Il pizzo di Scotes e la sua pala sommitale visti dal Rodes. |
Tale storia mi ha così affascinato che dello Scotes ho salito tutti i versanti e le creste, anche con la nebbia!
Lo Scotes è ben visibile anche da molti punti del fondovalle Valtellinese. In particolare dalla zona di Teglio lo si individua in fondo alla val d'Arigna sia grazie alla sua pala N, luccicante quando innevata, sia grazie al tetro canalone N in cui riposano tranquille le due lenti glaciali di Pioda Superiore ed Inferiore.
Alfredo Corti ne Guida dei monti d'Italia. Alpi Orobie (1956) definisce il pizzo di Scotes: la più elevata e bella vetta del contrafforte di Rodes, appare dalle Alpi Retiche quale elegante piramide tronca.
L'amico Ricky Scotti ne I ghiacciai della Lombardia (2010) aggiunge: il canalone che risale il versante settentrionale del pizzo di Scotes è sicuramente uno degli anfratti più remoti e meno frequentati, per non dire inesplorati, delle Orobie. Il salto roccioso che lo chiude a m 2450 e il terreno quasi completamente glacializzato hanno storicamente allontanato la presenza umana.
Con queste premesse, la voglia di sciare Scotes e canalone è diventata irrefrenabile. Nelle nostre recenti osservazioni, fatte anche dalle Foppe in val d'Arigna, abbiamo valutato che si potrebbe partire dalla vetta con gli sci ai piedi, scendere dalla pala, già noto itinerario di sci ripido, e inoltre scivolare giù per tutto l'inesplorato canalone, con la sola eccezione del salto roccioso basale che non pare sufficientemente innevato.
Così alle 4 di mattina di mercoledì 9 aprile io, Giovanni e Valentino ci lanciamo nell'avventura che solo 3 giorni prima avevamo posticipato per il troppo caldo e l'esposizione alle valanghe del vallone della Pioda, passaggio obbligato per accedere al circo di Pioda.
Partenza: centrale Falk di Armisa in località ca Pizzini (m 1041).
Itinerario automobilistico: da Sondrio si prende la SS38 in direzione Tirano. Appena prima di Chiuro, in località Casacce (5 km dalla fine della tangenziale di Sondrio), si esce a dx in direzione di Arigna/Briotti. Si attraversa l'Adda e si segue la strada comunale per Arigna/Briotti fino in località Fontaniva (km 14 da Sondrio) dove c'è un trivio (tornante). Si va dritti senza fare la curva e ci si addentra in val d'Arigna per un paio di chilometri fino alla centrale di Armisa, dove si parcheggia.
Itinerario sintetico: centrale di Armisa (m 1041) - Foppe (m 1360) - Forni - vallone della Pioda - pizzo di Scotes (m 2978).
Tempo previsto: 6 ore per la vetta.
Attrezzatura richiesta: da scialpinismo, kit antivalanga, corda, imbraco, ramponi, casco, piccozze (meglio se almeno 1 da ghiaccio), 1-2 viti da ghiaccio e/o chiodi da roccia utili.
Difficoltà/dislivello: 5- su 6 / oltre 2100 m (valutazioni fatte in base alle condizioni di neve ottime trovate oggi).
Dettagli: AD / OSA+. Itinerario lungo con tratti ripidi su neve (fino a 50° nei rigonfiamenti della pala finale, che comunque mediamente supera i 40°), un tratto di misto - con raccordi nevosi fino a 70° e roccette - nel superamento del gradino basale del circo della Pioda (50 metri). Va affrontato solo con neve sicura e buona preparazione fisica.
Mappe: Kompass foglio n.104, 1:50000.
Una bella serenata notturna che, nonostante le temperature miti, ha fatto rigelare la neve in val d'Arigna è la nostra occasione per mettere il naso nel circo di Pioda, la laterale dx del vallone di Pioda che culmina al pizzo di Scotes.
