giovedì 30 maggio 2019

Passo di Coca (m 2645)

La testata della val d'Arigna dalle Foppe.
Un tentativo al pizzo di Scotes arenatosi a m 2750 per il pericolo di distacco valanghe, si è tramutato in una piacevole gita di scialpinismo al passo di Coca.
Compagni: la mia ombra e un forte vento da nord.
Neve generalmente dura che in salita mi ha imposto di mettere i ramponi, ma in discesa ha mollato quel che basta per fare un'ottima sciata fin nei pressi della croce Maffina, a m 1600. Quota eccezionale da raggiungere con le assi ai piedi a fine maggio!




Partenza: centrale Falk di Armisa in località ca Pizzini (m 1041).
Itinerario automobilistico: da Sondrio si prende la SS38 in direzione Tirano. Appena prima di Chiuro, in località Casacce (5 km dalla fine della tangenziale di Sondrio), si esce a dx in direzione di Arigna/Briotti. Si attraversa l'Adda e si segue la strada comunale per Arigna/Briotti fino in località Fontaniva (km 14 da Sondrio) dove c'è un trivio (tornante). Si va dritti senza fare la curva e ci si addentra in val d'Arigna per un paio di chilometri fino alla centrale di Armisa, dove si parcheggia. Itinerario sintetico: Armisa (m 1041) - baite Michelini (m 1499) - bivacco Resnati (m 1920)- bivacco Corti (m 2499) - passo di Coca (m 2649).
Tempo previsto: 5 ore per la salita.
Attrezzatura richiesta: da scialpinismo o ciaspole, kit autosoccorso in valanga, ramponi, piccozza (consigliabili) e rampanti.
Difficoltà/dislivello in salita: 3.5 su 6 / oltre 1600 metri.
Dettagli: BSA. Classica gita di scialpinismo che, data l'esposizione a N, presenta generalmente ottima neve fino a stagione avanzata. Alcuni tratti ripidi (35° tra il bivacco Resnati e il bivacco Corti).






La testata della val d'Arigna da m 1650.

Valanga sotto il bivacco Corti.
Alba sul Druet dai pressi del bivacco Corti.


Il bivacco Corti sommerso dalla neve.

Panorama dal bivacco Corti.

Al passo di Pioda. Mi sono arrestato poco sopra perchè c'erano 40 cm di neve nuova che costituivano lastroni non legati con gli stati inferiori, il che avrebbe significato tirami addosso tutta la pala dello Scotes.

Ho quindi ripiegato sul passo di Coca.

In alto la neve era decisamente invernale e ventata.

Fioritura di crochi sullo Scimur

La croce Maffina a m 1600.

Il tracciato per il bivacco Corti e per il passo di Coca visto dai pressi della croce Maffina.

Il Dente di Coca incorniciato dalle baite Michelini.

La testata della val d'Arigna da Michelini.

Fioritura di Genziana acaulis a Pradasc.


mercoledì 29 maggio 2019

Il clima che cambia

Condivido con voi gli ultimi aggiornamenti inviati dalla Redazione Nimbus

Data emissione bollettino: Mercoledì 29 Maggio 2019


La scorsa settimana: 414.74 ppm
1 anno fa: 411.44 ppm
10 anni fa: 390.53 ppm
valore preindustriale (1750) = 280 ppm


Vi invito inoltre a leggere l'articolo esplicativo che dà molto da pensare e non lascia il dubbio di equivoci:

Le emissioni antropiche di CO2 continuano ad aumentare, e secondo l'International Energy Agency nel 2018 hanno raggiunto un massimo storico di 33,1 miliardi di tonnellate da utilizzo di combustibili fossili (considerando anche le emissioni di diossido di carbonio da deforestazione e cambiamento d'uso dei suoli, nonché il rilascio di altri gas serra come metano dall'apparato digerente dei ruminanti negli allevamenti, dalle coltivazioni di riso, ecc..

... continua qui:  http://www.nimbus.it/concentrazioneCO2.htm

giovedì 16 maggio 2019

Monte Torriggia (val Cannobina)

Dicevano che sulla sponda piemontese del lago Maggiore ci fosse una valle selvaggia, amata dai tedeschi, con forre profondissime e vertiginosi ponti che permettono di raggiungere i vari piccoli nuclei spersi. Tutti tra l'altro alquanto pittoreschi. 
Beh, ci sono stato e confermo: la valle è la val Cannobina che mutua il nome dal bel paese che si trova al suo sbocco, sul lago Maggiore.
La val Cannobina comunica tramite un valico poco elevato con la più famosa val Vigezzo, tributaria della val d'Ossola.


