domenica 26 aprile 2015

Anello: Cevedale (m 3769) - Rifugio Larcher (m 2608) - Palon de la Mare (m 3703)


Verso il monte delle Rosole 

Partenza: Parcheggio rifugio Ghiacciaio dei Forni (m 2150).
Itinerario automobilistico: da Bormio percorrere la ss29 fino a Santa Caterina Valfurva. Prendere a sinistra seguendo le indicazioni per "i Forni" prima del ponte sul Frodolfo e procedere per 2km circa in piano per poi prendere la strada "dei Forni", 4,5 km di salita asfaltata con tratti a pendenza sostenuta fino al rifugio.  
Itinerario sintetico: Parcheggio Rifugio Ghiacciaio dei Forni (m 2150 ) - Val delle Rosole (1h) - Colle del Pasquale (m 3424, 2h) - Monte Cevedale (m 3769, 0:45') - Rifugio Larcher (m 2608) - Bivacco Colombo (m 3485, 2h:15') - Anticima S monte Rosole (m 3529, 0:10') - Bivacco Colombo (0:10') - Palon de la Mare (m 3703, 0:45') - Rifugio Branca (m 2493) - Parcheggio Forni (m 2150) 
Difficoltà/dislivello in salita: 3,5 su 6 / 2800 m. BSA+
Tempo previsto:  2 giorni
Attrezzatura richiesta: da scialpinismo, kit antivalanga, imbrago, ramponi, picozza.



L'anello in salita e discesa


 Il tracciato visto dal Cevedale

Un bel giro ad anello in compagnia del CAI Bormio sicuramente consigliato per panorami e ambiente. 

Dal parcheggio inferiore dell'Albergo Ghiacciaio dei Forni abbiamo preso verso il rifugio Branca, risalendo subito verso i pendii occidentali della cima Branca in modo da guadagnare il fondovalle delle Rosole in maniera più diretta.



Dopo averlo percorso per intero abbiamo rimontato il pendio che porta al colle del Pasquale, su pendenze abbastanza sostenute nella parte finale.





Da qui ci siamo portati, dapprima sci ai piedi, fino alla cresta NO del monte Cevedale per poi risalirla ramponi ai piedi.




Il tratto finale della Cresta NO per il Cevedale




Il meteo in vetta è cambiato repentinamente costringendoci a una furtiva partenza verso la vedretta de la Mare, imboccandone la lingua più meridionale. Per fortuna  la nebbia e il nevischio ai piedi della vedretta sono scomparsi lasciando nuovamente spazio a qualche, seppur discontinua, occhiata di sole. Nella parte bassa del fondovalle è stato necessario tenersi alti a mezzacosta per cercare di non perdere quota e raggiungere il rifugio Larcher al Cevedale, situato sulla costa settentrionale sopra ad un roccione, senza troppa fatica. Togliendo gli sci solo negli ultimi metri.


Il tempo poi è peggiorato nuovamente, e cosi serata e cena tranquillo in rifugio.




Anche per gran parte della notte le nubi hanno fatto da padrone, costringendomi ad alzarmi e tornare a letto 3 volte prima di azzeccare lo scorcio notturno giusto.



L'alba è stata d'obbligo e subito dopo una lauta colazione siamo ripartiti risalendo a ritroso la vallate e la vedretta discesa il giorno precedente



Nella parte alta della vedretta questa volta ci siamo portati verso SO in direzione del col de la Mare, aggirando le pareti E del monte Rosole e raggiungendo, con una breve deviazione dalla via normale per il Palon, da SE il bivacco Colombo situato sulla cresta Sud del monte Rosole




Da qui abbiamo tentato di raggiungere la vetta, ma dopo aver raggiunto la non difficile anticima SO il tratto finale di cresta per la vetta non ci è sembrato molto sicuro, ed essendo in tanti e di varia esperienza alpinistica abbiamo saggiamente deciso di "accontentarci" e scendere nuovamente al bivacco. 



Il panorama dall'anticima 





Abbiamo quindi ripreso dapprima in leggera discesa (senza togliere le pelli) fino a riprendere la via per il Palon de la Mare. Sempre su pendenza moderata abbiamo risalito tutto il ghiacciaio fino alla panoramica e affollata vetta. 



