giovedì 16 maggio 2019

Monte Torriggia (val Cannobina)

Dicevano che sulla sponda piemontese del lago Maggiore ci fosse una valle selvaggia, amata dai tedeschi, con forre profondissime e vertiginosi ponti che permettono di raggiungere i vari piccoli nuclei spersi. Tutti tra l'altro alquanto pittoreschi. 
Beh, ci sono stato e confermo: la valle è la val Cannobina che mutua il nome dal bel paese che si trova al suo sbocco, sul lago Maggiore.
La val Cannobina comunica tramite un valico poco elevato con la più famosa val Vigezzo, tributaria della val d'Ossola.


In fucsia la parte in bici, in rosso quella a piedi. © swisstopo.ch
La turrita cresta dei Gridoni vista da Monte Vecchio in val Cannobina.



Cosa fare domani? Non ne ho idea.
È già un buon punto di partenza.
Piemonte?
Ma sì, però con anche un po' di bici che ho un tendine in fiamme e fatico a camminare troppo.
Prenderò un traghetto da Luino, quello delle 7:50 per Cannobio e si vedrà.

Scopro quel mattino che non tutti i traghetti da Luino portano le bici, o meglio il permesso viene accordato al momento dal capitano.
Mi dicono che al ritorno servirà nuovamente il permesso.
Faccio cenno che ho capito e in cuor mio spero che stasera il capitano non abbia le palle girate e non mi lasci in Piemonte a barboneggiare, anche perchè ho 25 euro nel portafoglio e non credo di avere molto potere contrattuale con gli scafisti per rientrare con metodi alternativi.
Sono da solo sul ponte della nave col vento che mi fa un'acconciatura anni '80. La mattina è splendida, come tutte le mattine che mi prendo di riposo dal lavoro e parto senza una meta.
Sbarco a Cannobio e investo alcuni dei miei preziosi euro per comprare quattro schifezze da mangiare. In cassa, la commessa mi fa il conto in tedesco.
La guardo pensando "Ca l-a dic'?". Lei mi ripete il conto con un idioma a me sconosciuto. Io la riguardo sbigottito e aggiungo: «Ho tutta la buona volontà di pagarti, ma se mi dici l'importo in tedesco proprio non lo capisco!»
Lei sorride e mi spiega che quelli con lo zaino e la bici qui sono solo tedeschi.
Imbocco la provinciale della val Cannobina e inizio a entrarvi. Dopo pochi chilometri con una breve deviazione vado a visitare l'orrido e l'antica chiesa di Sant'Anna. Ai piedi del ponte ad arco accanto all'edificio sacro c'è una grande pozza di acqua smeraldina. Che tentazione di farci il bagno. Peccato che sono ancora col piumino perchè sebbene sia metà maggio, fa un freddo cane.
La strada sale decisa per un po', quindi torna a penetrare nella valle senza grosse pendenze. Il torrente è oltre cento metri sotto di me rinserrato in un'angusta forra. 
Sull'altra sponda della valle, e chissà come diamine ci si arriva, sono aggrappati vari nuclei di case. La vegetazione è rigogliosissima e rende ancor più selvaggio il paesaggio.
Ad un certo punto,  in località Il Ponte, sulla dx dalla provinciale si stacca la strada per Cavaglio San Donnino che attraversa la fondissima forra con un ponte altissimo, tanto impressionante che l'abuso di superlativo assoluto non è inopportuno, ma giustissimo! 
Continuo a pedalare dentro per la valle che dopo Lunecco piega a dx e si fa cupa. Quindi un ponte, poi un altro e il bivio per Spoccia (m 798), direzione che seguo. Una salita ripidissima mi porta in quel paese che pare un eremo, abbarbicato su un terrazzo solivo.
La meta possibile è ora chiara. Un Limidario fatto per i Gridoni, ovvero le possenti torri rocciose della su cresta occidentale. Tra tutto 1800 di dislivello contando i su e giù. Il mio tendine può farcela.
Lego la bici, torno indietro per la strada e prendo il sentiero per Orasso che entra in una vallecola eletta al regno delle zecche.
Ce ne sono ovunque e continuo a ucciderne e levarne dai pantaloni. Animalacci.
Mi fermo a osservare i fili d'erba e noto che su moltissimi ci sono già zecche in agguato, così proseguo saltando di masso in masso evitando ogni cespo d'erba.
Un bel ponticello e risalgo il versante opposto fino al pittoresco nucleo di Orasso (m 703): casette e intimi vicoletti che disegnano una trama simile alla ragnatela d'un ragno. A monte delle case parte una singolare mulattiera selciata che prende velocemente quota fino al maggengo di Monte Vecchio. Poche case e un rifugio. Oggi non c'è in giro anima viva.
