domenica 28 dicembre 2014

Cima di Venina (m 2624) e monte Masoni (m 2660)

Questa gita, che tocca le modeste vette della cima di Venina e del monte Masoni, è più interessante dal punto di vista esplorativo che sciistico, in quanto la val Venina mal si presta allo scialpinismo per i lunghi pianori e il laborioso accesso al lago di Venina.
Neve poca, pochissima; i 30 cm di polvere sottile caduti ieri non han certo fatto il fondo, ma solo contribuito a nascondere i sassi che eran lì pronti a rigarci gli sci.
Per di più il vento tempestoso ci ha messo lo zampino con raffiche fortissime che ci hanno mezzo congelati.

Gli ultimi metri  per la cima di Venina in mezzo alla tormenta.



In verde il tracciato della gita di oggi.
Partenza: bivio sopra Vedello (m 1050 ca.). 
Itinerario automobilistico: alla fine della tangenziale di Sondrio (direzione Tirano), prima del passaggio a livello si svolta a dx e si segue la strada provinciale fino a Busteggia. 100 metri oltre l'ex canile (semaforo) si prende la stradina sulla dx che sale a Pam per poi ricongiungersi all'arteria principale per Piateda Alta. Dopo circa 7 km da Sondrio si è al bivio in località Mon. Si segue sulla dx la carrozzabile che si inoltra in val Vedello fino alla centrale di Vedello (m 1000, 6 km).  Si continua sulla strada sterrata e, meno di un km oltre la centrale, si giunge al tornante dove c'è il bivio Ambria-Agneda. Si parcheggia nei pressi del tornante.
Itinerario sintetico: bivio sopra Vedello (m 1050 ca.) - Ambria (m 1325) - lago di Venina (m 1820) - baita dei Maghi (m 1900) - cima di Venina (m 2624) per la cresta N - monte Masoni (m 2660)
Tempo previsto: 6 ore per la salita - la discesa è comunque lunga per i molti piani e i tratti non percorribili con gli sci. 
Attrezzatura richiesta: da scialpinismo, kit antivalanga, ramponi, piccozza e casco.
Difficoltà/dislivello: 3+ su 6 / 1723 m.
Dettagli: BSA. Pendii fino a 45° e 3 metri quasi verticali affrontati solo in salita. Sviluppo lunghissimo.