In fucsia la parte in bici, in rosso quella a piedi. © swisstopo.ch
La turrita cresta dei Gridoni vista da Monte Vecchio in val Cannobina.



Cosa fare domani? Non ne ho idea.
È già un buon punto di partenza.
Piemonte?
Ma sì, però con anche un po' di bici che ho un tendine in fiamme e fatico a camminare troppo.
Prenderò un traghetto da Luino, quello delle 7:50 per Cannobio e si vedrà.

Scopro quel mattino che non tutti i traghetti da Luino portano le bici, o meglio il permesso viene accordato al momento dal capitano.
Mi dicono che al ritorno servirà nuovamente il permesso.
Faccio cenno che ho capito e in cuor mio spero che stasera il capitano non abbia le palle girate e non mi lasci in Piemonte a barboneggiare, anche perchè ho 25 euro nel portafoglio e non credo di avere molto potere contrattuale con gli scafisti per rientrare con metodi alternativi.
Sono da solo sul ponte della nave col vento che mi fa un'acconciatura anni '80. La mattina è splendida, come tutte le mattine che mi prendo di riposo dal lavoro e parto senza una meta.
Sbarco a Cannobio e investo alcuni dei miei preziosi euro per comprare quattro schifezze da mangiare. In cassa, la commessa mi fa il conto in tedesco.
La guardo pensando "Ca l-a dic'?". Lei mi ripete il conto con un idioma a me sconosciuto. Io la riguardo sbigottito e aggiungo: «Ho tutta la buona volontà di pagarti, ma se mi dici l'importo in tedesco proprio non lo capisco!»
Lei sorride e mi spiega che quelli con lo zaino e la bici qui sono solo tedeschi.
Imbocco la provinciale della val Cannobina e inizio a entrarvi. Dopo pochi chilometri con una breve deviazione vado a visitare l'orrido e l'antica chiesa di Sant'Anna. Ai piedi del ponte ad arco accanto all'edificio sacro c'è una grande pozza di acqua smeraldina. Che tentazione di farci il bagno. Peccato che sono ancora col piumino perchè sebbene sia metà maggio, fa un freddo cane.
La strada sale decisa per un po', quindi torna a penetrare nella valle senza grosse pendenze. Il torrente è oltre cento metri sotto di me rinserrato in un'angusta forra. 
Sull'altra sponda della valle, e chissà come diamine ci si arriva, sono aggrappati vari nuclei di case. La vegetazione è rigogliosissima e rende ancor più selvaggio il paesaggio.
Ad un certo punto,  in località Il Ponte, sulla dx dalla provinciale si stacca la strada per Cavaglio San Donnino che attraversa la fondissima forra con un ponte altissimo, tanto impressionante che l'abuso di superlativo assoluto non è inopportuno, ma giustissimo! 
Continuo a pedalare dentro per la valle che dopo Lunecco piega a dx e si fa cupa. Quindi un ponte, poi un altro e il bivio per Spoccia (m 798), direzione che seguo. Una salita ripidissima mi porta in quel paese che pare un eremo, abbarbicato su un terrazzo solivo.
La meta possibile è ora chiara. Un Limidario fatto per i Gridoni, ovvero le possenti torri rocciose della su cresta occidentale. Tra tutto 1800 di dislivello contando i su e giù. Il mio tendine può farcela.
Lego la bici, torno indietro per la strada e prendo il sentiero per Orasso che entra in una vallecola eletta al regno delle zecche.
Ce ne sono ovunque e continuo a ucciderne e levarne dai pantaloni. Animalacci.
Mi fermo a osservare i fili d'erba e noto che su moltissimi ci sono già zecche in agguato, così proseguo saltando di masso in masso evitando ogni cespo d'erba.
Un bel ponticello e risalgo il versante opposto fino al pittoresco nucleo di Orasso (m 703): casette e intimi vicoletti che disegnano una trama simile alla ragnatela d'un ragno. A monte delle case parte una singolare mulattiera selciata che prende velocemente quota fino al maggengo di Monte Vecchio. Poche case e un rifugio. Oggi non c'è in giro anima viva.
