La scusa di provare la macchina fotografica ritirata da poco mi dà il là per chiedere a Beno e Gioia di bivaccare su una qualche cima: loro accettano di buon grado.
Avendo piena fiducia in Beno, che sa' sempre calibrare le uscite in base ai componenti di una spedizione, gli lascio carta bianca sulla destinazione: lui opterà per la cima D'Arcanzo.
Ancora una volta riesce a stupirmi "tirando fuori dal cilindro" una montagna tanto sconosciuta quanto bella, forse una delle più panoramiche della val Masino, da cui si può osservare l'intero gruppo montuoso della valle, Disgrazia e Badile compresi.
La val Torrone dalla cima d'Arcanzo |
Partenza: San Martino Val Masino
Itinerario automobilistico: Dalla strada statale 38 all'altezza di Ardenno-Masino imboccare la strada che si inoltra nella Val Masino fino a raggiungere il paese di San Martino. Nella piazza del paese svoltare a destra fino a raggiungere un parcheggio non a pagamento, punto di partenza dell'escursione.
Itinerario sintetico: vedi mappa, per l'itinerario dettagliato attendere l'articolo completo sul numero autunnale del 2016 de LMD
Attrezzatura richiesta: scarponi e bastoncini, portatevi una sufficiente scorta d'acqua in quanto i punti di rifornimento sul percorso sono pochi.
Dislivello in salita: 1700 m.
Dettagli: escursione da affrontare con una gamba abbastanza allenata, il sentiero si sviluppa prima in mezzo a un bosco misto di faggi, abeti e latifoglie tipiche della fascia altitudinale che si sta attraversando. Dall'alpe di Arcanzo il bosco lascia spazio ai magri e abbastanza ripidi pascoli di visega (fieno selvatico), fino a raggiungere la cresta ove lo spazio è conteso tra erba visega e pietraie. Sulla cresta tra anticipa e cima è richiesta attenzione a non scivolare sul pendio erboso abbastanza esposto. Dalla cima d'Arcano si gode di un ottimo panorama sull'intera val Masino e sulla Valtellina, dal Legnone fino ai monti sopra l'Aprica.
L'ascesa alla cima di questa montagna non è da ritenersi banale in quanto il considerevole dislivello (1700 m da San Martino) concentrato in uno sviluppo ridotto unito alle difficoltà che si trovano nel riuscire ad orientarsi in questa montagna abbandonata , la rendono un'escursione adatta a persone con buona gamba e ottimo senso di orientamento - consigliamo di avere con se cartina e altimetro.
Poco dopo l'inizio del percorso, il sentiero si impenna e una serie interminabile di tornanti alle volte poco evidenti (presenti degli ometti) non lasciano tregua fino a un minuscolo gruppo di baite posto a 1600 mt, poi un unico breve tratto in piano ci conduce all'alpe Arcanzo e da li ancora su per circa 1000 mt alquanto ripidi!!!
Insomma... un sentiero che a ragion veduta si può definire, come va di moda di questi tempi, vertical!
Non vi anticipo niente di più sull'itinerario che troverete nel prossimo numero della rivista, vi dico solo che entrerete in contatto con quella che io definisco "vera montagna", lontana dal turismo di massa e scevra dalle comodità. Lungo il percorso si incontreranno i ruderi di molte baite che dovevano essere talmente essenziali da far pensare che"forse gli uomini di neanderthal erano messi meglio" (cit. Beno), eppure tali pastori riuscivano a cavarsela.
SIAMO QUASI ARRIVATI: Un vento repulsivo accoglie me, Beno e Gioia sull'anticima ma non ci facciamo sopraffare e cerchiamo un luogo riparato per trascorrere la notte, nei nostri sacchi a pelo, sotto una tenda di stelle.
Per combattere contro il vento costruiamo una specie di piccola trincea e lasciamo li gli zaini: non siamo ancora in cima!
Quando vedo il percorso che rimane da fare - un pendio scosceso ricoperto di visega - decido di demordere e lascio andare Beno e Gioia, che sono più allenati di me, a raggiungere la vetta a quota 2714 mt. Io mi accontento dell'anticipa, da cui ho la possibilità di osservare gli altri due compagni superare l'ultimo tratto di salita e giungere dunque sulla cima.