Da qui, alcune foto panoramiche e poi giù per la normale del Palon


La Presanella



. Nel tratto finale, ai piedi del ghiacciaio del Palon, si è usciti dalla "via normale" che porta a due canali di discesa per imboccare i più ripidi, ma molto meno sciati pendii O dai quali, a vista, si va poi a puntare diretti verso il rifugio Branca. Sosta rigenerativa e infine giù fino all'auto seguendo le lingue di neve più favorevoli.

Thanks to  #mello's  #skitrab  #tr2attacks





mercoledì 8 aprile 2015

Cima (m 3122), anticima Est (m 3201) e punta di Vicima (m 3231)

Sono le 9 di mattina e sono a casa a lavorare al computer. Il sole inizia a rimbalzare sui vetri delle finestre e sullo schermo, le montagne brillano nell'aria tersa del mattino e mi sento in colpa perchè sto gettando questa fantastica giornata a far cose che, giusto con un po' di buona volontà, potrei recuperare sottraendo questa notte qualche ora al sonno.
Ma dove voglio andare: è già tardi!
Guardo le foto delle pareti che vorrei sciare e le cime delle Orobie al di là delle finestre. Il meteo mette caldo in arrivo. È inutile che mi illuda di poter andare domani, oggi è l'ultimo giorno buono per tornare in val Vicima a concludere qualcosa di interessante.
Così, come prevedibile, alle 1030 sono a Selva che cammino, sci in spalla, diretto alla cima di Vicima per sciarne il versante E dalla bizzarra orografia: infatti questa faccia è incisa da un vallone che nella parte bassa converge in uno strettissimo canyon. Lo abbiamo ammirato l'altro ieri dal poggio dove eravamo a pranzare dopo che il Caspoc' aveva sciato la parete SE del Painale.

La punta di Vicima e la sua anticima E viste dalla cima di Vicima.


 Partenza: ponte nei pressi di Selva e del rifugio Erler (guado dopo il termine della strada asfaltata, m 1400).
Itinerario automobilistico: da Sondrio prendere la strada Panoramica per Teglio (SP21). Si passano Montagna (al km 2), Poggiridenti (al km 4) e Tresivio (al km 5,5). Giunti a Ponte, alla chiesetta di San Gregorio (al km 9), svoltare a sx per Teglio (SP76). Dopo una breve salita, immettersi sulla strada a sx che porta in val Fontana (al km 9,4). Si attraversano i meleti appena oltre la chiesetta di San Rocco si ignora la svolta sulla sx per San Bernardo. Si seguita sulla stretta via asfaltata che s'addentra in val Fontana. Si  prosegue fino al guado nei pressi del rifugio Erler.
Itinerario sintetico:  Selva (m 1450) - alpe Vicima (m 2133) - cima di Vicima (m 3122) per il versante E - quota 2650 - forcella di Vicima (m 3080) - anticima E della punta di Vicima (m 3201) - punta di Vicima (m 3231) - anticima E della punta di Vicima (m 3201) - Selva (m 1450).
Difficoltà/dislivello in salita: 4.5 su 6 / oltre 2350 m.
Tempo previsto: 10 ore  per l'intero giro.
Attrezzatura richiesta: da scialpinismo, kit antivalanga, ramponi e piccozza.

Dettagli: OSA/PD. Pendenze fino a 50° (breve tratto), molti pendii sopra i 40°. Cresta esposta per la punta di Vicima. Da affrontarsi solo con neve assestata per il pericolo di distacco di grosse valanghe nelle valli in cui si transita.


