lunedì 29 aprile 2013

Cima Savoretta





Partenza : Parcheggio de "La Fontanaccia" / Fumero  (m 1500), (oppure direttamente da Sondalo). 
Itinerario automobilistico: da Sondalo seguire la SS 38 verso Bormio e uscire alla prima uscita "le Prese". Dopo 300 metri prendere la strada a destra che sale verso Frontale - Fumero con indicazioni Val di Rezzalo. Proseguire per 7 km su strada asfaltata fino alla fine del paese di Fumero ed entrare in val di Rezzalo dove dopo 500 mt troveremo i parcheggi. (Per chi volesse affrontare il primo tratto in bici, basta seguire la strada provinciale). 
Itinerario sintetico: (Sondalo (m 880)) - Fontanaccia ( m 1500)- San Bernardo ( m 1850 ) - Clevio (m 2200 ) - cima di Savoretta (m 3053).
Tempo di salita previsto: 4 ore + 1 ( per chi volesse farla in bici fino a la Fontanaccia).
Attrezzatura richiesta: attrezzatura da sci alpinismo o ciaspole, pala, arva e sonda, (bici)
Difficoltà / dislivello: 3 su 6 / 1550 metri per chi partisse dal parcheggio. (4 su 6 e 2200 per chi partisse da Sondalo). 
Dettagli: BS. (BSC)


Abitando a Sondalo la cima del Savoretta rappresenta una delle montagne "di casa" e una di quelle cime che non posso non voltarmi ad ammirare ogni qual volta che percorro la statale per Bormio.  Già due anni fa ero salito partendo a piedi da Le Prese e ricordo ancora l'emozione di trovarmi all'alba a guardar la cima, 2100 metri sopra di me, e pensare che era lì che ero diretto. Quest'anno però ero deciso a partire direttamente da casa, in bicicletta. Anche memore di quanto fosse stato scomodo percorrere la strada che porta a Fumero, dato che in molti punti non è nemmeno possibile tagliare per i prati, e di quanto abbiano patito i miei piedi negli scarponi poi a scendere con i 20° di Aprile. 
L'avventura decido di farla in concomitanza con la traversata della Val di Rezzalo, dagli impianti di Santa Caterina, organizzata dal Cai di Sondalo. Con loro sono daccordo di trovarmi verso le 9.15 ai piedi della Vedretta del Savoretta, dove loro scendendo si sarebbero fermati per mettere le pelli. 
Parto così alle 6.40, con uno zaino di dubbia comodità ( la foto è stata fatta al rientro ), 


ma dopo pochi km una strana sensazione mi accompagna....non avrò forse dimenticato qualcosa?? 
Sì, esatto, l'arva !! Decido quindi di tornare indietro di corsa, anzi di pedale, e mi trovo quindi a ripartire alle 7 passate ! 
Mi trovo quindi a dover recuperare il tempo perso e rinunciare all'idea di una gita a passo tranquillo. Dopo i primi km di salita la schiena inizia a implorare pietà, forse anche il piazzamento degli sci esterni e della macchina fotografica + scarponi non è stato ottimale...ma non ho tempo per fermarmi e tengo duro fino all'agognato arrivo al parcheggio ( ore 8 ). 
Tolta la gerla, messo il lucchetto alla bici e fatto il cambio scarpe, riparto velocemente ora con gli sci ai piedi. La strada in alcuni punti è solo in parte innevata e rallenta la mia marcia, ma poco dopo le 8 e trenta riesco a essere a San Bernardo....cerco di far scorrere gli sci per essere più veloce possibile in questo lungo tratto pianeggiante fino al Merlo dove inizio a risalire il pendio per Clevio. Qui la neve ben trasformata e la buona aderenza, mi permettono di puntare dritto alla cime del pendio, limitando al minimo curve e inversioni. Alle 9 e un quarto sono a Clevio e inizio a guardare di fronte a me sperando che i miei amici del Cai non stiano già scendendo...e per fortuna è così. Mi addentro quindi nella valle, tenendo sempre la sinistra orografica, e procedendo praticamente in piano fino ad incrociare il torrente Rezzalasco, che attraverso sfruttando un ponte di neve. 
Sono ormai le 9 e venti e non si vede nessuno...quindi rallento il passo e inizio a tirare il fiato. Finalmente ecco nei pressi del passo dell'Alpe, in alto alla mia sinistra, dei puntini....sono loro. 

