Nelle valli di Saas Fee e di Zermatt, ovvero rispettivamente Saastal e Mattertal, assai prolifica è l'industria dei 4000. E con industria non mi riferisco alla generosa opera di Madre Natura che ha ben dotato l'area di cime che superano la fatidica quota, quanto alla vera e propria industria turistica che è sorta dietro all'ambizione di ogni sedicente alpinista di raggiungere le più alte vette d'Europa. Per estendere il commercio di tali trofei anche a persone fisicamente impreparate sono state predisposte svariate agevolazioni, tra cui funivie prossime a rifugi a oltre 3000 metri che azzerano gli avvicinamenti e limitano le ascensioni agli ultimi metri. Ricordo qualche anno fa di aver osservato questa bizzarra pratica anche da noi in Valtellina. Protagonista era stato un politico italiano, Alemanno - sindaco di Roma -, che aveva conquistato il Bernina salendo in elicottero alla Marco e Rosa per riservare al suo nobile piede solo gli ultimi e più blasonati metri di dislivello.
Qualora poi la vetta si opponesse all'esser salita da ogni peone, la si è addomesticata con corde fisse, spit e scalette. Così, come a sparare al leone dalla jeep, l'avventuriero alpestre gode nell'aver catturato quella che prima dell'industria dei 4000 era una preda difficile.
Oggi andremo su uno di questi 4000, ma lo saliremo "da òm", ovvero avvalendoci delle nostre sole gambe. So già che saremo assolutamente soli sulla montagna fino ad incrociare la traccia proveniente dal rifugio a cui si arriva in funivia... poi sarà un puttanaio.
Ah, che cima vogliamo fare? Lo Strahlhorn, il picco più meridionale della teoria di 8 quattromila che separa la valle di Zermatt da quella di Saas Fee. Dista poche centinaia di metri dal confine con l'Italia e si affaccia al gruppo del Rosa e al Cervino, nonché alla Weissmies dalla quale l'avevo notato un paio di giorni fa.
Lo Strahlhorn e il tracciato di salita visto dalle pendici della Weissmies. |
Partenza: piede della diga Stausee Mattmark (m 2050 ca.).
Itinerario automobilistico: da Sondrio la strada più scorrevole misura 330 km. Si prende la SS38 fino a Piantedo, quindi la SS36 fino ad Arosio, dove si esce a sx e si va a intercettare presso Lomazzo la Pedemontana Lombarda (A36) che poco prima di Gallarate (140 km da Sondrio) s'innesta sulla A26. Da qui seguiamo le indicazioni per il Sempione. A Ornavasso termina l'autostrada e ci immettiamo sulla SS 33 del Sempione che, buche a parte, è piuttosto veloce. Entrati in Svizzera a Gondo, oltre le omonime inquietanti gole, saliamo al passo del Sempione, per discendere dall'opposto versante verso Brig. Senza raggiungere Brig, in fondo alla discesa puntiamo a O (direzione Sion) e a Visp usciamo dall'autostrada svizzera e seguiamo per Zermatt e Sass Fee. Risaliamo la valle fino a Stalden, quindi prendiamo il ramo più orientale (l'altro va a Zermatt). A Sass Grund andiamo verso Saas Almagell, oltre cui insistiamo fino al termine della strada asfaltata (23 km dall'inizio della valle), che è poco prima del coronamento della diga dello Stausee Mattmark. Qui il parcheggio è a pagamento, ma più sotto la si può lasciare gratuitamente.
Attenzione: se a Brig si prende l'autostrada occorre acquistare il bollino.
Itinerario sintetico: piede della diga Stausee Mattmark (m 2050 ca.) - Allalingletscher - Strahlhorn (m 4190).
Tempo di salita: 6 ore.
Attrezzatura richiesta: scarponi, ramponi e piccozza, uno spezzone di corda per il ghiacciaio.
Difficoltà: 3+ su 6.
Dislivello in salita: 2240 metri.
Dettagli: Alpinistica F+. È una lunga passeggiata prima su cordolo morenico, poi su ghiacciaio. Non c'è alcuna difficoltà tecnica, ma bisogna stare attenti a non finire nei crepacci. Il ghiacciaio è molto molto lungo!