MappeKompass n.104 - Foppolo - Valle Seriana, 1:50000


Bivio Ambria-Agneda. 10 tornanti e la strada spiana, si attraversa il torrente e si ultimano i 2,5 km che portano dal bivio ad Ambria.
La strada è coperta da 30 cm di fuffa, neve inconsistente che non fa fondo. Se provassimo a sciarla in discesa distruggeremmo gli sci, ma in salita con le pelli si va su lo stesso.
Oggi era in programma il pizzo del Diavolo di Tenda, ma non ci sono le condizioni così rinunciamo. Siamo solo io e il Caspoc'.
Da Ambria prendiamo il sentiero che s'alza in val Venina (dx). Il fondo è gelato e i sassi sono scivolosissimi. Tratti con gli sci e tratti camminando, ci addentriamo nella valle. Non si sta in piedi anche per le frequenti lastre di ghiaccio.
La valle diviene sempre più angusta e cupa. Il torrente pare fregarsene dei quasi 10 gradi sotto lo zero e scorre rumoroso nel suo alveo incassato tra alte pareti rocciose.
Arriviamo al margine orientale del coronamento della diga di Venina (m 1820, ore 2:30). Qui è la casa dei guardiani. Le luci sono accese.
Costeggiamo il lago dalla sua riva E. Quant'è lungo?
Gelo e onde si contendono la superficie dell'acqua.
Se il lago è interminabile, il resto della val Venina lo è ancor di più.
La percorriamo tutta fino in fondo, su neve scivolosissima e incalzati dal vento sempre più forte.
La monotinia del percorso è interrotta dalla sola baita dei Maghi che, nonostante si stia disgregando, ancor trasuda le fatiche fatte per impilare quelle pietre talvolta pesantissime che ne costituiscono muri e stipiti delle porte.
Ai piedi del passo di Venina pieghiamo a dx e saliamo un valloncello con grossi accumuli nevosi.
Speriamo non si stacchi nulla. Giungiamo a una conca chiusa tra due cime. Quale sarà la cima di Venina?
La più alta parrebbe il dossone di dx, ma forse è solo la voglia di stare un po' al sole che ce lo fa salire. La cima di Venina (m 2624, ore 5:30) è invece a S, poco dietro ad una bella piramide di neve, sulla dorsale che divide le province di Sondrio e Bergamo.
Vi arriviamo per la cresta N  (spartiacque tra val Venina e vale del Livrio - tratti fino a 45° e gli ultimi 3 metri verticali per scavalcare la cornice), quindi piegando sulla larga dorsale verso O.
Un ometto di sassi indica la vetta. Il vento è incessante e sempre più forte. Le raffiche paiono volerci portare via. -15°/-20°. San Piumino e Santa Maschera da Sci mi proteggono.
Nonostante ciò (è ancora presto) decidiamo di raggiungere a piedi per la banale dorsale (O) la arrotondata sommità del monte Masoni (m 2660, ore 0:30), da cui si ha una bella vista sulla pala N del Corno Stella e sulle Orobie Occidentali, mentre dalla cima di Venina ciò che più attir l'attenzione sono le sagome di monte Aga, che da questa prospettiva pare un vulcano spento, e del severo pizzo del Diavolo di Tenda che per fortuna non abbiamo tentato oggi.
Tornati alla cima di Venina leviamo le pelli e ci prepariamo alla discesa, ma il vento ci soffia indietro obbligandoci a spingerci anche in giù!
Ci abbassiamo sullo spartiacque provinciale fino a un ometto di pietra, quindi giù a N per una ripida costola.
Si è scatenato l'uragano e i cristalli di ghiaccio sembrano volermi tagliare la faccia. Dobbiamo mantenere le distanze per evitare che il ghiaccio scalfito dalle lame dell'uno flagelli l'altro.
100 metri sotto cresta e la situazione torna tranquilla, ma anneghiamo negli accumuli e dove la pendenza non è sostenuta siamo costretti a spingerci.
La visibilità è pressochè nulla e quando si finisce contro un accumulo ci si impunta e si rischia di saltar fuori dagli scarponi.
Le tracce di salita sono in molti tratti già state ricoperte.
Poco prima del lago lasciamo le solette degli sci su rocce nascoste. Maledizione! Decidiamo di levarli e finire la giornata a piedi giù per sentieri ghiacciati e scivolosi.
La gara di cadute finisce con un pareggio che non permette a nessuno dei due di farsi pagare la birra dall'altro.

Valle e cima di Venina dal Meriggio nell'ottobre 2013.
Lago di Venina. -10°C, ma il ghiaccio ancora latita. Neve poca e inconsistente, fino a m 2100 si fatica a sciare.
Verso la baita dei Maghi.
Salendo al dossone di quota m 2550. Sullo sfondo Cigola, Omo, Aga, Diavolo, Poris e Grabiasca. Valanghe e vento hanno scoperto molti pendii.
Cima di Venina. Il nostro percorso di salita lungo la cresta N. 
L'uscita della cresta N.
Verso la vetta.
Bufera.
In vetta al monte Masoni.
Brezza orobica.
La dorsale che dal monte Masoni porta alla cima di Venina.
Il Diavolo di Tenda e un povero diavolo in mezzo alla tormenta.
Tramonto sul lago di Venina.


venerdì 26 dicembre 2014

Pizzo dell'Omo (m 2773)


Il pizzo dell'Omo e il vallone dell'Omo, valle sospesa individuata dalle creste occidentali che si staccano dalle due elevazioni della montagna (foto aprile 2014 dal monte Aga).