 
Ora ci siamo tutti e sono quasi le 9 e quaranta...messe, loro, le pelli ripartiamo verso la cima con il meteo che finalmente decide di volgere al bello e il primo sole che inizia a illuminare il nostro cammino.
La contentezza di vedere il sole e di poter quindi tirar fuori e sfruttare i 3kg di materiale fotografico che porto in groppa mostra prer ben presto il rovescio della medaglia...lo zoccolo !!! 
Avendo bagnato le pelli a causa della neve bagnata nella parte bassa lo zoccolo che si forma sotto gli sci non mi da pace...provo a mettere la sciolina, ma invano....procedo quindi risalendo con fatica assieme al nevaio che mi porto sotto gli sci. La fatica oggi era stata messa in preventivo e non era un problema, ma dover salire camminando così.....mi ha fatto agognare metro dopo metro l'arrivo in vetta ! 
La via di salita lungo la vedretta è molto facile e non presenta difficoltà. Nella prima parte si deve tenere la destra aggirnado alcuni dossi, per poi prendere dopo un tratto quasi pianeggiante il pendio di sinistra, mentre addentrandosi a destra si andrebbe verso il monte dei Poltron. 






Giungiamo quindi alla vedretta sotto la punta Valmalza (m 3093) e vediamo il canalino che annuncia il tratto finale. Risalito anche quest'ultimo in pochi minuti arriviamo alla vetta dove il paesaggio è maestoso. Sulla sinistra la vedretta appena risalita, al centro la Valmalza sovrastata dalla Punta di Pietra Rossa ( foto sotto ) e sulla destra il passo omonimo.  


   
Dopo una sosta iniziamo la discesa, affrontando il canalino in neve polverosa 


e il resto del pendio....


Una volta giunti alla fine della Vedretta si deve ritornare seguendo la via di salita e dal Merlo ( m 1900) in poi  è necessario racchettare un pò, anche per via della neve, ormai molle. Il successivo rientro in bici non è stato problematico, fatto salvo per un pò di vento che dati gli sci ha generato un p di effetto vela !!  


domenica 28 aprile 2013

Pizzo del Ferro orientale (m 3199)

25 aprile 2013

Pizzo del Ferro orientale - cresta E.

Partenza: San Martino Valmasino (m 923).
Itinerario automobilistico: da Morbegno seguire la SS 38 verso Sondrio. Appena attraversato il ponte sul Màsino, svoltare a sx all’altezza di Ardenno (5 km a E di Morbegno) e seguire la SP9 della val Màsino fino a San Martino. All’ingresso del paese la SP 9 piega a sx. Prendere invece a dx (negozio Fiorelli) la stretta strada che tra le case raggiunge prima il ponte sul Mello, poi il parcheggio gratuito nei pressi del centro sportivo. Se questo fosse pieno, si deve ricorrere a quello a pagamento all’ingresso del paese.
Itinerario sintetico: S. Martino ( m 923)- Cà di Rogni - Casera del Ferro -  - pizzo del Ferro Orientale (m 3200).
Tempo di salita previsto: 7 ore.
Attrezzatura richiesta: attrezzatura da sci alpinismo o ciaspole, pala, arva e sonda, ramponi, piccozza, corda 40m, un paio di friend medi, cordini e imbraco.
Difficoltà / dislivello: 4 su 6 / oltre 2300 metri.
Dettagli: OSA.
Alpinistica PD- il tratto finale per il pizzo del Ferro Orientale (pendenze fino a 45°). Per la cuspide finale si  deve risalire un ripido canaletto (55°) che deposita sul pendio finale (SO) per la vetta. Altra alternativa è la cresta E dal colle. Passi di II+.