© swisstopo.ch |
Degli itinerari automobilistici scelgo sempre quello dove c'è meno da guidare, così anziché aggirare dal basso il lago Maggiore, lo attraversiamo nel mezzo con l'imbarcadero che il 20 minuti porta me, Gioia e l'auto da Laveno, sulla sponda lombarda, a Intra, su quella piemontese.
Fa un caldo maiale. Dopo una pizza a Domodossola, ci intrufoliamo nelle gole di Gondo e, tra la dogana italiana e quella svizzera, ci buttiamo nel torrente per rinfrescarci.
+20°C ai m 2000 del Sempione. Par fresco, anche se vista la quota e visto che sono le 20:30, non lo è affatto.
Giù a Brig il termometro torna a +30°C, poi salendo sopra Stalden i gradi calano pian pianino.
La valle è angusta e inospitale, ma alcuni terrazzamenti vitati ne ornano i fianchi fino a m 900. Poca roba rispetto a ciò che si vede nella vicina val d'Herens, a S di Sion, ma comunque impressionante. In alto baite e prati sfalciati in luoghi dove in Italia non ci si fanno più pascolare nemmeno le capre. Un rigore e una cura del paesaggio, quello svizzero, certo non privo di contraddizioni. Non mancano infatti ecomostri in cemento che si affiancano a case tipiche coi tetti in beola, ma il bilancio è comunque positivo. Una montagna dove sopravvivono le attività tradizionali, purtroppo accanto a un turismo spesso spregiudicato, che parrebbe l'inevitabile prezzo da pagare per una certa prosperità economica.
Ai lati della strada fanno capolino alte cascate, ai piedi delle quali giacciono ancora depositi valanghivi. Oltre Saas Almagell, ultimo paese della valle, il biscione asfaltato corre indisturbato verso le alte quote. La vegetazione si dirada. Qua e là gente accampata in auto o in furgoni si appresta a passare la notte come noi, in punta di piedi, immersi in un grandioso ambiente naturale.
È l'ora blu quando stiamo camminando sull'argine dello Stausee Mattmark. S'accende venere sopra le vette gemelle dello Stellihorn. 5 caprioli corrono sullo sbarramento, tutto realizzato in pietra e senza cemento, il più grande di questo tipo in Europa.
La costruzione della diga, avvenuta tra il 1960 e il 1965, fu flagellata da una grave tragedia. Il 30 agosto del 1965 si staccò infatti dal ghiacciaio dell'Allalin una valanga con fronte di 1 km e con un volume di 2 milioni di metri cubi. Una frana di ghiaccio e detriti che seppellì il campo degli operai causando 88 vittime, tra cui molti italiani.
Proprio in questo luogo, a N della diga, parcheggiamo l'auto, l'assettiamo per la notte, e ci godiamo 5 ore di sonno al fresco. Finalmente! Mettiamo anche la coperta!
Sveglia alle 3:30, colazione e via alla luce dei frontalini salendo la pista sterrata che s'alza a dx (N) delle placconate lasciate dal ritiro del ghiacciaio e ora rigate da cascate e rivoli d'acqua di scioglimento. È impressionante pensare che nella prima metà del '900 il ghiacciaio giungesse nel fondovalle, proprio dove abbiamo parcheggiato ed ora è tutto fiorito. L'Allaningletscher è scappato quasi 800 metri più in alto!
Passiamo sotto alla morena laterale sx del ghiacciaio dell'Allalin, quindi scavalchiamo la meno pronunciata morena laterale dx del Holaubgletscher.
La strada, già non più transitabile da un pezzo a causa di frane, termina presso una briglia in cemento. Qui, spenti i frontalini, iniziamo a salire accanto al torrente senza un vero e proprio sentiero. A m 2450, prima di alcune rocce lisciate, deviamo a sx e ci issiamo sulla morena laterale dx del Holaubgletscher, che a questa quota ha una scarpata comoda da rimontare. Raggiunto il cordolo siamo sorpresi dalla valletta erbosa triangolare con tanto di capre che che è cinta dalle due morene dei ghiacciai. I cordoli della morena dell'Allalin e quella del Hohlaub convergono a m 2681, dove un ometto di pietra ci rincuora sul fatto che, ogni tanto, qualcuno passi di qui. Insistiamo a OSO, ammirando sulla dx impetuosi salti d'acqua, per rimontare da dx la barra rocciosa a m 2900 (ore 2:30).