Dietro il palco delle cime degli abeti appaiono all'improvviso come un miraggio I Gridoni. Delle torri poderose di roccia scura (saranno alte 500 metri buoni). Chissà come sarà attraversarle.
Intanto seguito a salire sul sentiero più stretto verso N per boschi fino a rimontare la cresta OSO del monte Torriggia (m 1703) a pochi minuti dalla vetta, che salgo svelto per godermi il panorama e capire dove si passa per I Gridoni.
Seduto accanto alla croce di vetta studio il percorso che dev'essere per cresta, ma poi le nebbie nascondono tutto.
M'incammino. Un'ora buona per arrivare dove iniziano quei torrioni, ma direttamente non si passa. Il sentiero li aggira da N, ma anche lì non si passa per la troppa neve flaccida, così torno indietro un po' per la cresta fino a beccare una cengia che taglia il vertiginoso fianco S di quelle pareti. La percorro per una mezz'ora, poi salgo ad una specie di colletto arrampicando (III) tra rocce non troppo sane e pericoli vari, tra cui un marasso che mi contende l'appiglio per la mano.
Sia lui che la presa non piccoli, per cui non lo vedo subito, ma sento solo un rantolare disperato. Mi guardo in giro cercando un qualche aereo nel cielo ma non ce ne sono. Poi mi volto ancora verso la parete dove vedo il serpentello color carne e dalla testa triangolare che soffia come un ossesso e si carica all'indietro per attaccare.
Maledizione. Dietrofront e cerco un'altra strada. Aggirato il rettile, scalato un canalino, giungo a una selletta in mezzo alla parete. È un punto cieco. Dovrei arrampicare verso la cresta subito, ma sono le 15:20 e l'ultimo traghetto è alle 19. Il mio tempo è scaduto e devo tornare indietro perchè di arrivare al Limidario e da lì scendere direttamente a Spoccia non se ne parla.
Disarrampico fino alla cengia e rientro correndo, questa volta evitando la vetta del Torriggia (la aggiro da N passando per l'alpe Pulonia), e giù a manetta. Alle 17:15 sono a Orasso. Quindi rifaccio il sentiero delle zecce, ora popolato da anziani tedeschi che passeggiano e siedono talora sul ciglio erboso della mulattiera a legger libri. Chissà stasera che prudere di zecche!
Spero che gli ematofagi siano già tutti attaccati ai  pantaloni teutonici, e non ce ne siano sui miei, ma non è così. A Spoccia me ne levo ancora 4 dalle braghe che nell'escursione pedestre ho quasi sempre tenuto prudentemente lunghe.
Bevo alla fontana e mi butto in picchiata con la bici giù per la val Cannobina, 18 km e mezzo di pedalata, arrivando con ben 15 minuti d'anticipo al porto, dove in biglietteria mi comunicano che il capitano ha dato l'ok per la mia bici. Sospiro di sollievo.
«Oh, un attimo di tregua per mangiare», mi dico e mi apparto su una panchina in riva al lago. Ma ecco che un qualcosa proveniente da dietro mi si appoggia alla spalla e poi mi si infila nella borsa del cibo. Mi spavento. Poi constato che sono il collo e la testa di un cigno accattone che prepotentemente mi invita a dividere con lui lo spuntino. Non volendo esser beccato da quelle fauci taglienti, mi piego alla sua arroganza e gli passo cioccolato e gallette, ma i biscotti me li tengo tutti per me, come del resto il formaggio di capra.
Finalmente arriva il traghetto. Il mio amico pennuto, che mi si dev'essere affezionato, accenna  a seguirmi. «Prepotentone, mica ti adotto!» gli urlo, e lui torna scornato a fare bullismo con quattro piccioni che stavano raccogliendo le briciole del suo pasto.





Sul traghetto Luino-Cannobio.

Il castello di Cannero. È stato acquistato da un abbiente uomo straniero che l'avrebbe voluto ristrutturare, poi la sovrintendenza ha bloccato tutto e da parecchio tempo quella brutta gru gialla campeggia sopra il castello a testimoniare lo stallo dei lavori.

Cannobio, sovrastato dal monte Giove e dal monte Faierone, anticime meridionali del Limidario.

La chiesa di Sant'Anna.

Monte Vecchio.