Dietro il palco delle cime degli abeti appaiono all'improvviso come un miraggio I Gridoni. Delle torri poderose di roccia scura (saranno alte 500 metri buoni). Chissà come sarà attraversarle.
Intanto seguito a salire sul sentiero più stretto verso N per boschi fino a rimontare la cresta OSO del monte Torriggia (m 1703) a pochi minuti dalla vetta, che salgo svelto per godermi il panorama e capire dove si passa per I Gridoni.
Seduto accanto alla croce di vetta studio il percorso che dev'essere per cresta, ma poi le nebbie nascondono tutto.
M'incammino. Un'ora buona per arrivare dove iniziano quei torrioni, ma direttamente non si passa. Il sentiero li aggira da N, ma anche lì non si passa per la troppa neve flaccida, così torno indietro un po' per la cresta fino a beccare una cengia che taglia il vertiginoso fianco S di quelle pareti. La percorro per una mezz'ora, poi salgo ad una specie di colletto arrampicando (III) tra rocce non troppo sane e pericoli vari, tra cui un marasso che mi contende l'appiglio per la mano.
Sia lui che la presa non piccoli, per cui non lo vedo subito, ma sento solo un rantolare disperato. Mi guardo in giro cercando un qualche aereo nel cielo ma non ce ne sono. Poi mi volto ancora verso la parete dove vedo il serpentello color carne e dalla testa triangolare che soffia come un ossesso e si carica all'indietro per attaccare.
Maledizione. Dietrofront e cerco un'altra strada. Aggirato il rettile, scalato un canalino, giungo a una selletta in mezzo alla parete. È un punto cieco. Dovrei arrampicare verso la cresta subito, ma sono le 15:20 e l'ultimo traghetto è alle 19. Il mio tempo è scaduto e devo tornare indietro perchè di arrivare al Limidario e da lì scendere direttamente a Spoccia non se ne parla.
Disarrampico fino alla cengia e rientro correndo, questa volta evitando la vetta del Torriggia (la aggiro da N passando per l'alpe Pulonia), e giù a manetta. Alle 17:15 sono a Orasso. Quindi rifaccio il sentiero delle zecce, ora popolato da anziani tedeschi che passeggiano e siedono talora sul ciglio erboso della mulattiera a legger libri. Chissà stasera che prudere di zecche!
Spero che gli ematofagi siano già tutti attaccati ai  pantaloni teutonici, e non ce ne siano sui miei, ma non è così. A Spoccia me ne levo ancora 4 dalle braghe che nell'escursione pedestre ho quasi sempre tenuto prudentemente lunghe.
Bevo alla fontana e mi butto in picchiata con la bici giù per la val Cannobina, 18 km e mezzo di pedalata, arrivando con ben 15 minuti d'anticipo al porto, dove in biglietteria mi comunicano che il capitano ha dato l'ok per la mia bici. Sospiro di sollievo.
«Oh, un attimo di tregua per mangiare», mi dico e mi apparto su una panchina in riva al lago. Ma ecco che un qualcosa proveniente da dietro mi si appoggia alla spalla e poi mi si infila nella borsa del cibo. Mi spavento. Poi constato che sono il collo e la testa di un cigno accattone che prepotentemente mi invita a dividere con lui lo spuntino. Non volendo esser beccato da quelle fauci taglienti, mi piego alla sua arroganza e gli passo cioccolato e gallette, ma i biscotti me li tengo tutti per me, come del resto il formaggio di capra.
Finalmente arriva il traghetto. Il mio amico pennuto, che mi si dev'essere affezionato, accenna  a seguirmi. «Prepotentone, mica ti adotto!» gli urlo, e lui torna scornato a fare bullismo con quattro piccioni che stavano raccogliendo le briciole del suo pasto.





Sul traghetto Luino-Cannobio.

Il castello di Cannero. È stato acquistato da un abbiente uomo straniero che l'avrebbe voluto ristrutturare, poi la sovrintendenza ha bloccato tutto e da parecchio tempo quella brutta gru gialla campeggia sopra il castello a testimoniare lo stallo dei lavori.

Cannobio, sovrastato dal monte Giove e dal monte Faierone, anticime meridionali del Limidario.

La chiesa di Sant'Anna.

Monte Vecchio.

I Gridoni dal monte Torriggia.

Le prime torri dei Gridoni.

Alpe Pulonia.

Orasso.

Spoccia dalla provinciale della val Cannobina.



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