In verde l'itinerario per la parete SE del Painale (6.4.15) e in rosso quello per cima e punta di Vicima (8.4.15).
Messi gli sci, zigzago su per i pendii che mi accompagnano all'alpe Vicima. C'è silenzio. Quasi 10 persone tutte assieme in questa valle, come è accaduto l'altro ieri, non mi capiterà più di vederle!
Le creste sono ancora sferzate dal vento, turbini e nuvole di neve si rincorrono nelle vallecole e nei canali alti.
Procedo pian pianino, tanto non ho alcuna fretta e poi quest'ultima sciata in val Vicima voglio proprio gustarmela. 
All'alpe vengo colto da un grande senso di tristezza. 
Tutti i fabbricati stanno crollando. 
Una decina di anni fa  ero passato per la prima volta di qui. Era tutto all'abbandono, ma i tetti stavano ancora al loro posto.
Negli anni '60-'70 gli alpinisti che venivan qui a scalare, come mi ha raccontato Luigi Pasini, erano spesso accolti dai pastori dell'alpe.
Insomma, il tempo va nella direzione opposta di quello che vorrei e i ricordi, di cui sono in parte testimone e in parte depositario, pian piano svaniscono senza darmi la possibilità di fermarli in alcun modo. Forse un giorno i valtellinesi torneranno ad amare e vivere le loro montagne, ritrovandovi la vera ricchezza, quella che sta ben al di là dell'accumulare cianfrusaglie, ingozzarsi fino a scoppiare e sprecare risorse per produrre ricchezza grazie alla quale aumentare ulteriormente gli sprechi. 
Son discorsi da sovversivo. 
Magari venissero considerati tali! Invece questo mio punto di vista non è ritenuto nemmeno una, pur folle, ma possibile alternativa e viene liquidato come l'utopia di chi parla facile perché non deve adempiere agli obblighi che la vita normale impone.
Inutile ribattere che è una società malata, che si autoalimenta portandosi sempre più alla deriva, ad imporli. Tanto non vieni ascoltato e se qualcuno lo fa poi ha paura di cambiare, anche solo in minima parte, il proprio stile di vita. Eppure basterebbe provare per accorgersi che è possibile, smettendola di considerare come uniche alternative quelle proposte dai massi media, che ovviamente non contemplano alcunché lasci sfuggire la gente dalla sudditanza psicologica dei moderni meccanismi di marketing. Una forma di dittatura talmente perfezionata da diffondere profumo di libertà!
Servirebbero dei progetti pilota, un discreto numero di coraggiosi pionieri che si lancino verso nuove forme di economia in grado di riallacciare l'antico e forte legame che c'era tra l'uomo e la terra, tra l'uomo e il tempo della propria vita. Solo il coraggio di questi, credo, potrà trascinare verso lidi più virtuosi anche i meno intraprendenti e, senza la velleità di cambiare il mondo, almeno offrire una alternativa a chi questa società sta stretta.
Abbandonato il fervore politico tra i ruderi delle vecchie baite, supero l'alpe e inanello inversioni in direzione N, fino alla barra rocciosa che sospende l'alta val Molina. Qui piego a sx (O) e mi metto nel valloncello che sale alla forcella di Vicima. Non c'è possibilità di sbagliarsi.
Insistendo ora a NO seguo l'andamento sinuoso del solco che serpeggia aggirando alcune barre rocciose e dossi. Alla mia sx sfoggia il suo profilo la cima isolata e innominata di quota 2881 che, assieme ai contrafforti della cresta SE della cima di Vicima, individua il piccolo circo in cui sfocia il canyon che vorrei sciare.
Pur non sapendo se questo solco sia continuo, decido di evitarlo in salita: qui nel marzo 2007 ho visto da troppo vicino scendere una valanga gigantesca che, dopo aver coinvolto l'intero versante della montagna, è stata convogliata con immane fragore in questa strettoia, per poi sfogare le sue ultime ire in bassa val Molina. Uno spettacolo davvero spaventoso. I residui di una slavina recente alla base del canyon mi convincono ulteriormente della saggezza della mia decisione.
A circa m 2800 la vallecola piega prima a sx, poi a dx. Mi porto su una sella della dorsale SE dell'anticima E della punta di Vicima, un lungo giro di parole per dire che vado a pranzare su un poggio panoramico alla mia dx da cui si vede sia la val Vicima che la val Molina. Dritto a E c'è il pizzo Calino affiancato dalle cime di val Molina e dalla cima di Forame. Il loro concatenamento per cresta è una delle traversate più pericolose che si possono fare in val Vicima (http://www.lemontagnedivertenti.com/Sites/83/WebExplorer/pdf/Itinerari/varienews/2011-09-08newsletter-estate2011.pdf), sia per la cattiva qualità della roccia, che per la forte esposizione. Impensabile in invernale!
Sono le 12:30 e il vento mi abbandona all'improvviso. Il sole, pur non essendo mai stato coperto da alcuna nuvola, par ora decisamente più caldo.
Riparto con un po' di fretta e inquietudine, anche se so che la possibilità che in mezza giornata Apollo riesca a far sciogliere la neve gelata e così a far cader valanghe è remota.