Il pizzo del Ferro e i tracciati di salita (sx) e discesa (dx) visti dal Centro della Montagna a Filorera.

24/04/2013 Siamo al Centro della Montagna a montare una mostra fotografica in occasione del Melloblocco, al termine di una primavera piovosissima che ha rovinato tante gite con gli sci, e continuiamo a guardare la val del Ferro e le sue cime. Una in particolare, il Ferro orientale, con la caratteristica S che ne solca la parete S, sveglia in noi un'irrefrenabile voglia di scivolare lungo i pendii del Masino.
I 2300 metri di dislivello che separano dalla vetta sono l'unico ostacolo a frapporsi tra la mia proposta ed un sì immediato di Roby, Giovanni invece non esita ad aggregarsi.

Pizzo del Ferro orientale, il tratto finale della salita.

25/04/2013 Sono le 3 e mezza di mattina quando io, Roby e Giovanni lasciamo la macchina a San Martino e alla luce dei frontalini e della luna piena prendiamo il sentiero per la val di Mello.
Gli zaini sono molto pesanti: sci, scarponi, fotocamere. Niente cibo, che l'ho dimenticato, piccozze, ramponi e probabilmente qualche sasso mi piegano la schiena in avanti, mentre velocemente superiamo Ca di Rogni e pieghiamo a sx prima del ponticello, seguendo il sentiero per la val del Ferro. La luna va a nascondersi dietro il monte Lobia. Fa molto caldo, ma il cielo stellato ci assicura che in alto il mando nevoso è rigelato.
Ai m 1639 della casera del Ferro (ore 3), quando mi sono già abbondantemente slozzato le scarpe nell'attraversare il torrente, la neve pare ancora lontana. Sulla sx orografica risaliamo alcuni tornanti, per riportarci al centro della valle proprio al di sopra del grande salto di rocce da cui precipitano fragorose cascate. In questo tratto due grosse lingue di neve (siamo a circa m 1750) ci fanno ben sperare per il ritorno. Oltre il salto prendiamo quota nel centro della valle, spostandoci lentamente a dx.
Arriva l'alba che colora di rosa le Orobie. La neve è ora ovunque. Compatta e ruvida, tanto da lasciarmi camminare in scarpe da ginnastica fino a m 2500, dove il freddo ai piedi mi costringe a mettere gli scarponi da sci. Il Ferro orientale è alto sopra di noi e la sua S nevosa appare sempre più scahiacciata man mano ci portiamo ai suoi piedi.
Vige l'anarchia. Ognuno batte una sua traccia, ognuno sceglie la tecnica che più lo aggrada: sci, scarpe da ginnastica, rampanti. La copertura permette di progredire senza particolari obblighi. A m 2600, quando il bivacco Molteni occhieggia in basso a sx, ci affacciamo ad una conca che ci porta alla base della S finale.
La attraversiamo in piano, poi, all'impennarsi del tracciato (m 2700 ca.) , leviamo le assi e, armati di ramponi e piccozza, attacchiamo il primo ramo del pendio.
Sfiga vuole che, nonostante le valanghe siano già scese, la neve non è più portante. Si tribola un po' nel trovare gli appigli per non affondare.
Giovanni ben presto si rompe le scatole e rimette gli sci. Io sono un po' cotto e non voglio affannarmi in giochi di equilibrio.
Davanti a me neve e ghiaccio, alle mie spalle l'immenso panorama sulle cime della val Masino.
In breve tempo siamo al terzo e ultimo spezzone della S (45°). Il ghiaccio si alterna alla fuffa. Si alternano i momenti in cui il rampone non si pianta bene a quelli in cui quando dai la pedata sfondi fino alla vita.
Giovanni ci segue, ora sci e rampanti sono sono più consigliabili.
Dei fendenti di sole segnano la fine delle ostilità e ci proiettano nella splendida conca sotto la vetta. Siamo a m 3050 circa.
Dopo un tentativo andato a vuoto di espugnare la cima per un canale diretto che ci avrebbe portato sulla cresta SO (via che avevo seguito l'anno scorso con Andrea, ma troppo azzardata oggi con la neve che molla), raggiungiamo l'evidente colletto sulla cresta E della cima (m 3150, ore 3). Barcollanti cornici ne addobbano il lato N, mentre, in direzione perpendicolare, due lame di roccia si proiettano verso il cielo addobbate da blocchi vertiginosi.
