domenica 7 luglio 2019

Punta d'Arbola (m 3236) con giro dei laghi

Finalmente, anche se per caso, andiamo alla scoperta della val Formazza, molto frequentata da escursionisti e camperisti, puntando a visitarne una delle cime più rappresentative: la punta d'Arbola.
Il per caso dipende dal fatto che avremmo dovuto salire un 4000 nel Vallese, ma ieri abbiamo finito l'escursione tardi, così da Locarno, dov'eravamo in ammollo nel torrente Maggia, abbiamo optato per la più vicina val Formazza, anziché buttarci in Svizzera dal passo del Sempione. Il per caso implica inoltre che ci stiamo avventurando su una montagna senza uno straccio di mappa e basandoci esclusivamente su quel che mi ricordo dei posti in cui ero stato un mese fa sotto la pioggia, senza giungere da nessuna parte ed avendo brevi ed incompleti scorci del panorama ancora innevato.
Tornando alla vetta di giornata, la punta d'Arbola è quel cono di gneiss ammantato di colate glaciali che si trova al termine della valle del Sabbione, proprio sopra grande diga omonima che, dallo scioglimento dell'omonimo ghiacciaio, trae parte delle sue acque. La punta d'Arbola è una vetta abbastanza remota e faticosa da fare in giornata, pur avendo difficoltà modeste (pendio glaciale fino a 35° e talvolta qualche crepaccio goloso). Ma non paghi di ciò gli abbineremo un percorso ad anello con partenza da Riale e che avvicina 5 splendidi laghi, di 4 dei quali scopriremo il nome solo una volta a tornati a casa!


Il lago del Sabbione (ancora mezzo gelato a luglio e dopo settimane di caldo infernale!) e, in lontananza e coperta dalle nubi, la punta d'Arbola. 
Partenza: Riale (m 1731). 

Itinerario automobilistico: poco a N di Domodossola, a cui si giunge o con la SS33 del Sempione o con la SS337 della val Vigezzo, si imbocca verso N la SS 659 della val Formazza e della valle Antigorio. Dopo 38 km dalla galleria di Pontemaglio si giunge a Riale dove vi sono varie possibilità di parcheggio a pagamento (4 € al giorno in alta stagione). 

Itinerario sintetico: Riale (m 1731) - lago di Morasco (m 1815) - rifugio Somma Lombardo (m 2568 - posto sopra il lago Sabbione) - laghetto sotto il pizzo Costone (m 2617) - ghiacciaio del Sabbione - punta d'Arbola (m 3236) - passo del Vannino (m 2717) - lago Srùer (m 2330) - passo di Nefelgiù (m 2583) - alpe Nefelgiù (m 2048) - Morasco (m 1743) - Riale (m 1731) .

Tempo per l'intero giro: 11/12 ore.

Attrezzatura richiesta: scarponi, ramponi, piccozza, corda (uno spezzone per il ghiacciaio) e imbraco.

Difficoltà:  3.5 su 6.

Dislivello in salita: 2000 metri circa.

Dettagli: alpinistica F. Notevole è lo sviluppo. La parte alpinistica si limita al ghiacciaio del Sabbione che tra i m 3050 e 3150 tocca i 35°. Crepacci ne abbiamo visti pochi e non ci han dato problemi. 