Appena sotto al grande pilastro roccioso che divide la valle per la forcella di Vicima dal versante orientale della cima di Vicima, piego a sx e traverso il pendio al di sopra di una barra rocciosa sempre più alta. Ci sono lastroni da vento, che alla prima crepa mi fan levare gli sci e proseguire per un tratto a piedi, finché entro nel poco pronunciato valloncello che scende direttamente dalla cima di Vicima. Rimetto le assi finché fare inversioni non è più possibile: l'inclinometro è sopra i 40°. Sono quasi a m 3000. Vado avanti. La pendenza è sui 45°, quindi, in corrispondenza di una strettoia, c'è un breve muro a 50° che presto s'adagia a 45°, poi 40°. Non ho calzato i ramponi e gli scarponi non mordono un granché. Picchio le punte degli scarponi come un disperato per ricavare piccole nicchie che diano un degno supporto alla mia progressione, ma in poco tempo le unghie dei miei piedi si ribellano. Allora levo la picca dallo zaino e come i pionieri del secolo passato inizio a tagliare scalini.
Per fortuna non si tratta che di una ventina di metri, oltre i quali la neve si fa più malleabile. Mi sposto a sx, supero alcune rocce e mi trovo sul testone sommitale, per niente ripido.
Lo salgo da sx a dx e in men che non si dica sono seduto accanto allo striminzito palo di legno che indica la cima di Vicima (m 3122). Sotto l'ometto c'è il libro, ma non riesco ad estrarlo perchè la neve è ghiacciata. 
È tornato il vento, ma la pace che provo è indescrivibile. Guardo a S l'orrido valloncello che mi son messo in testa di sciare, ma non mi spaventa per niente. Sebbene la neve sia molto dura, oggi sento un particolare feeling con gli sci. A N c'è la punta di Vicima, a dir poco bellissima. A S ecco la vetta di Ron che, come sappiamo bene io e il Caspoc', oltre alla linea che ho fatto nel 2006, ha un' ulteriore possibilità di esser scesa con gli sci. Guardo quel progetto con estrema avidità, ma la prospettiva non mi aiuta a capirci molto.
Parto dalla vetta sci ai piedi. I primi metri non ripidi mi aiutano a prender confidenza con gli attrezzi. Questa possibilità, che pochissime discese ripide offrono, è per me una manna dal cielo dato che, non andando a sciare in genere che una volta alla settimana, tutte le volte che inizio a scendere non mi ricordo quasi più come si fa.
I miei sci Ripido rispondono con sbalorditiva facilità, al che mi butto giù per una rigola ghiacciata evitando di toglierli anche in corrispondenza delle rocce affioranti. Il pendio è di neve dura, ma il colpo d'occhio non è per nulla inquietante, così mi concentro sul disegnare belle serpentine, anziché figurarmi ogni possibile dinamica di morte come è accaduto l'altro ieri sul Painale.
La sciata è entusiasmante, specialmente nel canyon, dove procedo con diffidenza fino a vedere che questo è continuo e senza salti, pur avendo un paio di passaggi larghi meno di 3 metri e rovinati dalle valanghe. All'improvviso il solco claustrofobico sfocia in un luminoso circo nevoso. Io scendo fino a m 2600 e, in preda all'entusiasmo, mangio un boccone e riprendo a salire, questa volta diretto alla forcella di Vicima.
La stanchezza inizia a farsi sentire, ma ho tutto il tempo che voglio: non sono nemmeno le 15 e c'è luce fino alle 20!
In cima al vallone una ripida rampa (max 47° misurati) mi porta a una cengia nevosa che taglia da sx a dx la barra rocciosa ai piedi della forcella e mi deposita direttamente ai piedi dell'anticima E della punta di Vicima. La neve è marcia superficialmente, ma sotto è ghiacciata.
Questa volta non faccio il lazzarone, metto i ramponi, svuoto lo zaino di tutto ciò che non è indispensabile e, aggirando il primo salto roccioso da dx, per una china nevosa (40°) raggiungo l'anticima E (m 3201), uno dei più bei punti di vista sulla parete SE del pizzo Painale.
Qui deposito anche gli sci e lo zaino e mi dirigo verso la punta di Vicima.
Sono stanco morto, la punta di Vicima l'ho già sciata per cui preferisco sciare la sua anticima E, che non ho mai sceso, senza dover ripellare per la terza volta.
Inizia un delicato traverso sottocresta in direzione della punta. La neve è marcia e devo continuamente levare lo zoccolo dai ramponi con la piccozza. Solo in pochi tratti una scivolata non implicherebbe di finir giù da un salto di rocce, per cui meglio non inciampare né esser trascinati giù da un distacco di neve bagnata. Ciò mi mette molta fretta e in 20 minuti faccio avanti e indietro dalla punta di Vicima (m 3248), senza scattare nemmeno una fotografia.
Rieccomi agli sci, che calzo in fretta e furia. Poi giù per la groppa del monte. Qualche metro e parte una valanga di neve bagnata da cui mi divincolo scappando verso la forcella, dove recupero la mia roba e, stanco morto ma felice, riprendo la sciata verso valle su cui il pomeriggio ha allungato le ombre dei monti e, aiutato dal vento, rigelando la neve.

