venerdì 26 luglio 2019

Lagginhorn (m 4010) e Fletschhorn (m 3985)

Fletschhorn, Lagginhorn e Weissmies sono i tre giganti che dominano il Sempione e dividono la valle di Gondo dalla Saasastal. In particolare il primo, con la sua enorme parete N, coperta dai ghiacci e perseguitata dalle scariche di sassi, incanta chiunque in una giornata di bel tempo scenda dal passo del Sempione verso Bondo.
Oggi avevamo in mente la traversata delle creste del Cervino, ma le previsioni pronosticavano temporali nel primo pomeriggio. Consapevoli della sconvenienza di trovarsi a 4000 metri quando Zeus è incazzato, abbiamo optato per la più facile traversata Lagginhorn-Fletschhorn con un anello da "óm". 
Non è stato affatto semplice...
Intendo dire: non è stato affatto semplice trovare dove diamine abbandonare l'auto per non usare la funivia, tanto che a un certo punto, in preda allo sconforto e stufo di guidare, ho persino pensato di scendere a Visp e farcela tutta da lì a piedi, imitando l'amico Pietro nella sua recente gita allo Strahlhorn.


Fletschhorn e Lagginhorn visti dal Breithornpass.



Partenza: Hoferälpji (m 2250).

Itinerario automobilistico: dal passo del Sempione, scendiamo in Svizzera verso Brig. Senza raggiungere Brig, in fondo alla discesa puntiamo a O (direzione Sion) e a Visp usciamo dall'autostrada svizzera e seguiamo per Zermatt e Sass Fee. Risaliamo la valle fino a Stalden, quindi prendiamo il ramo più orientale (l'altro va a Zermatt). Al termine del nucleo di Saas Balen, sulla sx s'alza la stretta strada per gli alpeggi. Per percorrerla occorre prendere il biglietto al parchimetro posto dall'altra parte della strada di valle. Quello che si deve ottenere è il biglietto per la Bergstrasse. Pigiamo perciò 2 volte il giallo, una il verde, cacciamo le monete (accetta sia franchi che euro e ne servono 10 per 24 ore) e poi diamo conferma. Il macchinario sputa l'agoniato biglietto che deve esser sempre visibile sul cruscotto dell'auto.
La stretta strada si inerpica in dx orografica. Dopo poco siamo ai piedi della suggestiva cascata che sovrasta Saas Balen. C'è un bivio. Non lasciatevi ingannare come dai cartelli escursionistici che invitano a salire a dx, bensì attraversate subito  il torrente e guidate per poco più di 7 km (misurati da Saas Balen). La rotabile è stretta e asfaltata tranne nell'ultimo tratto dove lo sono solo le curve. L'auto la potete lasciare negli slarghi che precedono Hoferälpji.

Itinerario sintetico: Hoferälpji (m 2250) - Grüebe (m 2280) - Kreuzboden (m 2398) - Weissmieshütte (m 2726; si passa nei pressi) - Lagginhorn (m 4010; salito per la crestaSO) - Fletschjoch (m 3688) - Fletschhorn (m 3985) - Grüebusee (m 2848) -  Hoferälpji (m 2250).

Tempo per l'intero giro: 14:30 ore.

Attrezzatura richiesta: scarponi, ramponi e piccozza, corda, uno spezzone di corda da 20 m per il ghiacciaio e la cresta NE del Lagginhorn.

Difficoltà:  4.5 su 6.

Dislivello in salita: 2200 metri circa.

Dettagli: Complessivamente alpinistica AD-. 
Andiamo per pezzi. La salita al Lagginhorn per la cresta SO è facile e molto battuta, complessivamente F+. Passi di I e II si alternano a sentiero tra le pietraie. La discesa per la cresta NNE al Fletschjoch, un tempo valutata come AD per la presenza di tratti innevati impegnativi, oggi è spoglia di neve e presenta passi fino al III di roccia non sempre stabile. La valuterei perciò PD+. Dal Fletschjoch al Fletschhorn F+. La discesa dalla vetta per il Grüebugletscher (PD+, pendenze fino a 35°) presenta nel primo tratto di cresta del ghiaccio affiorate , poi si è in un dedalo di crepacci e si devono avere buone capacità di muoversi in tale ambiente . Una volta lasciata a m 3600 la traccia battuta, ce la si deve cavare col proprio intuito. A m 3500 si esce dal ghiacciao su rocce lisciate e con passi di I e II, pietraie, campi di neve e un percorso da ricercare, si è nel fondovalle. 

