Il pizzo del Salto dalla val Vedello. |
Ben la conosce chi bazzica la zona: la sua imponente parete N, cupa e verticale, si alza per oltre 500 metri sopra il ghiacciaio del Salto e, come un cartello di divieto di transito, par voglia infrangere ogni tentativo d'accesso al monte da quel versante. Invece chi ha avuto il coraggio di avvicinarsi avrà sicuramente notato sulla sx (E) un ripido e incassato canale che sale ad una bocchetta, il passo del Salto, da cui si può montare sulla cresta E e con difficoltà contenute raggiungere la vetta.
In verde la variante di discesa. |
Partenza: Agneda (m 1228).
Itinerario automobilistico: alla fine della tangenziale di Sondrio (direzione Tirano), prima del passaggio a livello si svolta a dx e si segue la strada provinciale fino a Busteggia. 100 metri oltre l'ex canile (semaforo) si prende la stradina sulla dx che sale a Pam per poi ricongiungersi all'arteria principale per Piateda Alta. Dopo circa 7 km da Sondrio si è al bivio in località Mon. Si segue sulla dx la carrozzabile che si inoltra in val Vedello fino alla centrale di Vedello (m 1000, 6 km). Mancano 2,5 km ad Agneda, ma per non avere sorprese (strada senza parapetti), è opportuno, appena si incontra la neve, parcheggiare la macchina e proseguire a piedi o con gli sci fino ad Agneda.
Itinerario sintetico: Agneda (m 1228) - diga di Scais (m 1494) - baita Cornascio (m 1599) - passo del Salto (m 2410) - pizzo del Salto (m 2665) .
Tempo di salita previsto: 4 ore e mezza.
Attrezzatura richiesta: attrezzatura da scialpinismo, kit antivalanga, ramponi e piccozza, corda 20m utile.
Difficoltà/dislivello in salita: 4- su 6 / 1450 m.
Dettagli: BSA+/PD. Il canale per il passo del Salto ha punte sui 40°, la cresta E, specie nel tratto finale, ha passi su roccia fino al II+. In discesa non mi sono abbassato fino al passo (carenza di neve sul filo), ma ho preso un breve e ripido colatoio (ingresso a 55°) che butta nel canale 100 metri a O del passo.
Mappe: Kompass n.104 - Foppolo - Valle Seriana, 1:50000
Oggi sono solo e lascio la macchina ad Agneda. Sono le 6. Stamattina avevo troppo sonno, così sono uscito in pigiama. Ma il mio pigiama è un capo super tecnico per la montagna, sebbene tutti quelli che veston di marca non lo capiscono e mi prendono in giro.
Sono in pigiama e sono invincibile: i camosci ben lo sanno e quando mi vedono che sono ancora lontano iniziano a fuggire intimiditi dagli accostamenti di colori della maglia bianco-blu-azzurra-rossa e dal motivo a pallini taumaturgici.
Dopo essermi affettato un dito col le lamine degli sci - maledizione le ho appena fatte molare - a piedi percorro la piana per evitarmi i metti-togli gli sci obbligatori a causa dell'innevamento irregolare.
Con le pelli poi seguo la tortuosa strada di servizio che sale alla diga di Scais e porta sulla sua sponda meridionale. Costeggio il bacino per entrare nella val Vedello. La porta d'accesso è costituita dalla struttura arrugginita da cui un tempo partiva la funicolare per le cave di uranio poste sul versante occidentale della cima Soliva.
Alle mie spalle c' è la diga si Scais che ha iniziato il suo percorso di disgelo primaverile.
Il sole sorge sulle vette nel più assoluto silenzio.
La diga di Scais è presto lontana mentre percorro il fondo della val Vedello (S) foderato di neve ghiacciata.
Mi viene in mente una leggenda che afferma che laggiù dove ora c’è la diga, c’era una grande conca con boschi, pascoli e pietraie antichissime. Un timido sentiero attraversava i ghiaioni e conduceva lassù più in alto, all’alpe Caronno. Era una notte d’agosto, quando un pastore udì dei passi. I raggi della luna illuminavano la sagoma di un forestiero. Il pastore lo scambiò per un cacciatore e ingenuo gli andò incontro. Vista la tarda ora e l’insolita situazione, gli disse scherzando: ”O casciadù dela buna càscia, portomèn anca a mi dela vossa càscia!”. Quindi salutò il cacciatore e se andò a letto.