Dal pizzo del Diavolo di Tenda si protende verso N una lunga dorsale che limita a oriente la val d'Ambria. La prima vetta che si incontra è il pizzo dell'Omo, cima bifida fatta da due quote di cui la maggiore, quella più settentrionale, misura m 2773 ed è ben visibile dai pressi di Ambria. Da quell'angolazione la montagna si presenta rocciosa e severa, apparentemente inaccessibile, quando il suo versante opposto offre un bellissimo itinerario di scialpinismo.
Questo è riservato agli scialpinisti più preparati perchè presenta pendenze fino a 45 ° (un breve tratto) e uno sviluppo di oltre 10 km.





Partenza: bivio sopra Vedello (m 1050 ca.). 
Itinerario automobilistico: alla fine della tangenziale di Sondrio (direzione Tirano), prima del passaggio a livello si svolta a dx e si segue la strada provinciale fino a Busteggia. 100 metri oltre l'ex canile (semaforo) si prende la stradina sulla dx che sale a Pam per poi ricongiungersi all'arteria principale per Piateda Alta. Dopo circa 7 km da Sondrio si è al bivio in località Mon. Si segue sulla dx la carrozzabile che si inoltra in val Vedello fino alla centrale di Vedello (m 1000, 6 km).  Si continua sulla strada sterrata e, meno di un km oltre la centrale, si giunge al tornante dove c'è il bivio Ambria-Agneda. Si parcheggia nei pressi del tornante.
Itinerario sintetico: bivio sopra Vedello (m 1050 ca.) - Ambria (m 1325) - lago Zappello - baite Dossello (m 1593) -  pizzo dell'Omo (m 2773)
Tempo previsto: 5-6 ore per la salita. 
Attrezzatura richiesta: da scialpinismo, kit antivalanga, ramponi, piccozza e casco.
Difficoltà/dislivello: 4 su 6 / 1723 m.
Dettagli: OSA. Pendii fino a 45° (dal vallone del Diavolo a quello dell'Omo - tratto esposto).