Il vento prima si fa più forte e poi va scemando d'intensità tanto che, al rientro degli altri, decidiamo di dormire non nel posto prestabilito ma sulla dorsale panoramica pochi metri sotto l'anticipa a circa 2550 mt, più esposta ai venti ma molto più panoramica. Facciamo in tempo a stendere i materassini e i sacchi a pelo che il vento ritorna e per poco fa volare via giaciglio di Beno, ma ormai la decisione di dormire lì è stata presa e quindi ci mummifichiamo nei nostri bozzoli. Il vento ogni tanto porta con se il rumore dei campanacci delle pecore al pascolo nei dintorni e la temperatura prossima allo zero ci costringe a consumare il rancio ognuno all'interno del sacco a pelo.
Ci scambiamo poche parole, la luna rischiara le cime circostanti: alcune sono famose e le riconosco pure io, altre è Beno che deve dargli un nome.
In lontananza si vede Morbegno e la val Gerola inaspettatamente puntinata da una miriade di luci, vedo la diga di Trona e vedo la Cà San Marco illuminata.
Non riesco a dormire dal freddo che mi congela i piedi, apro gli occhi e scopro che la luna se n'è andata, lasciando il posto a una miriade di stelle e allora trovo il coraggio di uscire dal mio bozzolo e sfoderare la macchina fotografica che Beno mi ha passato, unitamente a un bell'obiettivo f 1.8. Cerco di fare piano per non svegliare gli altri due dormiglioni, scatto ripetute foto ma poi a un certo punto il freddo mi costringe a tornare "a cuccia". Mi giro e mi rigiro, forse mi addormento.
La mattina per me e Gioia arriva presto, sono le 6.00 e siamo svegli come grilli, vorremmo partire ma il capo spedizione, più nel mondo onirico che in quello reale dice di aspettare il sole. Quando alle 7 notiamo che c'è il sole fino alla ridente e saliva Sirta (nota località agognata dai fanatici dell'abbronzatura) ma non dove siamo noi, costringiamo Beno ad alzarsi e incominciamo la discesa, non per la via di salita ma compiendo un anello che ci consente di attraversare l'alpeggio abbandonato di Arcanzolo e in seguito di ricollegarci al sentiero di salita, senza prima risparmiarci circa 40 minuti di tribolazioni in mezzo a selve di "maross (ontani neri) e di maruì (rododendri).
Transitando per San Martino e Filorera ci rendiamo conto che l'intera valle è invasa da una miriade di escursionisti visibilmente super attrezzati, eppure, dove siamo andati noi, nessuno, se non una famigliola di pernici, alcuni stambecchi e le pecore, ci hanno salutato durante il percorso.
Itinerario di salita ala cima D'Arcanzo per l'omonimo alpeggio e variante di discesa per Arcanzolo |
Salita lungo il ripido e tortuoso sentiero |
Gioia laureata con un fiore di Maggiociondolo |
Panorama dalle pendici del monte Arcanzo verso San Martino e la Valle Dei Bagni. |
Il Paese di Filorera e la media Val Masino visti dall'alpe Arcanzo |
Bene e Gioia ormai in cima |
Cima d'Arcano |
Tratti delicati di ritorno dalla cima, appena dietro l'anticipa |
Ago di Cleopatra |
Ci si prepara alla fredda notte |
Il firmamento celeste sopra la Val Masino |
Da lontano giungono le luci della civiltà - Morbgeno e val Gerola |
Breve cengia che consente la discesa all'alpe Arcanzolo |
Ci andai anch'io, solo fino ad Arcanzolo, qualche anno fa, partendo da un buon sentiero localizzato fra S.Martino e Cà di Carna (segnato l'inizio con "A" incisa su di un tronco). Mi venne bonariamente fatto notare che si trattava di riserva integrale con divieto di accesso. Tornai senza cima.
RispondiEliminaEh lo so che è zona vietata, perciò sul prossimo numero della rivista (38 Autunno 2016), dove descriveremo la gita, consiglieremo la sola salita da San Martino, che si svolge tutta fuori dalla riserva integrale e in zona di caccia e pascolo bestiame. Vi è poi la salita dalla valle di Sasso Bisolo, ma la reputo un po' troppo pericolosa per il terreno su cui si svolge, cioè ripidissimi pendii di visega.
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