Al suo risveglio il pastore trovò appeso alla catena del focolare mezzo corpo d’uomo e capì che la notte prima non aveva incontrato un cacciatore, ma bensì il diavolo. Terrorizzato corse in paese per chiedere l’aiuto del Parroco di Agneda. Il saggio prete gli disse: “Fa un taglio nel primo fieno e quando sentirai il cacciatore passare gli griderai: - O casciadù dela bona cascia, vignin pur a tosla la vosa cascia! - ma intanto ti dovrai nascondere nel fieno che hai tagliato e che avrò benedetto”.
Così fece e ruppe il tremendo incantesimo.
Io invece sono più fortunato e senza particolari riti magici sono alla base della parete N del pizzo del Salto.
La morena del ghiacciaio è colma di neve. Piego a sx e per lo scomodo conoide lasciato da una grossa valanga risalgo il canalone (E) per il passo del Salto.
Con gli sci non si sta in piedi a causa della pendenza, dei rigoli della valanga e del ghiaccio.
A piedi invece non si galleggia perchè ogni 3 passi si sfonda la crosta.
La neve è la peggiore possibile!
Vinco la mia lotta rinserrato tra alte barre rocciose e sbuco al passo del Salto (m 2410, ore 3:30) sul soleggiato versante della valle di Fiumenero.
A SSO s'erge inaspettato e imponente il pizzo del Diavolo di Tenda, con le sue linee mozzafiato e le costole rocciose addobbate di neve fresca. Alla sua dx c'è il pizzo dell'Omo, grande montagna pure questa.
Sono passato da NO a SE e il sole inizia già a sfasciare la neve, per cui, anzichè stare sul ripido pendio a SE (d'estate è di visega, per cui su tale terreno le valanghe scorrono via facilmente), percorro la cresta E, a tratti rocciosa e caratterizzata da piode conficcate nell'erba o nei macereti.
Sci in spalla e ramponi ai piedi, cavalco il profilo orientale del monte (un po' ripido l'ultimo tratto - passi di II+), tocco l'ometto di vetta (pizzo del Salto, m 2665, ore 0:45) e proseguo (O) per una trentina di metri sulla dorsale esposta fino a trovare una zona adatta a calzare le assi.
C'è una bella vista pure sul monte Aga, di cui si distingue il vallone NE che abbiamo sciato l'altro giorno, e la ripida pala inaugurata dal forte Mario Vannuccini.
Per la discesa non seguo più la cresta, ma mi appoggio al versante meridionale (tratti a 40°), poi, a cento metri dal passo, valico lo spartiacque gettandomi nel canale per il passo cento metri a O di quest'ultimo (il primo tratto sotto la cresta è molto ripido, credo 55° o più).
Il fondo del canale è pessimo, pieno di rigoli e blocchi di ghiaccio che attentano di continuo alle mie gambe. Gli sci sbacchettano e si impuntano di continuo. "Grazie al cielo mi hanno appena affilato le lamine, chi se ne frega se mi sono tagliato il dito stamattina!"
In val Vedello la neve migliora e mi accompagna fino alla diga, dove il manto s'inflaccidisce e si fa poco scorrevole fino alla macchina dove arrivo ben prima delle 11. Chissà se fossi partito più tardi che melma!
In val Vedello la neve migliora e mi accompagna fino alla diga, dove il manto s'inflaccidisce e si fa poco scorrevole fino alla macchina dove arrivo ben prima delle 11. Chissà se fossi partito più tardi che melma!
Che palle: al pomeriggio si lavora.
Il canale per il passo del Salto. |
Sbuco al passo del Salto, alle mie spalle il pizzo Cérec. Che fico il mio pigiama!!! |
Guardando lontano si scorge (non in foto però) il monte Rosa. |
Il tracciato di salita. |
Vista sulla cresta dai pressi della vetta. |
L'ometto e le cornici di vetta del pizzo del Salto. |
Ma è il Diavolo di Tenda a catturare tutti gli sguardi. |
In verde la traccia di Salita, in rosso quella di discesa dalla vetta. |
Variante di discesa per non togliere gli sci. Come si vede la parte alta è estremamente ripida. |
Nevaccia ghiacciata e irregolare nel canale che scende in val Vedello. |
Ciao Davide, ho visto le vostre tracce in val Vedello, ma per le chiavi sarebbe servita davvero troppa troppa fortuna!
RispondiEliminaDomani noi andiamo in val Belviso, buona gita a voi e occhio al lupo!
Beno