MappeKompass n.104 - Foppolo - Valle Seriana, 1:50000

10 tornanti dal bivio Ambria-Agneda (m 1050) permettono di superare il gradino sopra la centrale di Vedello, al che la strada a transito limitato si fa meno ripida, attraversa il torrente e giunge dopo circa 2,5 km al paesino di Ambria.
L'ossario settecentesco accanto alla chiesa è stato imbracato per impedirne il crollo.
Neve: neppure l'ombra. Incurante del freddo, c'è gente in giro per il borgo.
Ad Ambria la val Venina si biforca: val d'Ambria a sx e val Venina a dx. Prendiamo a sx, quando già in fondo alla vallata s'erge la rocciosa mole del pizzo dell'Omo.
Oltre la ex centrale di Zapello, che mescola le acque della diga di Scais e di quella di Venina, il solco man mano si apre finché approdiamo alla grande spianata dove nei periodi piovosi giace il lago di Zapello (m 1500, ore 1:45).
Oggi è prosciugato, ma nella piana che ha lasciato individuiamo una striscia di neve ghiacciata tra pascoli e pietraie che ci permette di calzare subito le assi e qui lasciare le nostre scarpe da ginnastica.
Insistiamo verso S fino alle baite Dossello (m 1593), da cui in testa alla valle.
Ai piedi dei contrafforti rocciosi dei pizzi Aga e Rondenino pieghiamo a sx (SE) e entriamo nel vallone compreso tra le creste occidentali del pizzo dell'Omo e del pizzo del Diavolo di Tenda che per comodità di notazione indico come vallone del Diavolo.
Qui le pendenze crescono e per fortuna anche lo spessore del manto nevoso. Dai m 2100 in su si prospetta una splendida sciata.
Con numerose inversioni su pendii sostenuti, guadagniamo dislivello all'ombra delle scure pareti che cingono la valle.
A circa m 2500 incontriamo il cordolo morenico del ghiacciaio del Diavolo. Poco più su, sulla dx, ha inizio la cengia inclinata per la bocchetta di Podavit.
Noi andiamo dalla parte opposta e ci alziamo ancora di un po', fino ai piedi del canale-pendio che culmina allo stretto intaglio compreso tra la cima meridionale del pizzo dell'Omo (m 2758) e un acuto roccione che ne forma l'anticima meridionale.
Levati gli sci, picca e ramponi ci inerpichiamo su per il pendio che arriva fino a 45°. La neve è cartonata e permette una sicura progressione. Il Caspoc', nonostante non abbia con sé né picca né ramponi, è davanti a batter traccia e agevola il compito di noi 4 pellegrini che lo seguiamo.
In cima al canale c'è uno stretto traverso verso sx  sotto la parete e sopra un salto di rocce: sarà il punto più pericoloso della discesa e non tutti se la sentiranno di affrontarlo con gli sci.
Alla breccia finisce ogni preoccupazione: benché il vento freddo ci infastidisca un po', la visione del vallone sospeso dell'Omo che, senza alcuna difficoltà, conduce in vetta ci ridà energie.
Chi con gli sci ai piedi, chi con gli sci nello zaino (a seconda degli ordini di scuderia) pianeggiamo verso N, quindi affrontiamo gli ultimi 100 metri di dislivello di neve indurita che ci regalano la panoramica sommità del pizzo dell'Omo (m 2773, ore 3:45). Guardando indietro svetta l'impressionante piramide del pizzo del Diavolo di Tenda, mentre lontano a N c'è il gruppo del Bernina flagellato dalla bufera.
Rapida merenda e giù prima di congelare.
Gran bella sciata e inaspettatamente riusciamo a scivolare con le assi fino in fondo al lago Zapello dove abbiamo parcheggiato le scarpe.

Vista primaverile della val d'Ambria. A sx il pizzo dell'Omo.
Lago Zapello e val d'Ambria nell'aprile 2014. Indicata la traccia per il vallone del Diavolo.
All'imbocco del vallone del Diavolo.
Verso la breccia che porta dal vallone del Diavolo a quello dell'Omo.
Verso la breccia che porta dal vallone del Diavolo a quello dell'Omo.

Nel canale per la breccia.
Verso la breccia.
Sguardo verso il basso.
Il traverso per la breccia.
La vetta del pizzo dell'Omo dalla breccia.
Dalla breccia si traversa in piano per entrare nel vallone dell'Omo.
Dalla breccia si traversa in piano per entrare nel vallone dell'Omo.
Sull'ultima rampa per la vetta, sullo sfondo il Diavolo di Tenda.
Il Diavolo di Tenda dai pressi della vetta.
In vetta al pizzo dell'Omo.
Inizia la discesa!
Giù per il ripido canalone ai piedi della breccia.


lunedì 22 dicembre 2014

Monte Torena (m 2911) - parete N


La malga e il monte Torena, col tracciato lungo la parete N.
Il monte Torena è la vetta regina della val Belviso, sia per altezza che per bellezza delle sue linee. Sciisticamente parlando, il suo versante più affascinante è quello N, dove si svolge un itinerario neppure troppo impegnativo che dai m 2073 del lago Verde porta ai m 2911 della sommità.
Le difficoltà del tracciato si concentrano in 3 ripide rampe lunghe un centinaio di metri: una appena sopra il lago (40°), una poco dopo la metà della parete (40°) e, infine, un'ultima che, dopo essersi ristretta e configurata a canale, sbuca in cresta (>45°) a pochi metri dalla vetta principale.
Occorre prestare molta attenzione perchè la parete è soggetta al distacco di valanghe e cornici. Le pendenze, benché mai estreme, richiedono buona tecnica. Tenete inoltre conto che il versante, perlomeno in inverno, è quasi sempre in ombra con la conseguente scarsa visibilità.



