sabato 31 ottobre 2020

Cima d'Aquila (m 3127)

La cima d'Aquila e i nostri tracciati di salita e di discesa visti dall'alpe Scaradra di sotto.


Parrebbe che lunedì sia caduta un sacco di neve in alto: 50-60 cm a m 2400 sulle Retiche e sulle Lepontine, 70 cm sulle Orobie. Sulle Orobie ne è rimasta tanta di certo, la si vede. Il Roby Ganassa è stato a sciare in val Gerola. 
Sulle Retiche e sulle Lepontine però ho il presentimento che il sole di questa settimana l'abbia già giustiziata, per cui decido di lasciare sci e ciaspole a casa per non rigarli e partire con Gioia alla scoperta della val Camadra (comune di Blenio - Ticino).  
Ma di questa decisione ce ne pentiremo sempre più durante l'ascesa alla panoramicissima cima d'Aquila, vetta a m 3127 che ha ricevuto ufficialmente nome solo nel 2017, come riportato nel libro di vetta custodito sul montante della luccicante croce d'acciaio che ne addobba la sommità.

Base ©swisstopo.ch

Dall'autostrada Svizzera che sale verso il Gottardo da Lugano/Bellinzona, ci stacchiamo a Biasca, quindi risaliamo la lunga valle di Blenio e, poco dopo Olivone, prendiamo a dx la rotabile che, infilandosi in una galleria, accede alla sospesa val Camadra. Alle case di Aquilesco iniziano tra i prati i tornanti per il lago di Luzzone (m 1606), bacino artificiale generato da un'alta diga ad arco. Ne percorriamo in auto l'aereo coronamento per infilarci in uno stretto tunnel che ci deposita sulla sua sponda meridionale. Uno sterrato costeggia il lago tra larici e abeti. Lasciamo la macchina nel piccolo spiazzo in corrispondenza di un enorme larice. Qui cominciamo a camminare sul sentiero per la val Scaradra. Dei cartelli danno indicazioni per l'alpe omonima e per il passo Soredra, nostro iniziale obbiettivo: vorremmo infatti da quel valico ammirare lo Zervreillahorn, un modesto m 2897 che pare aver rubato le forme al Cervino e che per esser avvicinato con breve escursione richiederebbe un viaggio in auto esageratamente lungo.
Inizialmente molto ripida, la pendenza cala quando superiamo la soglia sospesa della val Scaradra. Ai m 1800 dell'alpe Scaradra di Sotto già inizia la neve. Siamo in pieno nord, ma non me l'aspettavo. Il secondo gradone della valle lo guadagniamo per una ripida rampa che schiva i salti rocciosi. 35 cm di neve fresca.
Una buon'anima ha battuto la traccia per noi. Il sole ci bacia ai m 2180 dell'alpe Scaradra, disseminata di grandi massi. Il rifugio si trova poco a N su un balcone naturale. A S, come fortificazioni, i resti dell'antica morena del Ghiacciaio di Sorda.
Abbiamo già infilato le ghette, ma la neve è alta e ci bagna i pantaloni. Il cielo è impreziosito dai cirri velocemente trasportati e ricombinati dal vento.
Davanti a noi, presenza fissa dall'alpe Scaradra di Sotto, è una cima tozzamente conica, di cui non riesco a valutare né altezza, né distanza. 
Sul nevoso cordolo della morena del ghiacciaio seguiamo le orme fino a m 2500, poi capiamo che il battispista che ci ha risparmiato tanta fatica fin qui si deve essere arreso ai 50 cm di neve fresca e deve aver battuto ritirata.
A sx, non lontano, è il passo di Soreda. Però a dx c'è sia quella bella cima conica, che la possente barriera rocciosa del pizzo Cassinello. Così rinneghiamo le nostre intenzioni delle 8 di mattina e puntiamo più in alto.
Affondando fin sopra il ginocchio alle 12:15 siamo a pranzo del centro del ghiacciaio, accarezzati dal sole che ci fa tornare il sangue alle dita dei piedi semi congelate.
La parete del pizzo Cassinello da qui non offre punti deboli, così puntiamo a dx, dove quella cima conica, senza nome sulla mappa in nostro possesso, merita una visita anche solo per l'estetica. Poi chissà che panorama.
Attraversato il ghiacciaio, c'inerpichiamo sulla sempre più ripida, fredda e ombrosa spalla N (fino a 35°).
Qualche metro un po' gelato mina la tranquillità di Gioia, che senza ramponi preferisce legarsi con la corda per gli ultimi passi.
All'improvviso il sole in faccia e una croce d'acciaio che sberluccica addobbata con candelotti di ghiaccio ci danno il benvenuto sulla vetta.
Un tondo di rame addobbato in cui a rilievo è un aquila e la scritta 2017, spiegano il suo nome: come leggiamo nel libro di vetta, infatti, solo nel 2017 le è stato concesso un nome ufficiale, cima d'Aquila appunto, come il rapace, ma anche come il paese a m 774 in val di Blenio.
Dalla cima d'Aquila (m 3127, ore 5 - anche se noi nuotando nella neve ci abbiamo messo qualcosa di più) il panorama è sterminato: dal Monviso, al Rosa, dal Tödi al Tambò, al Bernina e al Roseg, fino alla vicina Adula, dove dai m 3400 della vetta tre sciatori stanno disegnando serpentine nella neve polverosa riempiendoci d'invidia. Ah, lo Zervreilahorn? Lo si vede anche da qui, ma essendo che cime più elevate lo circondano fa una ben più magra figura rispetto a come si presenta nelle fotografie scattate da N.
Per la discesa sfruttiamo la cresta E, meno ripida, più soleggiata e panoramica. Poi ghiacciaio e la traccia dell'andata.
Cosa insolita per noi, siamo di ritorno all'auto che non è ancora buio. Nuvole infuocate colorano il lago di Luzzone e accentuano l'arancione dei larici che il tramonto sta spogliando degli aghi per consegnarli all'inverno.

A m 1900. A sx la punta di val Scaradra e il Torrione di Nav.

Tra luce ed ombra.

A m 2100. Sullo sfondo uno spicchio del lago di Luzzone.


Sul ghiacciaio di Sorda 60 cm di neve fresca.

In vetta alla cima d'Aquila.

Panorama dalla cima d'Aquila.

La cima d'Aquila dal ghiacciaio di Sorda.

Le ultime luci in val Scaradra.

Ma quanto è grande il tronco di questo larice?

Tramonto da cartolina sul lago di Luzzone.


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