In alto a N, su una selletta, c'è il Britanniahutte, rifugio a cui i cacciatori di 4000 si appoggiano.
Più su, a ONO, si vede l'imponente struttura del Mittelalanin, altra facilitazione per domare i 4000 della zona.
Fin qui siamo stati soli, né una persona, né un'impronta, ma sappiamo che l'andazzo cambierà.
Pochi metri su pietraie in piano e indossiamo i ramponi. Siamo sul ghiacciaio dell'Allalin e lo percorriamo dal suo lato sx orografico, cioè tenendoci a dx, ma a debita distanza dalle pareti generose nello scaricare blocchi.
La vedretta prende quota moderatamente, ma essendo molto lunga alla fine di dislivello se ne guadagna.
A m 3300 c'è un tratto pianeggiante, dove il ghiacciaio di Mellich scende lungo il corridoio compreso tra l'Allalinhorn e il Rimpfischerhorn e confluisce in quello dell'Allalin. Qui si sta formando un grande lago epiglaciale che chissà quali disastri potrà combinare. Ci riposiamo sedendoci su quattro sassi galleggianti, poi riprendiamo la marcia verso S salendo nel mezzo tra due aree crepacciate e infilandoci nella valle a dx (O) della cresta settentrionale dello Strahlhorn. Iniziano a spuntare omini da ogni dove.
A piedi, con gli sci. Tutti già ben più avanti di noi o sulla via del ritorno. Gli spazi sono talmente ampi che tra il vedere un puntino e quando ci si incontra passa molto tempo.
Italiani, tedeschi, francesi, svizzeri. A un certo punto ce ne passa accanto uno talmente grosso che subito spiego a Gioia: «In salita erano una cordata da 9. Sono rimasti in 4. Gli altri 4 se li mangerà come aperitivo in attesa del pranzo alla Britanniahutte. Brutta cosa la fame!»
Nel novero degli umani sul ghiacciaio un gran quantitativo è sorprendentemente sfuggito alla selezione naturale o ha fatto un fioretto alla Madonna che non avrebbe fatto alcuna attività fisica nel corso della propria vita. Per loro la funivia è stata ovviamente indispensabile nell'indispensabile necessità di annoverare dei 4000 nel proprio curriculum sportivo.
Un ultimo tratto un po' più ripido ci porta all'ampia cresta ONO dello Strahlhorn, poco a monte dell'Adlerpass. Il valico, posto a m 3785 e marcato da un rettangolo di vernice bianca, s'affaccia al massiccio del Rosa, coi suoi ghiacciai ingialliti dalla sabbia del deserto giunta pochi giorni fa.
Sulla dorsale, oltre al già citato Rosa, fa capolino pure sua maestà il Cervino, ma presto pure Weisshorn, Dent Blanche, Obergabelhorn, Dom.... solo per citarne alcuni in ordine sparso.
Un ultimo sforzo su neve marcia e siamo sull'affollata vetta dello Strahlhorn (m 4190, ore 3:30). O meglio, siamo accanto alla croce di vetta dove si accalcano bipedi sprezzanti del caldo e vestiti di nero, ma questa è la moda! Sono agghindati con cordini, caschi e viti da ghiaccio che osservano con disappunto la mia camicia a fiori e il cappellino di paglia. Ci basta fare 4 metri su cresta per toccare la vera vetta, desertificata dall'esposizione su modesti precipizi, e insistere a E per altri 15 metri, dove si devono addirittura usare le mani, per ritrovarci completamente soli a godere degli immensi spazi e dei panorami dell'alta montagna, raggiunta senza farle violenza.
Pisolino bello lungo e ci svegliamo finalmente soli sullo Strahlhorn, mentre i puntini si dirigono al Britanniahutte, dissolvendosi in lontananza. Nessuna voce, solo il frastuono intermittente di scariche di massi e neve dalle poderose pareti rocciose del Rimpfischerhorn e dell'Allalinhorn.