Partenza: palazzina Falck (m 1381).
Itinerario automobilistico: dall'Aprica prendere in discesa la SS 39 in direzione Tresenda. Al bivio per Liscedo (2 km) virare di quasi 180° a sx e, una volta giunti al ponte di Ganda presso la centrale elettrica omonima (1 km), dopo un tornantino svoltare a sx per la val Belviso. La strada è in terra battuta e risale con pendenza limitata la valle fino a Baite San Paolo e al rifugio Cristina. Qui si fa un po’ più ripida e, con alcuni tornanti, giunge alla palazzina Falck (ca. 7 km), appena prima della quale inizia il sentiero. Parcheggio in loco a lato della carrabile.
Itinerario sintetico: palazzina Falck (m 1381) - malga Fraitina (m 1698) - Aial di Fior (m 1910) - lago Nero (m 2036) - malga Torena (m 2054) - lago Verde (m 2073) - monte Torena (m 2911) per la parete N.
Tempo previsto: 5 ore e mezza  per la salita.
Attrezzatura richiesta: da scialpinismo, kit antivalanga, piccozza e ramponi.
Difficoltà/dislivello in salita: 4.5 su 6 / 1530 m.
Dettagli: OSA. Pendenze fino a 45°, probabilmente maggiori negli ultimi metri prima della cresta. Pericolo valanghe e distacco cornici.

Mappe consigliate:
Carta Escursionistica GUIDA AI SENTIERI DI APRICA E DINTORNI, 1:30.000, in vendita unitamente alla Guida nei negozi e alberghi di Aprica e dintorni;
Kompass n. 94, Édolo-Aprica, 1:50.000 (poco aggiornata).