La traccia di salita dalla val Vicima. In verde l'itinerario per la parete SE del Painale (6.4.15) e in rosso quello per cima e punta di Vicima (8.4.15).
La traccia di salita vista dalla lontana val Belviso. In verde l'itinerario per la parete SE del Painale (6.4.15) e in rosso quello per cima e punta di Vicima (8.4.15).
Verso l'alpe Vicima.
Panorama dai ruderi dell'alpe Vicima.
Sulla sella panoramica a circa m 2800. Alle mie spalle il pizzo Calino e le cime di val Molina.
Dalla cima di Vicima uno sguardo sul suo versante orientale, poco prima di apprestarmi a scenderlo.
La punta di Vicima dalla sua anticima E.
La parte finale del canyon sul versante E della cima di Vicima.
Verso la forcella di Vicima.
La punta di Vicima dalla sua anticima E.



lunedì 6 aprile 2015

Pizzo Painale (m 3248) - parete SE

Il pizzo Painale, vetta inviolata con gli sci per ovvie ragioni di difficoltà e di accesso estremamente lungo, era un sogno da anni. In una giornata non certo favorevole per il forte vento e il freddo pungente siamo andati a provarlo...
Lo attacchiamo dal versante SE, la parete che scalarono Antonio Cederna e Valesini l'1 settembre 1897 e che viene considerato il più semplice della montagna. Oggi questa parete, alta circa 200 metri,  è coperta di neve e ghiaccio con pendenze che arrivano a 60° nella strozzatura a 2/3 del suo sviluppo e una fascia di rocce basali (III, 20 metri) che vanno arrampicate.
La neve che troviamo è ghiacciata e rovinata dalle valanghe, ma il Caspoc' compie una prodezza e si lancia dalla cresta a pochi metri dalla vetta, che abbiamo raggiunto con picca e ramponi, sciando l'intera parete con leggerezza e senza commettere il benché minimo errore, anche perchè gli sarebbe fatale.

La parete SE del Painale vista dall'anticima E della punta di Vicima 2 giorni dopo. In alto si leggono ancora le nostre tracce.