I Gridoni dal monte Torriggia.

Le prime torri dei Gridoni.

Alpe Pulonia.

Orasso.

Spoccia dalla provinciale della val Cannobina.



lunedì 6 maggio 2019

Blinnenhorn o Corno Cieco (m 3374)

Il Blinnenhorn visto dal ghiacciaio di Gries.
 Parcheggio a All'Acqua, dove una sbarra chiude la strada per il passo della Novena, inagibile per la gran quantità di neve ancora presente e che abitualmente viene aperta solo a Giugno.

- Ebbene, principe, Genova e Lucca son divenute appannaggio della famiglia Bonaparte. No, vi prevengo, se mi direte ancora che non avremo la guerra, se vi permetterete di assumere le difese di tutte le turpitudini, di tutti gli orrori perpetrati da quell’Anticristo, - chè per tale lo tengo, in fede mia! - non vi guarderò più in viso, non vi avrò più per amico, non sarete più, secondo voi dite, il mio schiavo fedele. Orsù, sedete: vedo che vi ho spaventato a dovere: sedete e raccontate. 
Così parlava nel Luglio 1805 Anna Scherer, damigella di onore ed intima della imperatrice Maria Feodòrovna...


Così inizia Guerra e Pace, il romanzo lungo per antonomasia, che mi seguirà in questa chilometrica ascensione. So infatti che raggiungere da qui il Blinnenhorn, cioè il Corno Cieco, la più alta vetta della val Formazza, è una maratona che richiede il giusto accompagnamento letterario.
Al solito la campagna per l'arruolamento di aitanti giovani gitanti è andata deserta, pur avendo esteso la categoria dei giovani fino ad annoverare i sessantenni.


© swisstopo.ch

Partenza: All'Acqua (m 1614).

Accesso:da Lugano si segua la A2 verso il passo del San Gottardo fino ad Airolo (86 km). Qui si esce e si percorre la val Bedretto per 11 km, fino alla località All'Acqua, cioè fin dove la strada per il passo della Novena viene abitualmente pulita. Vi è un piccolo spiazzo dove parcheggiare appena prima della sbarra che chiude la strada. Da Lugano occorre circa 1 ora e un quarto d'auto.

Itinerario sintetico: All'Acqua (m 1614) - capanna Corno Gries (m 2338) - passo del Corno (m 2485) - Griessee (m 2386) - Blinnenhorn o Corno Cieco (m 3374).

Tempo di percorrenza: circa 7 ore la salita. Calcolarne 3 per il rientro, molto variabili a seconda dell'innevamento.

Attrezzatura richiesta: da scialpinismo, kit autosoccorso in valanga, ramponi e piccozza. Utili i rampanti. D'ordinanza si dovrebbero avere corda e imbraco sul ghiacciaio.

Difficoltà: 4 su 6 (la semplicità della gita è contrastata dal suo sviluppo).

Dislivello: circa 2000 m, sviluppo notevole.

Dettagli: BSA. Gita lunghissima, senza particolari difficoltà. Breve tratto a 35° per la vetta, per il resto pendenze miti. Attenzione sul Griesgletscher, apparentemente innocuo, ma chi lo ha visto d'estate sa che è una distesa di crepacci.

Mappe:
- CNS.


Arrivare in val Bedretto da Lugano richiede 1 ora e 15 minuti d'auto. Davvero svelto. 