In auto arrivo a ponte Frera. Strada pulita. Non fa freddo e alle 7:45 c'è già luce a sufficienza per incamminarsi. Sono solo e con un pesante fardello sulle spalle. 
Prendo la carrozzabile per la malga Fraitina e l'Aial dei Fior. Salgo i tornanti sci in spalla perdendo di continuo il conto di quanti ne ho percorsi. Un'alba appena colorata tinteggia il fondo della val Belviso, poi una luce fortissima s'impadronisce di tutte le cime che debolmente si specchiano sulla plumbea superficie del lago.
Poco sotto l'Aial dei Fior, ma solo nelle zone riparate, calpesto 20 cm di neve che mi riempiono le scarpe da ginnastica.
All'Aial dei Fior parcheggio le scarpe - tanto nessuno passerà di qui. Metto gli sci e, strisciando le pelli un po' sul prato, un po' sui sassi del sentiero e solo di rado sulla neve, mi trascino al lago Nero. Qui ci sono circa 35 cm di neve, ma senza fondo. Il lago è gelato e una esile traccia di un qualche animale di piccola stazza diretto all'isoltetta centrale ne ha rigato la superficie, disegnando una sorta di lancetta dell'orologio che, per me che guardo da N, segna le ore 9.
La parete N del Torena domina questa tranquilla conca. Scavalcata la malga col suo stallone, sono presto nel letto asciutto del lago Verde (m 2073, ore 2:30), quindi alla base del versante.
La neve ora è molta. Irregolare: a tratti polverosa, a tratti crostosa, a tratti gelata.
Non si vede nulla a causa della luce ovattata. Inversione dopo inversione mi porto a SO e dopo una ripida rampa all'apice di grossi depositi valanghivi, giungo ad una specie di valletta meno ripida. Qui piego a S, poi nuovamente a SO fino ad una seconda rampa. Sopra la mia testa c'è la cresta che unisce le due cime del Torena e che è orlata da grosse cornici aggettanti.
Il vento soffia irregolare e fastidioso.
Piego a sx e, oltre il tratto ripido, approdo in una specie di catino ai piedi della vetta.
Oggi battere è faticosissimo, anche perchè continuo a perdere una pelle.
Il pendio si restringe in alto e un canalino che s'alza da dx a sx pare guadagnare la cresta in una zona dove la cornice è valicabile senza numeri da circo.
Questa è la mia strada. Levo gli sci e proseguo a piedi dove le pendenze superano i 40°; questo specialmente per non sollecitare troppo i lastroni da vento che coprono il fondo del colatoio.
Alla mia dx ci sono alte cornici instabili. Le guardo di frequente per controllare che non si muova nulla.
4 metri ripidissimi e la cresta è mia. Meno di 30 passi verso sx e lo è pure la vetta (monte Torena, m 2911, ore 3).
La croce è sommersa e la individuo solo dopo una campagna di scavi archeologici.
Un tiepido sole bacia la valle del Barbellino dove il lago naturate è gelato, mentre quello artificiale non ne vuol proprio sapere di cedere la sua liquidità alla morsa del freddo.
Giusto il tempo di settarmi per la discesa e mangiare un po' di panettone, che il cielo si vela e la luce si ovatta. Scendo un po' di cresta con gli sci, ma non c'è verso di accedere al versante N: non si capisce assolutamente nulla di dove sia il pendio e del suo sviluppo.
Levo le assi e, aiutandomi con una racchetta che funge da bastone per ciechi, mi abbasso per una trentina di metri lungo il canalino fatto all'andata.
Non vi è il benché minimo senso di profondità finché la neve non si fa più martoriata dal vento.
Allora rimetto gli sci e, sempre con una visibilità massima di 20 metri, zigzago a serpentine strette giù per il pendio. Non riesco ad distinguere i settori di neve morbida da quelli di crosta. La sciata si rivela più un tentativo di portare a casa le gambe che un piacevole gioco.
Scornato rientro al lago Verde, dove mi sorbisco la faticosa discesa a piedi fino a Ponte Frera. 
Per darvi un'idea ci ho messo ben 3 ore dalla vetta alla macchina!
Il cielo però, probabilmente pentito del brutto scherzo che mi ha appena fatto, si incendia e mi regala un tramonto da favola sulla Valtellina mentre rientro lungo la SS dell'Aprica.

Alba nei pressi della diga di Frera.
Appena sopra l'Aial dei Fior: manca la neve!!  
Teglio dalla vetta del Torena.
Parete N - settore centrale.
Parete N - settore alto - il canalino per la cresta. 
Il lago Nero e la Valtellina dalla parte alta della parete.

La vetta occidentale del Torena dalla cima maggiore, l'orientale.
La valle e i laghi del Barbellino dalla vetta del Torena.

Tramonto sulla Valtellina.

sabato 20 dicembre 2014

Corno Stella (m 2621)

Il tracciato per la vetta del Corno Stella dalla val Cervia e lungo la cresta N.
A cavallo tra la val Brembana, la valle del Livrio e la val Cervia si trova una delle vette più famose delle Orobie: il Corno Stella. Nessuna difficoltà alpinistica, nè altro di particolare, se non il vasto paesaggio che l'ha resa una meta ambita.
L'ampiezza dell'orizzonte è data dalla lontananza di cime elevate, che ne fanno un osservatorio privilegiato.
L'accesso al Corno Stella dalla Valtellina è molto lungo e poco adatto allo scialpinsimo, in quanto le valli del Livrio e Cervia presentano lunghi tratti pianeggiati e minacciati da ripidi valloni dove precipitano grandi valanghe.
Lo scarso innevamento di questa fine d'autunno, tuttavia, riduce il pericolo delle valanghe e permette di avvicinarsi di molto con l'auto alla meta.