Partenza: ponte nei pressi di Selva e del rifugio Erler (guado dopo il termine della strada asfaltata, m 1400).
Itinerario automobilistico: da Sondrio prendere la strada Panoramica per Teglio (SP21). Si passano Montagna (al km 2), Poggiridenti (al km 4) e Tresivio (al km 5,5). Giunti a Ponte, alla chiesetta di San Gregorio (al km 9), svoltare a sx per Teglio (SP76). Dopo una breve salita, immettersi sulla strada a sx che porta in val Fontana (al km 9,4). Si attraversano i meleti appena oltre la chiesetta di San Rocco si ignora la svolta sulla sx per San Bernardo. Si seguita sulla stretta via asfaltata che s'addentra in val Fontana. Si parcheggia appena al di là del ponte di Premelé (in assenza di neve si può proseguire in auto verso il rifugio Erler).
Itinerario sintetico:  Selva (m 1450) - alpe Vicima (m 2133) - val Molina - pizzo Painale per la parete SE (m 3248) - Selva (m 1450).
Difficoltà/dislivello in salita: 4.5 su 6 senza scendere con gli sci la parete altrimenti 5+ su 6 / oltre 1800 m.
Tempo previsto: 5 ore  per la salita.
Attrezzatura richiesta: da scialpinismo, kit antivalanga, ramponi e piccozza.

Dettagli: OSA+/AD. Pendenze fino a 60° (breve tratto), in media 45° la parete. Passi di III nella breve fascia di rocce. Cresta finale esposta e con cornici. Da affrontarsi solo con neve assestata; l'esposizione a SE fa sì che il pericolo valanghe sia alto già al mattino.

In verde l'itinerario per la parete SE del Painale (6.4.15) e in rosso quello per cima e punta di Vicima (8.4.15).


Questo avevo scritto nel n.23 de LMD e questo confermo :
"In val Fontana ho capito che, pur essendo già state salite tutte le montagne, l'alpinismo esplorativo in Valtellina non è  ancora un capitolo chiuso. Ho apprezzato la bellezza
dell'isolamento e il senso di annientamento che pervade chi vaga in luoghi di cui anni di abbandono hanno fatto dimenticare il nome.
Capitàno di una zattera in mezzo al mare, solo a pochi chilometri da casa, ho scalato sulla scorta dei racconti di pionieri appartenuti ad un'altra epoca che, come me, non avevano né tecnica, né attrezzatura, ma tanta passione. Penso a Bruno Galli-Valerio (1867-1943), ad Alfredo Corti (1880-1973), ad Alessandro Rossi e ad Antonio Cederna (1841-1920). Leggendo nei loro scritti il mio stesso spirito d'avventura, capisco come questo sia trasversale al periodo storico in cui si vive e all'attrezzatura che si utilizza. Questi uomini sono esempi virtuosi dell'alpinismo, disciplina che spesso si perde nei meandri di agonismo, campanilismo e invidie che invece ne dovrebbero essere l'antitesi. 
Se la val Fontana è terreno fertile per le ascensioni e passeggiate estive, d'inverno altipiani e cime si coprono di un folto manto nevoso che trasforma le faticose pietraie in remoti, complessi e inesplorati campi da gioco per gli sci."
Poi aggiungevo parlando della val Molina: "mi sono soffermato lassù a guardare una parete che vorrei, ma non mi sento ancora pronto ad affrontare con gli sci: la SE del Painale. Una linea l'ho in mente, ma occorre fare un po' più di pratica perché lassù non si improvvisa nulla."  