Di quel posto mi aveva accennato anche l'Antonio Boscacci. Pure lui avrebbe voluto curiosarci, ma mi aveva confessato che quella esplorazione era una delle sue poche mancanze in terra orobica.
Ritrovo alle 4 ai Trippi e via in auto verso la centrale di Armisa.
Il Caspoc lavora. Per riformare un trio ci sarà Valentino, conosciuto pochi giorni fa in una gita sul piz de la Margna sopra Maloja.
Colmi della saggezza dataci dagli errori commessi 3 giorni fa, ci addentriamo in val d'Arigna scendendo dalle Foppe al bacino dei Forni . È buio pesto.
Inutile fare il traverso da Michelini: il fondovalle è percorribile ricalcando le nostre vecchie orme di discesa e ci fa risparmiare molto tempo ed energie, sebbene si perdano subito 60 metri di dislivello.
Senza via obbligata, pur con l'attenzione di non finire a mollo nelle pozze, la neve gelata ci porta velocemente a m 1700 (ore 2), dove pieghiamo a dx e ci portiamo ai piedi del salto roccioso che protegge il vallone della Pioda. Qui, tra gli inestricabili maross, passa il sentiero estivo per il bivacco Corti.
Via gli sci, il frontalino e su i ramponi per vincere 150 metri di neve dura e un breve passo su roccia (2m, III) che divide il fondovalle dalla sua laterale.
Qui i box decidono per diverse strategie di risalita del ripido vallone di Pioda (il sentiero per il Corti piega invece a sx verso la sella del dosso del Mercato), inciso da un grande solco scavato forse dalla forza devastatrice delle grandi valanghe che precipitano da qui.
Io sono leggero e non affondo, così corro incontro alle luci dell'alba a piedi, mentre Giovanni e Valentino si fermano e calzano sci e rampanti.
Il mio pit stop in meno mi porta solo soletto a m 2260 (ore 1:30), alla base del conoide valanghivo che s'adagia ai piedi della barra rocciosa che sospende il circo della Pioda. Sono in un ambiente eccezionale: il sole sta già illuminando a O i contrafforti del pizzo Biorco, che dividono questa diramazione da quella più settentrionale del vallone, dove d'estate passa il sentiero per i Quai, mentre a sx si intuisce il tetro canalone che adduce alla cima dello Scotes. Incantato dal paesaggio, che a N offre beli scorci sul versante Retico, mi lascio sfuggire un guanto che rotola via. Per fortuna conoscendo la mia sbadataggine ne ho qui altre 2 paia di scorta!
La vetta, o meglio l'anticima N dello Scotes, fa capolino in cima al circo, e fa sfoggio della sua ripida pala nevosa.
Metto via i bastoncini da sci ed estraggo le piccozze. La barra rocciosa presenta due colatoi: uno a dx, più breve e che culmina con 5 metri di verticale cascata di ghiaccio, e uno a sx, più appoggiato e stretto che serpeggia tra placche rocciose e di cui è difficile valutare la pendenza; l'unica cosa evidente è che esce ben più in altro del suo gemello.
Prendiamo a sx e con facili passaggi su neve dura usciamo 60 metri più in alto sui facili pendii del canalone (30°).
Qui rimettiamo gli sci. Ambiente davvero isolato, sebbene alle nostre spalle si vede il verdeggiante fondovalle valtellinese.
Ci portiamo alla base della grande pala finale (m 2700 ca., ore 1). Quella rocciosa che si vede in alto a sx non è la vetta, bensì un'anticima poco più bassa. A dx ci sono i contrafforti del pizzo degli Uomini che seguitano a sputarci addosso sassi e neve non appena il sole li solletica.
Quanto sarà ripida la pala? Leggende metropolitane la danno 40°, ma la stima sembra decisamente scarsa.
Riavuto il mio guanto, recuperato dal gentilissimo Valentino, inizio a salire sulla dx per una strettoia di neve dura. I bastoncini fanno la squadra, per cui siamo a 45°. Gli zaini sono più leggeri perchè abbiamo lasciato pelli, rampanti e tutto il superfluo alla base della pala, in un angolo al riparo da scariche di sassi e neve.