Oggi non sono per niente in forma e, per di più, sono partito con la sola intenzione di fare una bella sciata senza prendermi rischi.
Roby è della mia stessa idea, per cui si ferma al colle, mentre io accompagno Giiovanni che vuole toccare la cima. Abbiamo 17 metri di corda, due fettucce e tre friend, per cui il numero di problemi che possiamo affrontare è limitato.
Il primo microtiro tocca a me. La neve è marcia, placconate e blocchi si alternano a pietre instabili. Faccio una sosta su uno spuntone devitalizzato, per consentire a Giovanni di affrontare il secondo tiro, con il quale raggiunge la cima di una prima torre, da cui inizia a traversare sul versante S per una cengetta di placche e neve instabile.
Dopo molto lavoro di pulizia, mi recupera.
"Non voglio più proseguire: dalla cima scendi solo con le doppie e noi non siamo attrezzati."
"Usiamo i friend, poi facciamo a metà", ribatte Giovanni.
Ma per me il Ferro orientale non vale 180 euro di attrezzatura abbandonata. È una cima che ho già salito d'inverno, che potrei risalire domani con gli attrezzi idonei, per cui non rischierei oltre. Per di più siamo ben consapevoli che per toccare il punto culminante, circa 25 metri sopra di noi e al di là di un tratto pianeggiante, perderemmo almeno un'altra ora e mezza - e ciò significherebbe rovinarsi la sciata perchè la neve sta smollando.
Poi, cosa non trascurabile, oggi non sono per niente in forma e mi sento troppo impacciato nei movimenti e minacciato dal vento che soffia fastidioso.
Pur con qualche difficoltà, siamo di nuovo da Roby. Giovanni è molto amareggiato per la mancata vetta, io molto sollevato per non aver rischiato oltre, Roby è molto gasato perchè ha fatto foto da paura mentre noi arrampicavamo.
In questa mescolanza di umori calziamo gli sci e salutiamo la cima della Bondasca, le Sciore e l'Albigna, volti della Bregaglia incorniciati dal ghiaccio e dalle rocce del colle.
Pochi istanti e inizia una sciata super. Ho gli attrezzi nuovi, i sognati Maestro della Trab con montato il loro attacco nuovo.
Ma le gambe scottano per la mancanza di allenamento e la paura di prendermi una nuova distorsione al ginocchio, così derapo la parte alta della S che sarebbe invece stata più facile se affrontata con le rapide serpentine di Giovanni.
Metro dopo metro, per fortuna, riprendo confidenza con lo sci, anche grazie al manto che si fa sempre più facile e levigato.
Sciare in Valmasino è ogni volta un sogno che si avvera, perchè nelle notti d'inverno i miei sogni sono tutti ambientati in posti del genere.
Lo scatolotto rosso del bivacco Molteni è ora alle nostre spalle, in breve le nostre scarpe da ginnastica - depositate all'alba sopra un sasso a m 2500 - sono sulle nostre spalle e, a m 1750, quando scio l'ultima lingua nevosa sopra la Casera del Ferro, pure dei segnacci rossi addobbano le mie spalle: non ho messo la crema solare!
Giovanni, sciatore estremo, scende con le assi sopra rododendri e chiazze d'erba.
Io e Roby ridiamo, poi ci sediamo uno accanto all'altro e ci godiamo un riposino riscaldati dal sole dell'una.
Quando alla nostra sx il torrente del Ferro viene rimpiazzato dal Mello, prepotentemente veniamo ributtati tra le gente. Centinaia di boulderisti, escursionisti o semplici curiosi occupano ogni prato della valle. Che caldo, quasi tutti vestono estivo, per cui la nostra attrezzatura da sci desta molto stupore, tant'è ci sentiamo come i monumenti in preda ai turisti giapponesi.
Arrivati a San Martino (meno di 2 ore dal colle!), il Ferro orientale troneggia sopra le nostre teste e ci permette, semplicemente indicandolo, di spiegare alla gente dove diamine siamo stati vestiti in questo modo.