Ma torniamo ad oggi... 
Dovevamo andare a finire una gita in Valmasino, ma il meteo prevedeva uragani in quota, così alle 5:30 del mattino abbiamo ripegato sulla val Fontana. Ripiegato?
In realtà ci stiamo spostando da una gita lunga e di media difficoltà, ad una breve ma che potrebbe riservare pesanti incognite: dal Painale con gli sci non è mai sceso nessuno, e che io sappia nessuno ha mai neppure tentato di farlo.
L'auto la lasciamo nei pressi del guado sul torrente della val Combolina che precede Selva e, sci nello zaino e scarpe da ginnastica ai piedi, attraversiamo il ponticello sul torrente Val Fontana. Ecco Selva, un gruppetto di minuscole baite forse più assonnato di noi. Una brezza lieve scuote i fili d'erba e mi convince a mettere i guanti sulle mani rattrappite dal freddo rigurgito dell'inverno che spintona da qualche giorno la primavera.
In alto c'è il piatto testone del pizzo Calino, addobbato da altissimi pennacchi e cornici suicide che si spingono oltre il frastagliato bordo dell'ampia vetta.
Ci intrufoliamo in val Vicima tenendo la sx idrografica. Un sentiero striminzito ci aiuta. I bolli non ci sono, ma gli ontani e i rami recisi dai colpi di scure ci rassicurano che gli uomini passano anche di qui. Sull'altro lato della valle ci sono i resti dell'alpe Basalone, ma inutile pestar neve quando si può camminare sui prati.
A m 1800 ca. attraversiamo il greto asciutto del torrente e per pascoli rinselvatichiti e radi alberi insistiamo sulla mezzeria della valle fino ad incontrare l'agognata neve (m 1900 ca., ore 1). Appese le scarpe ad un albero, iniziamo a inanellare inversioni e vinciamo un settore ripido di neve dura (30°) e che le valanghe negli anni si sono occupate di mantenere spoglio dalla vegetazione (il sentiero estivo sale sulla sx idrografica al di là di una dorsale). Una prima conchetta a m 2027, dove il torrente risorge dalla neve e dalle pietraie, anticipa l'ultimo strappo per la piana dell'alpe Vicima, che ci appare all'improvviso con la sua quinta di vette innevate, dalla cima e la vetta di Ron, alla punta Corti, alla cima e punta di Vicima (di quest'ultima si vede solo l'anticima E).
Il vento inizia a farsi insistente e fastidioso, tanto che la nostra sosta è davvero breve.
In fondo alla piana dell'alpe, il dosso di quota m 2441 sbarra l'ovest della val Vicima e ne protegge il circo alto, mentre a N, tra le pendici del pizzo Calino a dx e una fascia rocciosa quotata m 2756, si intuisce l'ingresso sospeso dell'alta val Molina. A NO, invece, una terza vallecola sale verso la forcella di Vicima. Noi prendiamo a dx e c'inerpichiamo su per i pendii dove la forza del vento si fa proporzionale alla quota raggiunta. Aggirata da dx la barra di rocce di quota 2756 eccoci in alta val Molina. Ci spostiamo a sx e sul poggio panoramico sopra la barra rocciosa mangiamo un boccone e contempliamo l'orizzonte.
Il vento spazza le creste e le vette, il sole ne mitiga il freddo ma non la forza.
Scavalcato un cordolo morenico siamo nel catino ai piedi della parete SE del pizzo Painale, la nostra meta. Sui pendii la neve è così rovinata da sembrare la terra di un campo appena arato. Stimiamo la parete vera e propria alta circa 200 metri, fatta di liste nevose intramezzate con barre di roccia rossiccia e colate di ghiaccio. Partiamo dall'alto e cerchiamo di immaginarci ipotetiche linee di discesa, ma tutte vanno ad infrangersi da qualche parte contro i sassi. Non troviamo soluzioni di continuità per la sciata, ma comunque andremo in vetta a fare un giro.
Turbini di vento innescano vortici di neve che ci accecano e mi obbligano a rintanarmi più volte dentro il piumino nell'attesa di una tregua.
A m 3000 il pendio si impenna sempre più. Lastroni di neve soffice si crepano al nostro passaggio. Brutto segno, ma non sono quelli a preoccuparci.
Ci portiamo sulla sx della parete SE e da lì la attacchiamo, ramponi ai piedi, sci in spalla e picca alla mano. Subito siamo a 45°, poi a 50° ghiacciati. Traversiamo a dx, ma non vi è striscia nevosa che supera la barra di rocce basale, così la dobbiamo arrampicare su placche non difficili (III, 20 m), ma rese insidiose da ghiaccio e dagli sci che ci si incastrano ovunque.