Giungo a All'Acqua, qualche chilometro a sera di Bedretto e lascio la macchina nel piccolo spiazzo che precede la sbarra: la strada per il passo della Novena è infatti chiusa al traffico fino a giugno.
Sono a m 1600 e c'è già tanta neve.
Un' auto targata Berna ospita due sciapinisti dormienti. Gli sci e gli scarponi sono ordinatamente raggruppati sotto il veicolo. Poi arriva un'altra auto mentre io sono indaffarato a preparare lo zaino. Dopo poco mi si avvicina il conducete e mi confessa di essere un abbonato de Le Montagne Divertenti. Che coincidenza! Lui è di Como. La val Bedretto da Como è molto più vicina della Valtellina, dove lui ha casa a Teglio.
Quando gli dico che voglio andare sul Blinnenhorn non accenna nemmeno a volermi accompagnare, anzi mi ribadisce quanto sia lunga e come convenga aspettare l'apertura della strada fino al passo. Io ho qui la cartina e ho contato 20 quadretti. Mi pare fattibile e non mi lascio scoraggiare. Poi aggiungo, quasi a giustificarmi per esser in procinto di compiere una gita illogica: «Almeno col passo della Novena chiuso non c'è in giro nessuno!»
Ci salutiamo cordialmente e mi avvio a O a bordo strada. Un po' vado con gli sci in spalla, ma poi mi rompo e li metto ai piedi. Mi superano due veicoli di operai svizzeri che  stanno andando a pulire la strada. 
Finito questo primo ripiano della valle, due tornanti di strada, che puntualmente taglio a costo di incengiarmi sopra un alto muraglione, portano al successivo ripiano a m 1900. Mi consolo nel vedere che la pendenza è poca, ma non nulla: in discesa non dovrò spingermi.
Fa un freddo maiale. Dinanzi a me la lunga dorsale del Nufenenstock fa da diaframma e divide in due la valle. A dx si va al passo della Novena, a sx in val Corno.
Il vento si fa terribile. Metto addosso tutti i vestiti, moffole di lana e copriguanti, ma comincio a dubitare della riuscita della gita: in alto c'è un compatto tappo di nubi, segno dell'incazzatura di Eolo.
Fregandomene che non si vede niente, prendo a sx e salgo in val Corno, mentre gli operai sono in basso con le frese a liberare la strada. O almeno ci stanno provando anche se i risultati stentano a vedersi.
 300 metri di dislivello su neve bellissima e il vento magicamente si placa e le nuvole si sciolgono. Sono un po' tramortito dall'uragano, ma mi tolgo la giacca e mi godo il sole per un attimo, seduto davanti alla capanna Corno Gries (m 2338, ore 2)
La pausa non è tanto per riposare, ma perchè mi si è fatto ghiaccio tra le pelli e gli sci e continuo a perderle. Fesso che ho usato quelle senza colla, che so avere questo difetto, ma mai avrei pensato sarebbe stato tanto freddo. A maggio!
Per fortuna il sole picchia forte e scioglie il ghiaccio, consentendomi di rimettere le pelli e avviarmi per la lunga valle che con pendenza impercettibile sale al passo del Corno (m 2485, ore 0:30). 
Al passo prendo uno spavento: sulla dx sbucano all'orizzonte le enormi gambe di quel che di primo acchito mi pare un gigantesco ragno di metallo che corre verso di me. Mi sale il cuore in gola: che cretino che sono. Aver dormito solo 1 ora stanotte mi dà le allucinazioni. Quelle cose di metallo altro non sono che le pale eoliche sopra la diga di Gries.
Di fronte a me c'è il grande ghiacciaio di Gries, circondato da varie cime poco appariscenti da questa distanza. La maggiore è il Blinnenhorn, il mio obiettivo. Sulla sx, ai piedi della bella cima triangolare della punta dei Camosci c'è la larga sella del passo di Gries, il più agevole valico per la val Formazza.
Sceso al lago (m 2350), che in questa stagione è in secca come dimostra l'alto muraglio scoperto, ripello e dopo più di due chilometri su pendenze ridicole, piego a sx e salgo una rampa del ghiacciaio che spiano solo verso i m 3000. Sulla dx iniziano a far capolino i 4000 del Vallese, capeggiati dall'acuminato Finsterararhorn. Alla mia dx il Rothorn, ovvero il corno Rosso, come chiaro dal colore delle sue rocce. 
Fa molto molto freddo e il vento torna a infastidire. Ci saranno 10 gradi sotto zero e la pausa pranzo è necessariamente veloce.
Mi infilo quindi a sx nella larga sella pianeggiante tra il Rothorn e il Blinnenhorn, che in val Formazza è detta gran sella del Gries. Così facendo mi porto a S del Blinnenhorn, a cui accederò da questo versante prima per un pendio, poi per la cresta SO.
Una volta capita la traiettoria migliore, mentre il vento fa sparire ogni traccia del mio passaggio, gli occhi mi si chiudono e mi rannicchio per terra per recuperare un po' di sonno. Crollo letteralmente abbracciato allo zaino e mi faccio un'ora di penichella in una situazione di rara scomodità.
Uscito dal provvidenziale letargo, taglio il pendio, guadagno la cresta, dove devo mettere i ramponi per giungere in vetta dato che il vento ha fatto ghiacciare l'ultima rampa.
Una croce di legno che ne riporta il nome, sancisce che questa è la vetta del Blinnenhorn (m 3374, ore 4). Il punto culminante, da cui apprezzare anche il ghiacciaio di Gries, è appena più a E.
Attorno a me cime a predita d'occhio, da quelle più note della val Formazza, all'Aletschorn salito l'anno scorso, agli altri famosi 4000 del vallese, a montagne di cui ignoravo fino ad ora l'esistenza.