Alle 3:30 - partenza da San Marino Valmasino.

Verso ca di Rogni alla luce della luna piena.

Val di Mello e val Cameraccio illuminate dalla luna.

All'attacco della S.
S - tratto ripido.
S - tratto ripido.
Nella conca sotto la vetta.
Nella conca sotto la vetta.
Verso il colle.
Al colle.

In discesa a m 2600. Sullo sfondo il torrione del Ferro.

Sciata in maglietta: troppo caldo!!!













Pizzo Zupò (m 3996) dalla valle del Morteratsch





Partenza: Parcheggi stazione Val Morteratsh
Itinerario automobilistico: da Tirano seguire la Strada Statale N 29 per il passo del
Raggiunto il valico procedere in discesa per alcuni chilometri fino a trovare alla nostra sinistra, poco dopo una coppia di tornanti, la strada che si addentra verso la visibile vallata. Poche centinaia di metri troveremo i parcheggi, poco prima del termine della strada in prossimità della stazione del Trenino Rosso del Bernina.
Itinerario sintetico: val Morteratsch (m 1896) – Vedretta del Morteratsch (m 2000 circa)
Buuch (m 3000 circa) – pendici della parete Ovest dello Zupò (m 3830 circa) oppure Forcella dello Zupò (m 3851) – pizzo Zupò (m 3996).
Tempo per l'intero giro: 8 ore circa.
Attrezzatura richiesta: imbraco, corda, ramponi e piccozza, kit antivalanga.
Difficoltà/dislivello: 4 su 6 / circa 2100 m.
Dettagli: BSA. Alpinistica PD. Prestare molta attenzione ai crepacci. Le difficoltà sono tutte in funzione della qualità della neve e della presenza o meno di ghiaccio nel ripido tratto finale.





Partiti all'alba dalla valle del Morteratsch, ancora innevata, immediatamente il Bernina si mostra in tutta la sua bellezza e ci accompagna lungo il primo tratto che ripercorre la pista da fondo, ora non più battuta, e s'addentra quasi pianeggiante nella valle consentendo un lento riscaldamento.
Pian piano si mostra sullo sfondo, davanti a noi, il percorso di salita, e sulla sinistra il pendio innevato che porta alla Vedret Pers.


Impieghiamo circa un ora a percorrere la parte iniziale della vallata e raggiungere l'inizio del ghiacciaio superando finalmente la quota dei 2000 metri. Dopo aver risalito un breve pendio la valle ritorna pianeggiante e lo rimane fino ai piedi della seraccata del Labyrinth, visibile sulla sinistra (1h 45'). Sullo sfondo a sinistra la parete Nord della Cresta Aguzza, mentre sulla destra la mole della severa parete Est del piz Bernina  

   

Qui pieghiamo tutto a sinistra risalendo il pendio che nella foto precedente rimane nascosto dalle rocce ed evitando così la zona crepacciata.



