Partenza: Laret (m 1350)
Itinerario automobilistico: Chiavenna - Bondo - val Bondasca (permesso da distributore automatico - 10 €).
Itinerario sintetico: Laret - capanna Sass Furà - ghiacciaio del Cengalo (bivacco) - salita per lo sperone NO - pizzo Cengalo (m 3368) - discesa per la via normale (SO) - capanna Gianetti (m 2535) - Bagni di Masino (m 1172).
Tempo previsto: 3 ore da Laret al ghiacciaio (bivacco) + 8-12 ore per la via Gaiser-Lehman + 3 ore per la discesa in Gianetti + 2:30 per la discesa ia Bagni.
Attrezzatura richiesta: 1 corda da 60 metri, cordini, casco, moschettoni, discensore, imbraco, serie di nut (molto utili) e friend fino al 3, scarpe da roccia, alcuni chiodi e martello (altrimenti preventivare che le placche verranno salite sprotette). Scarponi, ramponi e picca indispensabili per arrivare all'attacco.
Difficoltà/dislivello: 6- su 6 / oltre 2000 metri di cui 1100 di parete.
Dettagli: TD+, vari tiri di V+ e V. Arrampicata estremamente varia. Si dice 26 lunghezze in parete, noi ne abbiamo contate circa 20, ma abbiamo fatto tiri da 60m e tratti in conserva lunga. Ci sono lunghezze difficilmente proteggibili, difficoltà continue, pochi chiodi in via (e molti fuori via!) e soste non sempre sicure. tracciato non semplice da individuare, roccia non sempre sicura, specialmente nella parte bassa. Questi fattori, uniti all'avvicinamento problematico a causa dei larghi crepacci la rendono ben più impegnativa di vie come la Cassin al Badile, che pur presenta passi su roccia di grado superiore.
Discesa: dalla via normale fino in Gianetti (alpinistica f+ - varie placconate). Infine sentiero fino ai Bagni.
Mappe:
- Kompass n. 92 - Val Chiavenna - Val Bregaglia, 1:50000
- Valmasino. Carta Escursionistica, 1:30000
- CNS. foglio 1276 - Val Bregaglia, 1:25000
- Kompass n. 92 - Val Chiavenna - Val Bregaglia, 1:50000
- Valmasino. Carta Escursionistica, 1:30000
- CNS. foglio 1276 - Val Bregaglia, 1:25000
Guide: Mario Sertori e Guido Lisignoli, Solo granito, ed. Versante Sud, Milano 2007- 2009 (è in preparazione la nuova edizione aggiornata). La relazione deve essere solo uno spunto per la salita, essendo impossibile dare una descrizione esaustiva del tracciato tiro per tiro.
Saliamo sabato pomeriggio
in Bregaglia, con l'intenzione di raggiungere entro sera un punto di
bivacco nei pressi del ghiacciaio ai piedi della parete. L'atmosfera
è rallegrata dagli amici che ci accompagnano. Superiamo il rifugio
Sasc Furà e proseguiamo verso le titaniche pareti di granito sfiorate
dai raggi del sole del tardo pomeriggio. Alla bocchetta ci salutiamo,
gli amici torneranno a casa, mentre noi seguiremo "Il Viale"
ancora per qualche centinaio di metri, avvicinandoci alla meta. La
parete è di fronte, imponente, con le sue fasce nere nella parte
inferiore e la sua guglia dorata. La sua verticalità intimorisce,
cerco di convincermi che sia solo una questione di prospettiva.
Strette fessure si incuneano tra le grandi placche che avvolgono lo
spigolo. Gli amici hanno fatto a gara a farsi immortalare con la
parete. Loro non la devono affrontare, per loro il Cengalo resterà
semplicemente lo sfondo di una fotografia, nulla di più.
