a dorso nudo e oliato dal mio sudore luccico come un body builder (categoria senza muscoli però!): ci sono 18 gradi e un sole cocente.
Accanto a noi un tutina monturato in nero si appresta a partire con le pelli. Come non lo invidiamo ora che vorremmo solo ombra e una birra fresca.
Al cospetto del Pancugol. Sullo sfondo le dolomiti di Brenta. |
In vetta al monte Serodoli. |
Ale e Gioia alla malga Ritorto. |
Crozzon di Brenta e Cima Tosa. |
Cima Brenta e Sfulmini. |
L'impressionante profilo degli Sfulmini. |
Il curioso fiore del Farfaccio maggiore. |
Pumonaria officinalis. I fiori una volta fecondati diventano rosa. Il nome pulmonaria è inappropriatamente legato a presunte proprietà curative delle malattie del petto. |
Fioritura di tossilaggine. Questa pianta deve il suo nome alle proprietà curative di tosse e raffreddore. |
Foto di gruppo nei prati di Diaga. |
Tossilaggine. |
Le cascate Nardis nell'affollata val Genova, dove la natura selvaggia è infastidita dal massiccio via vai di auto e moto. |
Ponte in val Genova. |
La chiesa affrescata di San Carlo allo sbocco della val Genova. |
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