Il rientro è su neve così marcia da sembrare granita, ma è comunque molto svelto.
La giornata si chiude con bagno nel torrente, merenda e nuovo pisolino ai piedi dello Stausee Mattmark. Aspettiamo la sera per il rientro, ond'evitare le ore più calde del solleone. Anche qui: calca di gente nel parcheggio a pagamento presso il coronamento del lago e nessuno sotto in questa bucolica piana ai piedi delle cascate formate dalle acque di scioglimento dell'Allalin. Uno spettacolo. Alla fine non ho da lamentarmi, anzi devo ringraziare il Padreterno che ha fatto sì che la maggior parte delle persone si comporti come le pecore, lasciando così un sacco di spazio libero in un mondo sovraffollato.
Proprio in questo luogo, a N della diga, parcheggiamo l'auto, l'assettiamo per la notte, e ci godiamo 5 ore di sonno al fresco. Finalmente! Mettiamo anche la coperta!
Sveglia alle 3:30, colazione e via alla luce dei frontalini salendo la pista sterrata che s'alza a dx (N) delle placconate lasciate dal ritiro del ghiacciaio e ora rigate da cascate e rivoli d'acqua di scioglimento. È impressionante pensare che nella prima metà del '900 il ghiacciaio giungesse nel fondovalle, proprio dove abbiamo parcheggiato ed ora è tutto fiorito. L'Allaningletscher è scappato quasi 800 metri più in alto!
Passiamo sotto alla morena laterale sx del ghiacciaio dell'Allalin, quindi scavalchiamo la meno pronunciata morena laterale dx del Holaubgletscher.
La strada, già non più transitabile da un pezzo a causa di frane, termina presso una briglia in cemento. Qui, spenti i frontalini, iniziamo a salire accanto al torrente senza un vero e proprio sentiero. A m 2450, prima di alcune rocce lisciate, deviamo a sx e ci issiamo sulla morena laterale dx del Holaubgletscher, che a questa quota ha una scarpata comoda da rimontare. Raggiunto il cordolo siamo sorpresi dalla valletta erbosa triangolare con tanto di capre che che è cinta dalle due morene dei ghiacciai. I cordoli della morena dell'Allalin e quella del Hohlaub convergono a m 2681, dove un ometto di pietra ci rincuora sul fatto che, ogni tanto, qualcuno passi di qui. Insistiamo a OSO, ammirando sulla dx impetuosi salti d'acqua, per rimontare da dx la barra rocciosa a m 2900 (ore 2:30).
In alto a N, su una selletta, c'è il Britanniahutte, rifugio a cui i cacciatori di 4000 si appoggiano.
Più su, a ONO, si vede l'imponente struttura del Mittelalanin, altra facilitazione per domare i 4000 della zona.
Fin qui siamo stati soli, né una persona, né un'impronta, ma sappiamo che l'andazzo cambierà.
Pochi metri su pietraie in piano e indossiamo i ramponi. Siamo sul ghiacciaio dell'Allalin e lo percorriamo dal suo lato sx orografico, cioè tenendoci a dx, ma a debita distanza dalle pareti generose nello scaricare blocchi.
La vedretta prende quota moderatamente, ma essendo molto lunga alla fine di dislivello se ne guadagna.
A m 3300 c'è un tratto pianeggiante, dove il ghiacciaio di Mellich scende lungo il corridoio compreso tra l'Allalinhorn e il Rimpfischerhorn e confluisce in quello dell'Allalin. Qui si sta formando un grande lago epiglaciale che chissà quali disastri potrà combinare. Ci riposiamo sedendoci su quattro sassi galleggianti, poi riprendiamo la marcia verso S salendo nel mezzo tra due aree crepacciate e infilandoci nella valle a dx (O) della cresta settentrionale dello Strahlhorn. Iniziano a spuntare omini da ogni dove.
A piedi, con gli sci. Tutti già ben più avanti di noi o sulla via del ritorno. Gli spazi sono talmente ampi che tra il vedere un puntino e quando ci si incontra passa molto tempo.