Restiamo soli e scegliamo
un comodo posto di bivacco nei pressi di un grosso masso, non
distante del torrente che si origina dal ghiacciaio. Ma soli non si è
mai tra le braccia di queste pareti di cui non si può ignorare la
presenza. Osservo lo spigolo e la spruzzata di neve che ne ha
ricoperto la parte sommitale. Le difficoltà in quel punto sono
finite, se mai ci arriveremo, ma il pensiero di incontrare neve in
via mi preoccupa dato che ho portato con me solo un paio di scarpe da
tennis oltre a quelle d'arrampicata. Per giunta il ghiacciaio da
attraversare per raggiungere l'attacco è molto crepacciato e non so
come me la caverò con i ramponi applicati alle Nike, in negozio
sembrava funzionassero ... Beno mi chiede dove ho gli scarponi e
quando gli illustro il mio pensiero mi guarda come a chiedersi se ha
di fronte un genio o un idiota. Si limita a un " se ti fidi ..."
Ogni problema a suo tempo, gonfiamo i materassini, stendiamo i sacchi per la notte e consumiamo la cena nella fresca aria della sera.
Ogni problema a suo tempo, gonfiamo i materassini, stendiamo i sacchi per la notte e consumiamo la cena nella fresca aria della sera.
L'accogliente bivacco ai piedi del ghiacciaio. Decidiamo di non aver ripari sopra la testa che ci nascondano la magia del cielo stellato. |
La sveglia suona alle 5,
cerco di rubare qualche minuto di sonno limando sui tempi della
colazione. Legati ci incamminiamo alla luce delle frontali alla
ricerca di un passaggio per raggiungere la base della parete. La
scelta di stare alti sembra infrangersi nel dedalo di crepacci che si
apre attorno noi. Beno si avvicina al bordo, poi si volta per
chiedere consiglio:
"Non si passa,
bisogna saltare"
Chiedo una stima del volo
da affrontare, 3 metri, poi alzo le spalle ... saltiamo! La
situazione mi ricorda il salto della breccia sulla nord del Coca,
questa volta a ruoli invertiti e senza fotografo a immortalare la
scena. Lascio qualche metro di corda al compagno e faccio sicura
piantando picca e ramponi come unghie nella neve. Passato il
crepaccio indietro non si torna, dato che saltare in salita un simile
ostacolo sarebbe da primato olimpico. Rimane da superare il
pericoloso labbro a sbalzo del ghiacciaio per mettere le mani sulla
parete di roccia. Scavalcato un cumulo di blocchi, segno di un crollo
recente, troviamo il passaggio per mezzo di un colatoio verticale,
che ci consente di approdare su una cengia e metterci in assetto da
roccia per iniziare la via.
L'approccio è abbastanza
traumatico per la roccia umida e non sempre pulita, le mani e i piedi
a perdere di sensibilità per il freddo, l'incertezza sulla via da
seguire. Lo sporadico imbatterci in un chiodo non dà conforto in
quanto potrebbe essere testimonianza di uno dei tanti tentativi
finiti fuori via. Le prime lunghezze ci portano a superare il freddo
zoccolo basale piegando leggermente sulla destra. Un intermezzo più
facile ci consente di riprendere la linea di spigolo e di sbloccare
la lenta progressione. Le cordate impegnate sullo spigolo del Badile
sono già più alte di noi e si godono il calore del sole.
Consultiamo le relazioni
che abbiamo stampato, ma sono poco coerenti tra loro e di scarsa
utilità. Le mettiamo via per non perder troppo tempo. Ci affidiamo all'intuito del mio compagno che adottando la
strategia di mettersi nei panni di un pioniere degli anni '30. Finora
non ha sbagliato. Lascio volentieri a lui il compito di andare da
primo, sono al tempo stesso ammirato e annichilito dalla situazione
in cui sono immerso. Affrontiamo una serie di diedri ad elevata
verticalità, un susseguirsi di fessure e lame sporgenti
dall'interpretazione non immediata. Perlomeno si riesce a proteggere.
Ora la parete acquista
compattezza. Lo spigolo arrotondato è un'unica placca con poche
fessure a spezzarne la continuità. L'arrampicata è di aderenza,
diminuiscono gli appigli e aumentano i metri che separano il mio
compagno dall'ultima protezione. Sale concentrato, non condizionato
all'apparenza dalla situazione di potenziale pericolo a cui si
espone. Lo osservo dal basso nelle lunghe attese in sosta e capisco
solo quando è il mio turno perchè la progressione è stata
difficoltosa sui passaggi delicati. Lo raggiungo in soste attrezzate
su chiodi d'epoca che ballano come i denti di una vecchia strega e non sempre è possibile rinforzare.