© swisstopo.ch

Dove eravamo rimasti? A Locarno Beach, dove ci trovavamo immersi nel Maggia a guardare il sole scendere dietro l'orizzonte.
Sono le 8 di sera, abbiamo una fame tremenda e raggiungere in auto la Saastal per salire domani con partenza alle 4 il Lagginhorn è a questo punto una follia. Per cui serve una meta di ripiego e valutiamo che questa possa essere la val Formazza con la punta d'Arbola, che a detta ad esempio di Renato Armelloni (Alpi Lepontine. Sempione - Formazza - Vigezzo, CAI-TCI, Milano 1986) ne è la vetta più rappresentativa. Forse tale giudizio deriva dall'estetica della montagna, essendo per quota invece superata dal Blinnenhorn.
L'unico problema è che non abbiamo né una carta, né idea di dove salire dato che la val Formazza l'ho vista solo di sfuggita in una giornata di pioggia un mese fa. Pazienza. Dal ricordo di ciò che mi ha detto Giacomo, non è difficile, si fa con gli sci, è lunga e lui l'ha fatta dal lago Sabbione.
Dopo un risotto per strada, e aver percorso un biscione asfaltato che par non più finire, eccoci a uno spiazzo poco prima di Riale, dove altri amanti del dormire in auto si sono parcheggiati. Chi nell'abitacolo, chi nella maggiolina sul tetto, si stanno tutti mettendo la cuffietta da notte e preparando a dormire. Così facciamo pure noi. Essendo lo spiazzo a ridosso della strada, trafficatissima anche ora che è quesi mezzanotte, copriamo col telo la macchina così da assicurarci il buio. Prima di ciò però facciamo a tempo a veder sfilare un fuoristrada con 4 giovani seduti sulla portiera e con il petto fuori dal finestrino che illuminano le scarpate con delle torce e urlano: «Guarda è un maschio! Scappa per di là...». E altre cose del genere che mi fan capire stiano inseguendo qualche ungulato. Spero non si tratti dell'orso che i quotidiani locali, sfogliati in trattoria, millantavano essersi palesato anche qui in Formazza. Non dico niente a Gioia, che se no so non chiuderà occhio, e in men che non si dica ci addormentiamo.
Sento piovere, ma pare ancora buio e mi giro dall'altra parte... Sono le 7:30 che mi salta in mente che abbiamo messo il telo e che quindi è buio solo dentro l'abitacolo! Ci svegliamo di fretta, colazione volante e poi facciamo 500 metri per piazzare la macchina alle porte di Riale in un parcheggio a pagamento. Che cazzata: potevamo partire a piedi da dove eravamo a dormire!