Il pendio è segnato dalle tracce di alcuni sciatori scesi dalle Belleviste, ma da qui a poco toccherà a noi tracciare la via, immersi nel bianco immacolato immersi sempre più in un ambiente severo di alta montagna




Risalito quasi interamente il pendio a un certo punto pieghiamo in piano verso destra, abbandonando le tracce di discesa che risalgono il pendio fino alla zona della Fortezza, che collega con le Belleviste. Siamo a quasi 3000 metri, raggiunti dopo quasi 3h ed entriamo nella zona del "Buuch", così denominata per la presenza di numerosi crepacci. Qui è d'obbligo legarsi in due cordate e procedere con attenzione, trovandoci anche a dover batter traccia, dato che non si tratta di una via molto battuta.



Risaliamo quindi lentamente tra neve, seracchi e "buchi" anche questo pendio




e giungiamo a una nuova piana a quota 3300 metri circa ( 4h ). Qui è possibile, per quello che permette la quota, riprendere fiato. procediamo così su scarsa pendenza sull'ampio ghiacciaio puntanto diritti verso la Cresta Aguzza


che finalmente si mostra di fronte a noi in tutta la sua bellezza



Siamo a quasi 3600 metri di quota ( 5h ) e l'ambiente è grandioso e merita una buona pausa di  ristoro e ammirazione. Sulla sinistra in fondo il piz Argent (m 3945), al centro la rocciosa Cresta Aguzza (m 3869) e sulla destra il piz Bernina (m 4049) sulle cui pendici è pure ora visibile il rifugio Marco e Rosa ( con alle spalle il piz Roseg ) che sorge nei pressi della forcella di Cresta Aguzza che collega con la Valmalenco.


Alle nostre spalle è possibile vedere, sulla destra e con un buon binocolo, la nostra auto. 



Risaliamo l'immenso pendio innevato, su bassa pendenza, puntando verso il piz Argent, fino ad arrivare ai piedi della parete occidentale innevata del piz Zupò che iniziamo a risalire con gli sci fino al terminale, chiuso, dove decidiamo di togliere gli sci e procedere con i ramponi. Siamo a circa 3850 metri ( 6h ). Dopo aver messo i ramponi e fatto una sosta iniziamo la risalita verticale verso la vetta che raggiungiamo senza difficoltà alpinistiche ( 6h 30'). 






In vetta tira vento e quindi decidiamo di abbassarci per l'ultima pausa prima della lunga discesa.



La neve fino ai 3000 metri è molto buona, prevalentemente polverosa e solo in parte con lieve crosta in superficie, e ci permette una buona sciata, con un pò di attenzione a non spostarsi troppo dalle tracce nella parte crepacciata. Poi sotto i 3000 la neve, anche per l'orario, inizia a "mollare" ma rimane ugualmente ben sciabile fino alle parte finale dove diventa effettivamente quasi uno sci d'acqua....ma ormai è fatta...e senza dover racchettare più del dovuto raggiungiamo di nuovo l'auto. Un solo commento: gran scialpinistica !

venerdì 26 aprile 2013

Buchèl de l'Asén (val Malgina - val Fontana)


Piacevole gita di scialpinismo, con qualche tratto ripido, che permette di sciare nel cuore della val Malgina fino al buchèl de l'Asen, valico che mette in comunicazione la val Malgina con la valle dei Laghi. Era nostra intenzione scendere in quest'ultima, ma ha iniziato a piovere poco sotto il valico, così abbiamo dovuto batter ritirata. Neve tuttosommato buona e ancora compatta, specie nel settore tratteggiato in foto. Abbiamo messo gli sci poco sopra la baita dei cacciatori, attraversando inizialmente due grosse valanghe di fondo.



