martedì 30 ottobre 2018

Maltempo di fine ottobre: record di precipitazioni in Valtellina

Da 30 gradi e una siccità duratura a piogge battenti e temporali: questo è stato il repentino cambiamento climatico e meteorologico che ha segnato la fine di ottobre 2018 e che ha coinvolto l'intero arco alpino.

L'Adda a Piateda la sera del 29 ottobre 2018.


Domenica ho fatto l'interessante e aerea traversata per cresta dal pizzo Campanile (Martel de Lìif) al Sasso Bodengo (Martel de Budench) e alla bocchetta detta localmente al Lavrenc, al confine tra alto Lario e val Bodengo, in una giornata esageratamente calda: un forte vento tiepido fino in vetta, dove ho dormito un'ora e mezza in calzoncini e maglietta a mezze maniche!
Il turbinio di foglie secche che volteggiavano nell'aria richiamava l'idea dell'autunno, anche se l'arrossamento dei faggi era dovuto alla siccità e non al freddo. Situazione fotograficamente molto bella, anche se sintomo dell'ennesima anomalia climatica effetto, probabilmente, del riscaldamento globale.


La parte alpinistica della gita vista dal lago Darengo.



Il ponte ad arco presso Dangri

Il ponte ad arco presso il rifugio Pianezza

Il rifugio Pianezza in una cornice tipicamente autunnale, ma in realtà figlia della siccità

In vetta al Martel de Lìif (pizzo Campanile sulle mappe). Di fronte a me la possente parete ovest del pizzo Cavregasco e in lontananza le vette di val Masino e Valmalenco.

Dettaglio della parte alpinistica della gita. Il tratto di IV-, espostissimo, può essere facilmente aggirato appoggiandosi a cenge erbose sul lato della valle del Dosso.



Mai e poi mai, vista la situazione, avrei pensato però all'arrivo di un monsone la settimana successiva...


L'Adda a Piateda alle 21 di lunedì 29 ottobre 2018.

Matteo Gianatti spiega cos'è successo:
A partire da venerdì, ma in particolare tra la sera di sabato fino a lunedì, i settori alpini e prealpini lombardi sono stati interessati da un'intensa fase di maltempo. Non la classica perturbazione autunnale, ma un evento per estensione, intensità e durata classificabile fra i più critici degli ultimi anni.
Gli accumuli di pioggia più significativi si sono verificati a ridosso dei crinali e nelle vallate orobiche, nonché nelle pedemontane prospicienti, raggiungendo i 300-400 mm in 48 ore.
La quota neve si è mantenuta quasi sempre elevata per la maggior parte dell'evento, scendendo solo temporaneamente al di sotto dei 2000 metri sulle Orobie, registrando anzi un pericoloso innalzamento fin verso i 2800 metri lunedì sera, durante la fase più critica, quando si sono registrati i massimi picchi di intensità di precipitazione.
A partire dal pomeriggio di lunedì 29 ottobre inoltre, la risalita da sud-ovest di una vasta linea temporalesca ha determinato un'intensa fase di maltempo anche in pianura, con rovesci diffusi, grandinate e raffiche di 
vento generalmente fra 50 e 70 km/h (ma picchi superiori a 100 km/h sulle pedemontane e nelle valli).

Il Mallero ad Arquino alle 22 di lunedì 29 ottobre 2018.




La mappa mostra le cause all'origine di questa inconsueta fase di maltempo: l'affondo di una massa d'aria fredda artica dai quadranti settentrionali sulla penisola iberica, e la violenta, mite risposta mediterranea. Masse d'aria tropicali, richiamate addirittura dall'entroterra algerino, fanno il pieno di umidità scorrendo sulla superficie marina, dove prendono corpo vigorose formazioni nuvolose associate a precipitazioni perlopiù temporalesche.
Al resto ci pensano le nostre care amate montagne, costituendo un enorme sbarramento naturale, dove il vapore si ammassa e le piogge raggiungono la massima intensità.
Dalla mezzanotte di sabato alla stessa ora di martedì a Sondrio sono caduti 207 mm di pioggia, che rappresentano il nuovo primato di precipitazione in 72 ore dal 1971 ad oggi, superando i 201 mm misurati nel novembre 2002.
Nel contempo, centinaia di metri più in alto, le montagne, memori di un'estate infinita che durava da aprile, di fioriture e germogli tardivi, di un autunno soltanto apparente, delle sue sfumature dal giallo al rosso dovute alla siccità, venivano letteralmente sepolte di neve: 170 cm al passo Marinelli, quasi due metri allo Stelvio, 90 cm al lago Reguzzo.






Fonte: Sat24


A giudicare dall'insieme di questi dati, sembrerebbe che i presupposti per violente esondazioni non manchino... e la violenza delle piogge del luglio 1987 riaffiora alla mente con prepotenza.

Cosa ci ha dunque salvati da una nuova alluvione?
In primo luogo, i picchi di intensità oraria non sono certo paragonabili a quelli che si raggiungono durante i più violenti temporali estivi: ciò ha evitato i pericolosi fenomeni di colata, che trascinano a valle materiale riempiendo i corsi d'acqua e, di conseguenza, creano terreno fertile per le esondazioni.
In secondo luogo, le temperature delle alte quote hanno fatto sì che i bacini siano stati interessati da precipitazioni solide, senza caricare ulteriormente i corsi d'acqua alle basse quote.



Il Mallero ad Arquino alle 22 di lunedì 29 ottobre 2018.