Ci incamminiamo. Riale (m 1731) dalle casette raccolte coi tetti a capanna in beola. Riale, l'abitato più a N del Piemonte. Riale, l'antico insediamento Walzer, popolazione d'origine tedesca proveniente dal Vallese e qui giunti attraverso il passo del Gries. Riale, che vive di turismo e dove d'inverno c'è un rinomato anello per lo sci di fondo lungo 12 km. Riale in fondo alla cui piana c'è una piantagione di camper.
Eh sì, quanti sono? Chi li ha seminati in questo luogo paradisiaco?
Sbigottiti per l'inaspettata visione di scatolotti bianchi eterogeneamente sagomati, assiepati dentro una grande recinzione di legno. Tanti bipedi che vanno a "pisciare il quadrupede". Le tante antenne paraboliche che fioriscono dai camper alimentano una domanda: che diamine vieni fin quassù per guardare la televisione e non fissarti a scrutare le montagne e assaporare il silenzio?
In effetti davanti a noi la Punta di Morasco, il Corno di Ban e la punta della Sabbia s'alzano sopra il il lago di Morasco e incantano per maestosità e composizione cromatica. 
C'è un sacco di gente in giro in fondo alla piana. Aumentiamo il passo.
C'è tanta gente in giro sui tornanti asfaltati che salgono al lago. Aumentiamo il passo.
Ci sono un po' di escursionisti sulla pista sterrata che orla da N il lago di Morasco. Anche alcuni tracciatori della gara di corsa che si svolgerà sabato prossimo. Continuiamo svelti.
C'è un pungo di persone che imbocca il ripido sentierino che s'alza in sx orografica della valle del rio Sabbione, dove la neve scende ancora fino a m 1800! Qualche escursionista procede nella nostra direzione, o contromano, traversando costa a S della piana oltre il crocevia posto presso il baitello a m 2211.
In vista dell'argine del lago del Sabbione contiamo molte persone sul coronamento e nei sentieri prospicienti e 2 persone in abito sportivo sopra di noi.
Il lago Sabbione oggi sembra il mare del Nord al disgelo, con blocchi di ghiaccio che galleggiano e colori accesi. In lontananza, tanto in lontananza secondo Gioia, ammantata di nuvole è la punta d'Arbola.
Fuori dal rifugio Somma Lombardo (m 2568, ore 3) non c'è anima viva. Il vento ha fatto rintanare dentro tutti i gitanti.
Insistiamo sulla traccia a monte del rifugio, verso SE. Vogliamo superare il lago appoggiandoci alle scarpate di sx, anche se parrebbe che il sentiero battuto corra dall'altra sponda, dove si trovano anche i rifugi Carlo e Bruno e 3A. Ma da quel lato c'è veramente un fiume di escursionisti.
Una lingua di neve da tagliare, scivolando dalla quale si rovinerebbe giù per uno scosceso canalone e quindi in acqua, interrompe anche le tracce e sancisce il limite oltre il quale non incontreremo più nessuno.
Salita la successiva valletta, pieghiamo a dx e raggiungiamo il poggio panoramico quotato m 2741, da cui studiamo meglio il percorso. Scavalchiamo quindi le propaggini della cresta occidentale del pizzo del Vallone, voltandoci di tanto in tanto ad ammirare la lancia di roccia del Corno di Ban.
Di fronte a noi, ai piedi della cresta N del pizzo del Costone, c'è il laghetto quotato m 2617, ma sprovvisto di nome. È ancora gelato. Solo il bordo è evidenziato da una traccia azzurra che disegna un cuore.
Scivoliamo per campi di neve approssimandoci alle sue rive, poi pieghiamo a dx grossomodo lungo il suo emissario, quindi obliquiamo verso sx fino a raggiungere la lingua del ghiacciaio del Sabbione a m 2500. C'è abbondante neve ovunque. Qui in val Formazza il paesaggio è dissimile dalle altre vallate alpine visitate di recente. Dev'essere caduta molta più neve, tanta da resistere al caldo torrido di fine giugno.
Saliamo il ghiacciaio verso SO attenti ai crepacci, che però non si palesano. Una breve impennata ci porta a m 2700, dove la pendenza scema. Con un arco verso dx ci portiamo ai piedi della ripida scarpata ENE della montagna, affiancando l'isola rocciosa alla sua base.
Il tempo da sereno è diventato nuvoloso e la pioggia si sta avvicinando. Anzi piove. Anzi diluvia. Per fortuna niente temporale: dei fulmini ne abbiamo già avuto abbastanza ieri.
Ramponi ai piedi c'inerpichiamo con qualche zig-zag sul ripido pendio (max 35°) standone nel mezzo e attenti ai buchi, anche se apparentemente sono ancora tutti chiusi. A m 3180 pieghiamo un po' a dx, poi una breve dorsalina ci porta sullo spartiacque con la Binntal, che seguiamo fino alla vicina vetta della punta d'Arbola (m 3236, ore 3:30), marcata da una croce in legno.
Diluvia. Solo quando si scioglie un po' la nebbia e la pioggia fa una pausa scorgiamo a turno il lago Sabbione e, dalla parte opposta, il cupo lago Devero.