Il sole sembra spostarsi
nel cielo più in fretta di quanto noi saliamo in parete. Chissà come
sarebbe se un temporale o una nevicata ci costringessero ad un
bivacco! Beno riparte, gli dò una voce quando la corda passa la
metà, poi sparisce dalla mia vista. I due chiodi piantati dai
signori Gaiser e Lehmann non credo reggerebbero la sua caduta dato
che non ha ancora messo alcuna protezione. La corda è finita e lui
mi grida di salire, immagino non sia ancora arrivato in sosta e sia
necessario fare un tratto in conserva. Smonto la sosta e parto,
avendo cura di mantenere la corda in tensione. Quando lo raggiungo
resto perplesso nel vedere che ha attrezzato una sosta su 2 friend e
ha fatto tutto il tiro senza mettere niente! Quanto sottile è oggi
la differenza tra la vita e la morte, quanto sento labile e
insignificante la mia esistenza! Non posso fare a meno di pensarci
quando resto solo. Davvero è questo che sto cercando?
Dalla sosta un traverso
su cengia verso destra, poi di nuovo un tratto in placca, un ultimo
tiro e Beno arriva in cresta, da dove felice mi urla che è finita!
Lo raggiungo veloce e ci guardiamo in faccia sorridenti, contenti di
essere finalmente fuori dal tratto tecnico. Togliamo le scarpette,
mettiamo la corda nello zaino e saliamo l'ultimo tratto di roccette
innevate che in breve ci ricongiungono alla via normale di salita.
Qui lasciamo gli zaini e di corsa in vetta, a firmare il libro e a
stringerci la mano! Sono le 18, dalla Gianetti forse ci staranno
osservando dato che Gioia saliva ad aspettarci.
Il rientro è una lunga
discesa ma ci sembra una passeggiata nella luce del tramonto.
Arriviamo al rifugio accolti dagli abbracci degli amici e insieme
rientriamo ai Bagni del Masino che è quasi mezzanotte. Anche se
stanco, ripenso a quanto piena sia stata questa giornata, quanto
preziosa la vita che ho tra le mani, quanto insignificante una vita
senza affrontare le proprie paure. Che la sete fa apprezzare l'acqua,
il buio fa apprezzare la luce, la solitudine fa apprezzare l'amore.
Dettaglio del tracciato - parte alta |
Saltiamo un crepaccio di 3 metri e scavalchiamo alcuni blocchi di recente distacco per riuscire ad agganciare la parete |
Un ultimo colatoio e si può partire |
Le prime lunghezze (IV/IV+) sono su roccia marcia e portano al secondo settore, costituito da una cresta facile (III). |
Beno dà il meglio di sé nonostante il freddo a mani e piedi. Siamo nel terzo settore, quello dei bellissimi diedri (V/V+). |
Lame e fessure si proteggono bene. |
Usciamo sull'immane placconata superiore. Con il sole è un' altra cosa. |
La via è logica e ricerca i punti deboli della parete. |
Iniziano le placche avare di appigli, arrampicata meno fisica ma più esposta |
Solidi punti di ancoraggio in sosta ?! |
Per fortuna i previsti temporali pomeridiani latitano . |
Verso l'uscita, questo è l'ultimo tiro di corda, poi si può salire slegati su facili blocchi sporchi di neve (II+). |
Beno ha sempre molta fantasia nell'attrezzare le soste con cui mi recupera |
L'ultimo tratto di facili roccette per ricongiungersi alla normale di salita |
Ha già messo qualche centimetro di neve nuova |
In vetta, stremato! |
Sintesi perfetta. [ndr. di Beno - mi scuso con Gaiser e Lehmann per come diamine ho scritto i loro nomi, ma dopo tutta la parete ero un po' fuso...] |
Che bella zona, e che belle foto! Grande Pietro (e soci ovviamente), non sapevo dell'esistenza di questo bel blog!
RispondiEliminagrandi!
RispondiEliminadavvero complimenti
RispondiEliminaDavvero bravissimi. I miei complimenti. GRANDI !!!
RispondiEliminaImmensi! Davvero una grande salita dal sapore antico. Ho letto da qualche parte che "tutte le soste sono attrezzate" ma a me sembra esattamente l'opposto, che dite?
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