Partenza: rifugio Erler (m 450).
Itinerario automobilistico: da Sondrio prendere la strada Panoramica per Teglio (SP21). Si passano Montagna (al km 2), Poggiridenti (al km 4) e Tresivio (al km 5,5). Giunti a Ponte, alla chiesetta di San Gregorio (al km 9), svoltare a sx per Teglio (SP76). Dopo una breve salita, immettersi sulla strada a sx che porta in val Fontana (al km 9,4). Si attraversano i meleti appena oltre la chiesetta di San Rocco si ignora la svolta sulla sx per San Bernardo. Si seguita sulla stretta via asfaltata che s'addentra in val Fontana. Passato il ponte di Premelé si salefino rifugio Erler, posto poco oltre un guado (siamo partiti da qui perchè la strada era interrotta da una valanga).
Itinerario sintetico: rifugio Erler (m 1450) - pian dei Cavalli (m 1550) - rifugio dei cacciatori in val Malgina (m 1882) - buchèl de l'Asén (m 2670).
Difficoltà/dislivello in salita: 3- su 6 / oltre 1220 m.
Tempo previsto: 4 ore per la salita.
Attrezzatura richiesta: da scialpinismo, kit antivalanga, ramponi e piccozza.
Dettagli: OS. Scendendo nel centro della val Malgina ci sono alcuni tratti ripidi, così come i metri finali per il buchél de l'Asén


Partenza di buon'ora da casa perchè si annuncia una perturbazione nel primo pomeriggio. Già all'alba però la giornata è uggiosa, nulla a che vedere con quella di ieri sul Ferro.
Saliamo la val Fontana col vetro puntinato da una soffice pioggerellina.
Arrivati al guado che precede il rifugio Erler ecco una brutta sorpresa: la valle del Combolo ha scaricato una grossa valanga che interrompe la strada, così parcheggiamo l'auto a bordo carreggiata e proseguiamo a piedi.
Piove.
Camminiamo lungo la monotona carrozzabile, ora sterrata, verso N e, all'inizio del pian dei Cavalli (m 1550). Il tempo per la sciata pare davvero ridotto per cui prendiamo la prima opzione possibile: pieghiamo decisamente a dx per risalire con vari tornanti di un bel sentiero la val Malgina in cerca della neve.
Il greto del torrente è solo parzialmente innevato in basso, per cui dobbiamo aspettare la baita dei Cacciatori, posta al limite tra radure e bosco a m 1882, per cambiar tenuta. 
Tregua della pioggia. 
Abbandoniamo qui le scarpe da ginnastica e dopo poco il sentiero (m 1850) è inghiottito da due grosse valanghe. Calziamo gli sci e, oltrepassati i blocchi gelati, prima marroni, poi bianchi, raggiungiamo la base di una ripida vallecola sulla dx orografica che s'alza fino al ripiano a m 2300, dove si intuiscono i ruderi di vecchie baite. Qui, individuato chiaramente il valico a N (sx), lo puntiamo per una linea diretta che supera vari dossoni in parte già svalangati.
La neve non porta più nulla, e la salita è piuttosto faticosa.
La tregua dalla pioggia pare esser sul procinto di finire: il cielo si sta annerendo e sull'altro lato della val Fontana dei nuvoloni neri stanno già scaricando il loro contenuti.
Siamo a 100 metri dal valico (m 2700 ca, ore 3:30) e inizia la pioggia, molto insistente.
Per cui leviamo le pelli e giù a manetta.
Per la discesa raggiungiamo immediatamente il centro della val Malgina  e da qui, finalmente su neve portante, puntiamo a O lungo il solco centrale.
Un tratto ripido fra i radi larici, anticipa un massiccio accumulo di valanghe che mal si presta ad essere sciato.
Traversiamo in direzione della baita e, dopo aver risalito una ripida costa, tocchiamo in discesa per i pascoli in parte innevati.
Gita finita, resta solo la camminata sotto la pioggia.

Le grosse valanghe sopra la baita dei cacciatori.

A circa m 2350. Alle nostre spalle il Combolo.

Verso il buchèl de l'Asen, depressione immediatamente a dx (E) della cima di Ganda Rossa.

Arriva la pioggia! Sullo sfondo le strane cenge che solcano la parete N del monte Combolo.