L'acqua ci ha inzuppato i piumini e ora scende mista a neve.
Anche noi scendiamo prima di congelarci.
In fondo alla scarpata proseguiamo verso NE fino alla selletta del passo del Vannino (m 2717, croce) e di li scivoliamo giù per il vallone innevato che ne scende a oriente.
Dove stiamo andando? Non lo so, ma confido di fare una strada più breve di quella dell'andata.
Scivoliamo e scivoliamo svelti, col sole che è tornato e ci sbeffeggia. All'improvviso appare lo splendido lago Srùer (m 2330), le cui tinte variano dall'azzurro al turchese. Il lago è per prospettiva sovrastato dall'elegante sagoma della punta Clogstafel, evidenziata dalla bella e nevosa cresta occidentale. Il lago è bordato da un'esplosione di fiori. Abbondanti bottoni gialli di Pulsatilla aurea, cuscinetti rosa di Silene acaulis, e macchie violacee di soldanella e genziana.
Costeggiamo il lago da sx fino a prendere la traccia che taglia, mantenendosi in quota, le scarpate sopra l'alpe Vannino. Dinnanzi a noi è il grande e scuro fiordo col lago Vannino.
Riprende la pioggia.
Presso l'immissario settentrionale del lago Vannino incontriamo un sentiero bollato e marcato da frecce gialle dipinte sui sassi. Presumendo sia una bella scorciatoia, la imbocchiamo (sx) e iniziamo a salire un valloncello (NNE), prima stretto e incassato, poi più ampio. Il fondo è nevoso, ma non si affonda.
Gioia si scoraggia, non si fida di me e vuole boicottare il mio piano. Ma io sono sicuro di ciò che ho intuito. Salgo così prima solo fino alla bocchetta che si vede su in alto, poi torno indietro e la rincuoro: «Si passa e dietro si scivola in un bel canalone nevoso fin verso il lago di Morasco. Dai che ci siamo!»
Sferzati dal vento che ha fatto tornare il sole siamo così entrambi al passo di Nefelgiù (m 2583). Ci sono le bandierine della gara e, in alto a dx, le tetre guglie rocciose di corni di Nefelgiù.
Consumate le ultime riserve di acqua e di cibo, ci lasciamo scivolare nel vallone verso NE. A sx s'impongono le possenti pareti color ruggine che reggono la cresta NE della quota 2928, anticima orientale della punta del ghiacciaio di Ban. Tali inespugnabili pareti più in basso sono interrotte a metà da una ripida corona erbosa incisa dal sentiero che porta nella valle sospesa del ghiacciaio e del lago di Ban. Torneremo per percorrerlo quanto prima: esteticamente è magnifico!
A m 2300 finisce la neve e ci immettiamo sul sentiero bollato che corre tra i pascoli e che, toccata l'alpe Nefelgù (m 2048, ore 3:15), si tramuta in carrareccia e esce dall'omonimo vallone. Diluvia, ma oramai chi se ne frega. Le ascelle sono ancora asciutte; il resto è meglio lasciar perdere! Attestandosi attorno ai m 2000 la strada orla dall'alto il lago di Morasco, lo supera, quindi gira attorno ad un testone roccioso e a tornanti scende fino a Morasco. Eccoci di nuovo sull'asfalto che taglia la piana di Riale.
La piantagione di camper dev'essere stata colpita dalla peronospora e ne restan pochi. E quei pochi, per non far la ruggine come le foglie della vite, stanno scappando. Ci sfilano accanto, sotto la pioggia, mentre bagnati fradici raggiungiamo l'auto a Riale (m 1730, ore 1:15).

Riale all'alba.

Fioritura di Aquilegia alpina.

La gola terminale della valle del Sabbione.

Il baitello dove si trova il bivio: a dx si va al rifugio Città di Busto, a sx al lago del Sabbione e ai rifugi che gli gravitano attorno.

A sx il rifugio Città di Busto.

Il lago Sabbiona, ancora parzialmente gelato a luglio!

Il rifugio Somma Lombarda. Alle sue spalle il vallone nevoso che andremo a risalire.

La punta d'Arbola e la nostra linea di salita viste dal un testone panoramico quotato m 2741 a E del lago Sabbione. A sx si riconosce la punta del Sabbione.

Il laghetto a forma di cuore ai piedi del pizzo del Costone.

Salendo il ghiacciaio del Sabbione. Arriva la pioggia.

Specchiati nella scatola del libro di vetta della punta d'Arbola.

In vetta alla punta d'Arbola.

Il lago Srùer e la punta Clogstafel. 

Un salto sul lago Srùer.

LMD al lago Srùer.

Cuscinetto di Silene acaulis a forma di cuore.

Sulle rive del lago Srùer. In alto a sx il passo del Vannino.
Salendo al passo di Nefelgiù. Sullo sfondo il lago Vannino.
Verso il passo di Nefelgù. Sullo sfondo la punta d'Arbola e il pendio NE percorso sia in salita che in discesa.



Giù per il vallone di Nefelgiù.

Al cospetto delle barre rocciose che sospendono il vallone del ghacciaio di Ban.

Alpe Nefelgù: diluvia.

Sopra il lago di Morasco: diluvia.

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