Non avevo mai percorso la carrozzabile della val Cervia e devo dire che avrei preferito fare a piedi i 16 km che da Cedrasco portano ai m 1700 dove il Panda di Giovanni s'è arenato, in quanto il tracciato è molto esposto e con tratti ripidissimi e senza protezioni. Se a ciò si aggiungono alcune liste ghiacciate, si può capire come il viaggio sia stato un po' angosciante.
Tornando alla gita, lasciata l'auto in uno spiazzo poco dopo il ponte, abbiamo seguito la carrozzabile innevata fino a un primo dosso e alle ultime baite della val Cervia. Qui l'idea di salire per la normale (cresta O - infestata da scialpinisti provenienti da Foppolo) mi attira ben poco e subito tutti sono d'accordo nel percorrere il vallone a N della vetta che, dopo un ripido canale, porta alla cresta N a 120 metri dalla vetta.
Nessuno di noi ha mai messo naso in quella valletta laterale e ciò da fascino alla nostra salita.
Inversione dopo inversione prendiamo quota disegnando il pendio. Un piano intermedio a circa m 2400 anticipa il ripido canale conclusivo. Mentre lo risaliamo con risvolte sempre più strette ecco che le tutine aderenti bergamasche che mezz'ora fa calavano urlanti da Foppolo in val Cervia, compaiono lungo le nostre tracce. Sono ben in 8 che approfittano della traccia battuta a fatica e, come spesso accade, già so che ci raggiungeranno in vetta per scendere al volo (mentre a noi piace godere del panorama) e ci triteranno tutti i pendii.
A 100 metri dal valico perdo le pelli e l'ultimo pezzo del canale (40°) lo risalgo a piedi. A ruota gli altri.
Qualche problemuccio lo trovo ad abbattere la cornice e sbucare nella soliva alta valle del Livrio.
Qui il vento da un po' fastidio, ma la calda luce del sole rincuora e regala energie sufficienti per scalinare la cresta N fino in vetta. Quest'ultimo tratto è un po' ripido (circa 45°), ma la neve cartonata lo rende facile.
La croce di vetta del Corno Stella è presto accanto a noi (m 2621, ore 3). Che paesaggio!
Neppure il tempo di tagliare due fette di salame che inizia l'arrivo delle tutine che già ambiscono a tritare il pendio NE ancora vergine.
Maledizione. Via le pelli e giù per godermelo per primo. Mangerò più in basso. Mica abbiamo battuto traccia per farci fregare la discesa dai parassiti che, a parte il primo di loro - molto gentile-, non paiono per niente riconoscenti dell'agevolazione avuta dal nostro lavoro!
Bei 200 metri a 40° su neve tutto sommato buona e sono in valle del Livrio su un poggio assolato.
Lì mi raggiungono gli altri intramezzati da tutine tritatutto che poi spariscono giù per la via dell'andata e per fortuna non prendono il canale di salita, che rimane tutto nostro per la grandiosa sciata finale.
Che dire. Gran bella scoperta e giornata. Mai avrei pensato di trovare neve tanto bella dopo le delusioni avute in Valmalenco e al Foscagno negli scorsi giorni.
Grazie mille a Giovanni dell'invito!



Il guado a m 1850.
Inversioni sui primi tratti ripidi.
In salita. Sullo sfondo la val Cervia.
Salita nel vallone a N del Corno Stella. Sullo sfondo il monte Toro.
Sul canalino, poco prima di levare gli sci.
Si levano gli sci.
Ravanando verso la cresta N.
Lungo il canalino finale.
Lungo il canalino per la cresta N.
All'uscita del canalino per la cresta N.
Sulla cresta N.

Corno Stella - versante NE. Traccia di discesa con gli sci.
Discesa dalla pala E. 200 metri con pendenze sui 40°.
Giovanni in fondo alla pala.
In discesa.
L'ingresso del canalino. Sullo sfondo la cresta N.
In discesa nella parte alta della valle a N del Corno Stella.
In discesa nella parte alta della valle a N del Corno Stella.
In discesa nella parte alta della valle a N del Corno Stella.
Il tracciato visto dal basso.
Strana nube sopra il Disgrazia.