Riprende la neve, dura e rovinata. Molto dura, tanto che la mia mano ci pianta gli sci e decide di lasciarli qui in basso a riposare: io non sono in grado si sciare un pendio così ripido e rovinato come quello che vedo poco sopra di noi.
Caspoc' invece è convinto di farcela, mentre lasciamo le nostre impronte sulla faccia del Painale. Non ovunque però, perchè in alcuni punti entran solo le punte dei ramponi a cui corrispondono delle tracce invisibili da lontano.
45°, poi 50°, infine una ripidissima strozzatura di 4 metri, larga 2, gelata e in cui l'inclinometro segna i 60°. Continuo a chiedermi come diamine il Caspoc' voglia venir giù di qui, mentre titubante mi faccio dare il cambio a batter traccia. Ci aspetta un traverso a dx, per neve svalangata, lastroni e una zona coperta di strani riccioli di ghiaccio.
40°, poi 45°, finché, sotto un roccione, ripieghiamo a sx e sbuchiamo in cresta. Qui la neve è soffice, affioran rocce e il vento sbuffa pulviscolo ogni volta s'intesisce. La vetta è dritta a ONO, separata da noi da una cresta che discende con regolarità sul lato sx, mentre è merlata con grandi cornici instabili sul lato opposto. Tale scenario convince anche il temarario Caspoc' ad abbandonare le armi e farsi gli ultimi metri senza sci al seguito. Non occorrerebbe specificarlo, ma stiamo quanto più possibile sul fianco sx per evitare di precipitare assieme ai blocchi di neve solleticati dal nostro passaggio e fatti vibrare in continuazione dalle folate di vento.
Solo pochi metri e siamo in cima al pizzo Painale (m 3248, ore 4). Pare di essere in aereo, attorno tutto è piccolo e lontano. Bella è la vista sulla piramide del pizzo Scalino, interessante il displuvio che s'abbassa a NO del pizzo Painale e che andrebbe indagato per future discese con gli sci.
Torniamo al deposito e mentre il Caspoc' si assetta per l'impresa, io mi abbasso fino alla strozzatura per documentarla. Inizia la discesa. Le sue curve sono strette e tutte saltate. Ad ogni risvolta migliaia di cubetti di ghiaccio precipitano giù per la parete frusciando.
Pare essere più a sua agio lui con gli sci che io con gli attrezzi che mi agganciano alla parete.
Non ha possibilità di errore, ma a vederlo muoversi non c'è neppure possibilità che ne commetta.
La strettoia viene superata con una breve derapata e poi giù a salti e con una sciata meno frenata fino alla barra di rocce. È fatta!
Lo raggiungo, ammirato gli faccio i miei complimenti, e, ripresi anche i miei sci, disarrampichiamo schiaffeggiati dal vento. Riprende la neve e anch'io coraggio. Senza più alcuna difficoltà ci lasciamo scivolare a valle.
Al poggio di m 2756 facciamo una sosta per pranzo. C'è gente alla forcella di Vicima. Tanta gente, tanti umani quanti non se ne sono mai visti quassù!
Ma l'arie è troppo fastidiosa, così, in neve finalmente trasformata, ci godiamo senza indugio la sciata fino a m 1900, dove un lembo d'erba soleggiato ci invita a concludere il pranzo e prendere un po' di sole. 
Presto il gruppo ci raggiunge: sono Giacomo, Marco, Claudio, Giorgio, Paolo, Michele e Marco. Ci scambiamo impressioni sulle rispettive gite e scherziamo un po', finché la gravità ci trasporta a malavoglia, come ogni grave, verso valle.



La traccia di salita dalla val Vicima. In verde l'itinerario per la parete SE del Painale (6.4.15) e in rosso quello per cima e punta di Vicima (8.4.15).

In alta val Molina, proprio ai piedi della parete del Painale. Alle nostre spalle il colle di val Molina e la cima di Forame sferzata dal vento.

La rampa verso le rocce basali della parete arriva a 50°. C'è ghiaccio affiorante.
Sulle rocce basali. Passi di III.
In vetta: che vento!
Nella strozzatura a 60°: ripida, gelata e gli sci passano a malapena.
Il Caspoc' scia la parte bassa della parete. 
Missione compiuta! 
La traccia di salita vista dalla lontana val Belviso. In verde l'itinerario per la parete SE del Painale (6.4.15) e in rosso quello per cima e punta di Vicima (8.4.15).