venerdì 1 febbraio 2013

Il giro delle 4 valli in Valmasino (scialpinismo - testo di Pietro Pellegrini)



Discesa dalla bocchetta di Cavislone.

Bellissima traversata in quota che consente di collegare, in un unico giorno, la valle della Merdarola, la val di Spluga, la val dei Ratti e la val Ligoncio. Un angolo di montagna integro dove camminare nel silenzio disegnando la propria traccia.
È una gita estremamente lunga e di grande sviluppo con oltre 2700 metri di dislivello.



Partenza: tornante sotto i Bagni di Masino (m 1120). 
Itinerario automobilistico: Ardenno - Cataeggio - San Martino - Bagni di Masino..
Itinerario sintetico: tornante sotto i Bagni di Masino (m 1120) - casera della Merdarola - baita superiore della Merdarola - bocchetta di Cavislone (m 2515) - val Cavislone - valle di Spluga (entratata a m 2080) - passo di Talamucca (m 2452) - valle dei Ratti -[ passo meridionale della Vedretta m 2870 - valle dei Ratti (conca a m 2600)] - passo del Calvo (m 2850 ca.) - val Ligoncio - Bagni di Masino (m 1172) -  tornante sotto i Bagni di Masino (m 1120) .

Tempo di salita: 14 ore.
Attrezzatura richiesta: attrezzatura da scialpinismo o ciaspole, piccozza, ramponi, rampanti, kit antivalanga.
Difficoltà: 3+ su 6.
Dislivello in salita: 2700 metri.
Dettagli: OSA. Occorre ottimo orientamento e prudenza in un paio di punti. Pendii fino a 40°. Ripidi i primi metri in discesa dal passo del Calvo. La discesa in val Ligoncio ha un passaggio obbligato che va conosciuto. 
Mappa: Val Masino, 1:25000






Bagni del Masino (m 1172), 30 gennaio 2013, h 6.00

Il cielo è stellato ma non fa freddo. Beno chiude la macchina e alla luce della frontale partiamo dal tornante sotto i Bagni (m 1120) per salire nel bosco ad intercettare il sentiero che porta nel valle della Merdarola. I dubbi sull'efficacia di questa scorciatoia non tardano ad arrivare quando ci troviamo ad imprecare nel buio cercando di districarci tra arbusti e piante cadute. Togliamo gli sci per qualche tratto e finalmente incontriamo a circa m 1250 il sentiero, già tracciato dalle persone passate di ritorno da arrampicate sulle cascate di ghiaccio. Dopo un tratto pianeggiante incontriamo una specie di briglia ai piedi di una scacata. Traversiamo verso ESE prima, poi SE. A m 1457 ecco una prima casera. La neve non ha completamente rigelato e ci fermiamo a sciolinare le pelli per evitare il formarsi dello zoccolo. Più saliamo più la coltre nevosa aumenta facilitando la progressione. A m 1600 viriamo di 90° (SSO) e con molte inversioni superiamo un settore ripido e pieno di ontani. Oltre il limite della vegetazione e all'altezza della baita superiore di Merdarola (m 2051 – semiabbandonata, ma con il tricolore che sventola all'esterno) dobbiamo prendere una decisione: puntare alla bocchetta di Cavislone (SE) o alla bocchetta alta di Merdarola (SO).
Quest'ultima permetterebbe , a scapito di passaggi alpinistici, di tagliare il giro risparmiando 500 metri di dislivello. Ma vogliamo godercela tutta e ci avviamo convinti verso il Cavislone. Dapprima traversiamo a ESE verso il monte Lobia, quindi imbocchiamo il vallone che pare andarsi a spegnere contro le scure pareti della cima di Cavislone e della quota m 2603. Ci alterniamo nel batter traccia con ripidi zig-zag fino ai piedi della parete dove, inaspettato sulla sx, è l'imbocco del canale per la bocchetta. Togliamo gli sci e mentre mi attardo a fotografare il panorama delle cime baciate dal sole Beno apre faticosamente la via fino al bocchetta di Cavislone (m 2527 su CTR).