Italiani, tedeschi, francesi, svizzeri. A un certo punto ce ne passa accanto uno talmente grosso che subito spiego a Gioia: «In salita erano una cordata da 9. Sono rimasti in 4. Gli altri 4 se li mangerà come aperitivo in attesa del pranzo alla Britanniahutte. Brutta cosa la fame!»
Nel novero degli umani sul ghiacciaio un gran quantitativo è sorprendentemente sfuggito alla selezione naturale o ha fatto un fioretto alla Madonna che non avrebbe fatto alcuna attività fisica nel corso della propria vita. Per loro la funivia è stata ovviamente indispensabile nell'indispensabile necessità di annoverare dei 4000 nel proprio curriculum sportivo.
Un ultimo tratto un po' più ripido ci porta all'ampia cresta ONO dello Strahlhorn, poco a monte dell'Adlerpass. Il valico, posto a m 3785 e marcato da un rettangolo di vernice bianca, s'affaccia al massiccio del Rosa, coi suoi ghiacciai ingialliti dalla sabbia del deserto giunta pochi giorni fa.
Sulla dorsale, oltre al già citato Rosa, fa capolino pure sua maestà il Cervino, ma presto pure Weisshorn, Dent Blanche, Obergabelhorn, Dom.... solo per citarne alcuni in ordine sparso.
Un ultimo sforzo su neve marcia e siamo sull'affollata vetta dello Strahlhorn (m 4190, ore 3:30). O meglio, siamo accanto alla croce di vetta dove si accalcano bipedi sprezzanti del caldo e vestiti di nero, ma questa è la moda! Sono agghindati con cordini, caschi e viti da ghiaccio che osservano con disappunto la mia camicia a fiori e il cappellino di paglia. Ci basta fare 4 metri su cresta per toccare la vera vetta, desertificata dall'esposizione su modesti precipizi, e insistere a E per altri 15 metri, dove si devono addirittura usare le mani, per ritrovarci completamente soli a godere degli immensi spazi e dei panorami dell'alta montagna, raggiunta senza farle violenza.
Pisolino bello lungo e ci svegliamo finalmente soli sullo Strahlhorn, mentre i puntini si dirigono al Britanniahutte, dissolvendosi in lontananza. Nessuna voce, solo il frastuono intermittente di scariche di massi e neve dalle poderose pareti rocciose del Rimpfischerhorn e dell'Allalinhorn.
Il rientro è su neve così marcia da sembrare granita, ma è comunque molto svelto.
La giornata si chiude con bagno nel torrente, merenda e nuovo pisolino ai piedi dello Stausee Mattmark. Aspettiamo la sera per il rientro, ond'evitare le ore più calde del solleone. Anche qui: calca di gente nel parcheggio a pagamento presso il coronamento del lago e nessuno sotto in questa bucolica piana ai piedi delle cascate formate dalle acque di scioglimento dell'Allalin. Uno spettacolo. Alla fine non ho da lamentarmi, anzi devo ringraziare il Padreterno che ha fatto sì che la maggior parte delle persone si comporti come le pecore, lasciando così un sacco di spazio libero in un mondo sovraffollato.
Lo Stausee Mattmark all'ora blu. |
Alba sullo Stelihorn. |
Campi di neve verso quota m 2900. |
La Britanniahutte vista da m 2900. |
L'Allalingletscher e, sulla sx, lo Strahlhorn. |
Ci si assetta da gletscher. |
A sx lo Strahlhorn, a dx il Rimpfischhorn. |
Verso la cresta occidentale dello Strahlhorn al cospetto del Rimpfischhorn. |
Il monte Rosa. |
In vetta. In lontananza la Dent Blanche. |
In vetta. |
Fase REM o RIP? |
Il Cervino. |
Discesa sull'Allalingletscher. In secondo piano l'Allalinhorn. |
Attimo di sconforto da stanchezza ai piedi del Rimpfischhorn. |
Al lago epiglaciale in formazione a m 3300. |
Britanniahutte e Weissmies. |
Strani depositi di sabbia verde e nera sul ghiacciaio. |
Di nuovo ai piedi della diga. |
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