Entrato nella faccia della montagna, traverso gradualmente a sx, guadagnando quanti più metri di quota possibile. A circa 50 metri dalla cima, sbuco sulla cresta occidentale dello Scotes, addobbata con grandi cornici e con bella vista sulla val Caronno.
La neve non è morbida come sul Coca, ma comunque ottima sia per la progressione che la discesa. Le pendenze, senza ombra di dubbio, hanno superato in più punti i 45°.
Per di più l'avere barre rocciose sotto i piedi crea apprensione.
Ciliegina sulla torta? Non ho nemmeno i miei sci, ma i Polvere di Gioia che non ho mai usato. Fare la prima curva sui 50° e senza possibilità d'errori gravi mi agita un po'.
Tra questi pensieri giungo in vetta, dove il panorama è tra i più belli delle Orobie. Di fronte a me c'è il Coca, col canalone sceso solo pochi giorni fa.
Sotto di me un gruppo di 4 scialpinisti sta facendo inversioni per il passo di Coca.
A S ci sono le fiere vette di Scais e Porola, col ghiacciaio omonimo oltremodo inciso dalle serpentine degli sciatori.
Arrivano anche Giovanni e Valentino. Ci stringiamo le mani. La soddisfazione e l'emozione di essere quassù è davvero tanta. La discesa, poi, non dovrebbe riservare particolari problemi, ma devo ammettere che si tratta di una gita, sebbene più breve, un po' più impegnativa del canalone del Coca, in quanto più completa dal punto di vista alpinistico, oltre che più provante psicologicamente: la pala per buoni 200 metri di dislivello non ammette errori.
La sciata ha inizio: da lacrime, con i lastroni e le valanghe scalzate dal nostro passaggio che ci fanno compagnia e ogni tanto ci confondono, come il panorama che più volte mi fa dimenticare che devo stare attento a quel che faccio. Gli sci si comportano bene e si rivelano facilissimi da gestire anche sul ripido e sul gelato. Oltre la pala si fa tutto semplice, ma dobbiamo esser veloci prima che l'aria si scaldi troppo e il pericolo valanghe si risvegli dal letargo mattutino.
La barra a 2260 e la roccia a m 1750 ci obbligano a levare le assi e disarrampicare per superarle, ma per il resto si tratta di una gran discesa fino al fondo della val d'Arigna, colmo di valanghe e neve marcia.
Qui incontriamo anche il gruppetto salito al passo e vi riconosciamo i compagni di gite di Valentino e Giovanni. Noi 3 facciamo una sosta contemplativa alle Foppe per ammirare la via appena discesa e recuperare un po' di sonno, ma poi ci ritroviamo con gli altri scialpinisti all'auto dove brindiamo alla splendida giornata sulle Orobie e pianifichiamo le prossime uscite.
Prendiamo a sx e con facili passaggi su neve dura usciamo 60 metri più in alto sui facili pendii del canalone (30°).
Qui rimettiamo gli sci. Ambiente davvero isolato, sebbene alle nostre spalle si vede il verdeggiante fondovalle valtellinese.
Ci portiamo alla base della grande pala finale (m 2700 ca., ore 1). Quella rocciosa che si vede in alto a sx non è la vetta, bensì un'anticima poco più bassa. A dx ci sono i contrafforti del pizzo degli Uomini che seguitano a sputarci addosso sassi e neve non appena il sole li solletica.
Quanto sarà ripida la pala? Leggende metropolitane la danno 40°, ma la stima sembra decisamente scarsa.
Riavuto il mio guanto, recuperato dal gentilissimo Valentino, inizio a salire sulla dx per una strettoia di neve dura. I bastoncini fanno la squadra, per cui siamo a 45°. Gli zaini sono più leggeri perchè abbiamo lasciato pelli, rampanti e tutto il superfluo alla base della pala, in un angolo al riparo da scariche di sassi e neve.