Sono le 10.45. La strada è ancora lunga e dopo una breve pausa siamo pronti ad affrontare la discesa in val Cavislone. La neve crostosa iniza a mollare, più in basso migliora e incontriamo tratti di farina e neve trasformata. Ci spostiamo verso destra (ovest) alla ricerca di un passaggio verso la val di Spluga che ci faccia perdere il minor dislivello possibile, ma per immetterci nella valle di Spluga dobbiamo abbassarci verso S, ben sotto l'alpe Cavislone (m 2148 – ben visibile sulla sx) e fino a m 2080, dove termina la dorsale rocciosa che digrada verso S dalla quota 2650 delle cime di Merdarola.
Un centinaio di metri sopra alla casera Spluga, ripelliamo e iniziamo il lunghissimo traverso in costa (ONO) per risalire la val di Spluga sulla su a orografica sx fino al passo di Talamucca. Pochi minuti e la nostra porta per accedere alla valle dei Ratti appare in lontananza, insieme al vicino passo di Primalpia. I due valichi sono separati dall'emergenza rocciosa quotata 2559 e sono molto più lontani di quello che sembrano!
La valle è racchiusa tra la cima del Desenigo a sud, le cime di Merdarola a nord e il pizzo del Calvo ad ovest, mentre il fondovalle ospita i laghi di Spluga. Beno mi racconta di quella volta che lui e Mario salirono in tenda e solo al mattino si accorsero di essersi accampati proprio sul lago ghiacciato! Anch'io rinverdisco i ricordi dei miei precedenti passaggi e sento che qui non sono straniero. La maglietta appesa allo zaino sembra farsi beffe della fama dei "Giorni della Merla". Beno per non sudare ha appeso anche i pantaloni e mi fa sorridere vederlo in tenuta da spiaggia in mezzo alla neve.
Qualche breve saliscendi per scavalcare le numerose vallette trasversali al solco principale ed ecco guadagnato il passo di Talamucca (m 2452). La vista si apre sul Sasso Manduino e sull'alto Lario con le sue cime. Dobbiamo entrare in val dei Ratti in direzione nord-ovest ed accedere ad uno dei passi di collegamento con la val Ligoncio. Risaliamo un piccolo dosso che ci consente una vista migliore sul tragitto da scegliere, quindi iniziamo un traverso in leggera discesa fino a giungere alla base del canalone che scende dal passo del Calvo. Potremmo risalirlo, Beno lo ha già fatto e sa che si passa, ma preferiamo spingerci oltre per cercare un'altro intaglio tra le montagne. Beno ha ricordi piuttosto vaghi di un passaggio fatto con Pascal, io ho ricordi altrettanto sbiaditi del collegamento tramite il sentiero ferrato Dario di Paolo e il passo della Vedretta. Invano cerco i segni bollati che ci porterebbero facilmente alla meta, quindi decidiamo di salire un promettente e docile conoide di neve. Gli sci del mio compagno si sono trasformati in trampoli tale è lo zoccolo che si forma. Saliamo ansiosi di vedere cosa ci aspetta dall'altra parte, ma appena butto la testa oltre la cornice mi è chiaro che la via è sbarrata da vertiginosi salti rocciosi (m 2907).
Beno fa più fatica a realizzare, controlla incredulo a destra e a sinistra, ma infine conviene che il versante ci respinge. Sono le 16.30 e guardo il sole che indora il lago, è il tramonto tra queste cime che mi conoscono. Il piano B è presto concordato: ritorno sui nostri passi e salita al passo del Calvo, da raggiungere con almeno un briciolo di luce per affrontare il delicato tratto sull'altro lato. Saranno altri 250 metri di dislivello in salita!
"Non so se ce la faremo" azzarda il mio amico.
"Se non ce la facciamo noi chi puo farlo?" rispondo baldanzoso.
Discesa lampo fino alla base del canale giusto e rapida ripellata per affrontare il primo pezzo di risalita, poi la pendenza e la neve ventata ci convincono mettere gli sci in spalla. Il vento ha accumulato la neve soprattutto nella parte terminale, dove si affonda fino alla vita e apro la strada a 4 zampe. Il sole alle spalle già lambisce l'orizzonte. Vorrei salire più in fretta di quanto non lo sia lui nello scendere. Beno lamenta di essere al limite e continua a inveire contro gli sci, gli attacchi, le pelli e il fatto che abbiamo portato solo 1 litro di bevande a testa!
Mi segue con la forza della disperazione cercando di ritrovare le energie approfittando della traccia già scalinata.
È il momento di aprirsi, dare tutto e abbracciare la montagna, che sento di amare. Le ombre calano veloci, ma anche l'ultimo valico di questa fantastica giornata è raggiunto (passo del Calvo, m 2850 ca.).
Bagliori di luce diffusa ci agevolano nel primo ripido tratto di discesa, poi la notte, le stelle, i profili neri che cerchi di riconoscere. Metto gli sci e seguo le tracce di Beno che mi guidano tra i meandri della val Ligoncio. Non so come faccia a trovare il passaggio tra pianori che sembrano continuare all'infinito e ripidi pendii che precipitano oltre il fascio luminoso della frontale! La percezione delle distanze percorse si fa effimera, la discesa sembra non finire mai. Siamo al limitare del bosco, ora sarà ancora più difficile orientarsi. Cerchiamo (Beno cerca, io seguo) di trovare il traverso per passare sull'estrema orografica dx della val Ligoncio, e questo per evitare di infilarci tra i salti ghiacciati delle cascate del Ligoncio. Sassi da saltare e alberi da schivare, spostare, schiacciare. Non credo si possa parlare ancora di sci quando alzando la testa illumini il tuo compagno incastrato tra i rami delle piante con delle ingombranti appendici ai piedi! L'intuito e la memoria del mio amico però non sbagliano e, provati, giungiamo alla strada dei Bagni e alla nostra auto 14 ore dopo la nostra partenza.



Il tracciato per la bocchetta di Cavislone visto dai Bagni di Masino.

Il tracciato per la bocchetta di Cavislone visto dalla baita superiore della Merdarola.

Alla bocchetta di Cavislone.

Discesa in val Cavislone.
Discesa in val Cavislone.
Discesa in val Cavislone.
Risalita nella val di Sluga. Sullo sfondo la cima del Desenigo.
Risalita nella valle di Spluga.

Verso il passo di Talamucca: che caldo!
Alta valle di Spluga. Sullo sfondo la cima del Calvo.
La valle di Spluga dal passo di Talamucca.
Il Bregagno riflesso nel lago di Como visto dall'alta valle dei Ratti.
Al passo di Talamucca. Sullo sfondo la cima del Desenigo.
Il Bregagno riflesso nel lago di Como visto dall'alta valle dei Ratti.
Il tracciato per la bocchetta del Calvo.
Alle spalle di Pietro c'è il canalone che sale alla bocchetta del Calvo.
Gli ultimi metri per la bocchetta del Calvo.

Il canalone per la bocchetta del Calvo visto dal valico. Sullo sfondo svetta il Sasso Manduino.
Raggiungiamo la bocchetta del Calvo che è quasi notte.

E scendiamo in val Ligoncio che è notte. Sullo sfondo il versante N della cima centrale del Calvo.


testi Pietro Pellegrini - foto Beno e Pietro



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