Me la prenderei con calma, tanto devo partire non prima delle 6 da All'Aqua se voglio schivare il traffico dei frontalieri, ma il vento non è del mio stesso parere e mi caccia.
La discesa è bella, una bella sciata, seppur del tutto banale e a tratti talmente poco ripida da impedire di disegnare serpentine. Pena il doversi spingere.
Il rientro, che implica una ripellata dal lago al passo del Corno dura complessivamente tre orette. Gli operai se ne sono già andati, anche lo sciapinista comasco, mentre i due dormitori sono ancora via con gli sci. 

- È un soggetto nervoso e bilioso, - disse Larrey.
- Non guarirà.
Il principe Andrea, insieme con gli altri feriti incurabili, fu abbandonato alle cure degli abitanti.

Recita intanto Guerra e pace. Siamo nemmeno a un quarto del libro! Questo è la prova che  la gita è stata sì lunga, ma si può fare di meglio.
Così, dopo 10 ore che non vedo anima viva, mi rimetto in macchina, sfilando contromano rispetto alla chilometrica colonna di camion e auto che attendono il loro turno per accedere al tunnel del San Gottardo.


Salendo in val Corno, sguardo verso E.

La capanna Corno Gries

Dai pressi del passo del Corno, la vedretta di Gries e il tracciato per il Blinnenhorn

Lo sbarramento del lago di Gries e le pale eloliche nei suoi pressi.

A m 3100 sul ghiacciaio di Gries.

La linea di salita al Blinnenhorn vista dai pressi della gran sella del Gries.

Panorama sulla gran sella del Gries.

Panorama dalla vetta del Blinenhorn.

L'aguzzo prospiciente Finsterarhorn.

In vetta tengo ben stretti gli sci perchè non me li porti via il vento!

Ultimo sguardo sul Blinnenhorn.

Rietro al passo del Corno.

La capanna Corno Gries dall'alto. Al ritorno ho infatti ripellato salendo un po' più in alto del passo del Corno in direzione del Corno di Gries, così da poter star alto in dx orografica e non dovermi spingere nel percorrere in tratto pianeggiante della valle del Corno.

Neve stupenda a m 2200.

Quanta neve a m 2000, tanta da sommergere le baite di Cruina.







giovedì 2 maggio 2019

Il giro dei Ponti in val Tartano

Il giro dei Ponti è un percorso ad anello con partenza da Campo che si snoda tra le due sponde della bassa val Tartano attraversando ben 5 ponti, da cui l'appellativo di "Sentiero dei Ponti".
Da un lato il tracciato costituisce un valido complemento escursionistico al Ponte nel Cielo, panoramicissima quanto imponente passerella tibetana inaugurata nel 2018 e meta di massiccio pellegrinaggio turistico. Dall'altro è l'occasione per transitare per il ponte e la galleria risalenti agli anni '30 che, consentendo ad una carrareccia di valicare l'impervia forra terminale della val Vicima, ruppero finalmente lo storico isolamento tra Tartano e la Valtellina.
Eccovi alcune foto e lo schema dell'itinerario che troverete con altre magnifiche immagini nel n.49 - Estate 2019 de LMD, in uscita il 21 giugno.


Alla biglietteria del Ponte nel Cielo.

Ponte nel Cielo: sguardo verso Frasnìi.

Ponte nel Cielo: sguardo verso Campo.

Fioriture a Frasnìi.
  
Il ponte della Pescia.

Masunascia.

La baita della famiglia Bianchini a Masunascia.

Scendendo dal Fopp.

L'acqua della Ram, fonte ferruginosa.

La baita della Corna.

Singolare abete Rosso non lontano da Corna.

Il ponte della Corna.

Il vecchio ponte e il cavalcavia della Vicima.

Sul vecchio ponte della Vicima verso la galleria scavata negli anni '30.

Finestra nella galleria.