Entrato nella faccia della montagna, traverso gradualmente a sx, guadagnando quanti più metri di quota possibile. A circa 50 metri dalla cima, sbuco sulla cresta occidentale dello Scotes, addobbata con grandi cornici e con bella vista sulla val Caronno.
La neve non è morbida come sul Coca, ma comunque ottima sia per la progressione che la discesa. Le pendenze, senza ombra di dubbio, hanno superato in più punti i 45°.
Per di più l'avere barre rocciose sotto i piedi crea apprensione.
Ciliegina sulla torta? Non ho nemmeno i miei sci, ma i Polvere di Gioia che non ho mai usato. Fare la prima curva sui 50° e senza possibilità d'errori gravi mi agita un po'.
Tra questi pensieri giungo in vetta, dove il panorama è tra i più belli delle Orobie. Di fronte a me c'è il Coca, col canalone sceso solo pochi giorni fa.
Sotto di me un gruppo di 4 scialpinisti sta facendo inversioni per il passo di Coca.
A S ci sono le fiere vette di Scais e Porola, col ghiacciaio omonimo oltremodo inciso dalle serpentine degli sciatori.
Arrivano anche Giovanni e Valentino. Ci stringiamo le mani. La soddisfazione e l'emozione di essere quassù è davvero tanta. La discesa, poi, non dovrebbe riservare particolari problemi, ma devo ammettere che si tratta di una gita, sebbene più breve, un po' più impegnativa del canalone del Coca, in quanto più completa dal punto di vista alpinistico, oltre che più provante psicologicamente: la pala per buoni 200 metri di dislivello non ammette errori.
La sciata ha inizio: da lacrime, con i lastroni e le valanghe scalzate dal nostro passaggio che ci fanno compagnia e ogni tanto ci confondono, come il panorama che più volte mi fa dimenticare che devo stare attento a quel che faccio. Gli sci si comportano bene e si rivelano facilissimi da gestire anche sul ripido e sul gelato. Oltre la pala si fa tutto semplice, ma dobbiamo esser veloci prima che l'aria si scaldi troppo e il pericolo valanghe si risvegli dal letargo mattutino.
La barra a 2260 e la roccia a m 1750 ci obbligano a levare le assi e disarrampicare per superarle, ma per il resto si tratta di una gran discesa fino al fondo della val d'Arigna, colmo di valanghe e neve marcia.
Qui incontriamo anche il gruppetto salito al passo e vi riconosciamo i compagni di gite di Valentino e Giovanni. Noi 3 facciamo una sosta contemplativa alle Foppe per ammirare la via appena discesa e recuperare un po' di sonno, ma poi ci ritroviamo con gli altri scialpinisti all'auto dove brindiamo alla splendida giornata sulle Orobie e pianifichiamo le prossime uscite.
Il salto roccioso alla base del circo di Pioda. |
Decidiamo si salire per il colatoio di sx. |
Il passaggio chiave a m 2300. |
A sx l'anticima dello Scotes. Immagine scattata nel circo di Pioda. |
Dal circo di Pioda uno sguardo verso la Valtellina. |
A sx la Motta e il passo della Pioda. Accesso "consueto" alla pala dal bivacco Corti. |
Ai piedi della pala. |
Sulla pala finale. |
Valentino mi raggiunge in vetta. |
Sguardo verso Scais e Porola. |
Sciapinisti verso il passo di Coca. |
Giovanni e Valentino verso la vetta. |
Io e Giovanni in vetta. |
Giovanni e Valentino scendono la pala. Si noti il torrente di neve sulla sx. |
Valentino scia uno dei tratti più ripidi della pala. |
Sulla pala, parte bassa. |
Sulla dura strettoia basale della pala (45°). |
Nel vallone della Pioda troviamo neve trasformata. |
Nel vallone della Pioda. Sullo sfondo il canalone del Coca. |
Le rane che domenica giravano sulla neve hanno deposto le uova in una pozza sopra i Forni. |
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