© Swisstopo.ch
Cazzo non ho il frontalino! Dimentico qualcosa tutte le volte e porto con me la testa solo perché è obbligatoriamente attaccata al collo. Rimediamo un luce a 10 euro dai cinesi a Domodossola, assieme a un po' di pane e formaggio al supermercato.
Sempione e giù a Brig, poi Visp e su per la valle. Ramo di sx ed eccoci a Saas Grund.
Sono le 19. Ho già sonno, ma specialmente ho fame. Abbiamo fame. 
Cerchiamo un posto dove lasciare l'auto funzionale anche a prendere il sentiero per la Weissmieshütte.
Non troviamo nulla, neppure a pagamento.
Facciamo varie ronde per il paese, con un semaforo infinito che ci ruba 5 minuti ad ogni passata.
Non c'è davvero nulla, né una strada percorribile che si dirige sotto il monte. L'unica possibilità sarebbe il parcheggio della funivia.
«No! Quello mai.»
Scendiamo quindi a Sass Balen: «lì troveremo». C'è sì un grande parcheggio a pagamento, ma siamo decisamente fuori traiettoria. Dovremmo salire un po' in auto dalla stradicciola che s'inerpica a S del paese. Dal poco tedesco che sappiamo, leggendo i cartelli stradali deduciamo che serva il permesso, ma non capiamo dove diamine sia il distributore automatico.
Torniamo a Saas Grund. Ci sarà beh un posteggio.
Niente nel raggio di 3 km dalla partenza del sentiero. Andiamo a Saas Almagell. Qui ci sono posteggi a pagamento, ma siamo troppo fuori traiettoria. È quasi notte e sono stufo di guidare. Andiamo un po' avanti verso lo Staubsee Mattmark e ci buttiamo a bordo strada per cenare e dormire. «Partiremo da qui a piedi domani. Partiremo un po' prima.»
Ma nemmeno il tempo di assettare l'auto per la notte e cambiarci che arriva una tipa bionda. Ci caccia con la scusa che lei e il suo compagno hanno messo la macchina ben imboscata, mentre noi siamo troppo in vista e la polizia, che ci racconta fare ronde notturne contro i poveri, ci troverebbe e ci multerebbe.
Il suo inglese è talmente misero che non è facile capire altro.
Ci leviamo perciò dalle palle.
Quando accendiamo la macchina, vediamo un furgone a luci spente che si fionda accanto all'auto dei ragazzi. Questi si nascondono goffamente pensando si tratti della polizia. In realtà è un'altra coppia che si apparta per la notte.
La situazione è alquanto ridicola. Mi sembran tutti mitomani. Di cartelli che vietano di dormire in auto non ne ho trovati. A noi non ce ne frega niente di pagare qualche euro per il posteggio, vorremmo solo trovare un posto non sotto un lampione  e vicino alla partenza del sentiero a Saas Grund!
Così torniamo a Sass Grund. Ricontrolliamo. Niente parcheggio, neppure a pagamento. Scendiamo quindi a Saas Balen, dove Carlo va in un bar e interroga l'oste avvinazzato che, dopo avergli sconsigliato di salire in auto verso Grüebe (a detta sua lassù non c'è niente di interessante da fare), gli spiega come ottenere dal parchimetro il permesso per la Bergstrasse. Finalmente deduciamo che la Bergstrasse, che non trovavamo in cartina, è la strada agrosilvopastorale che porta agli alpeggi, quella che avremmo potuto prendere 3 ore fa.
Che pirla. Una volta la mia ignoranza di tedesco mi aveva lungamente fatto cercare il paese di Ausfahrt ("uscita") sull'atlante stradale!
Con una spesa di 9 euro abbiamo il nostro permesso e ci inerpichiamo su per il monte. Alla cascata giriamo a dx seguendo i cartelli escursionistici, ma dopo 5 km la strada finisce e non dalle parti di Grüebe. Torniamo alla cascata e notiamo, a terra, un cartello di legno che ci invita ad andare dall'altra parte.
Sono le 2330 e posteggiamo l'auto prima di Hoferälpji.
Ci pappiamo 2 macedonie in scatola e andiamo a nanna, cullati dal temporale.
Notte finalmente al fresco dopo una settimana di patimenti a casa dove afa e caldo non lasciavano dormire.
Alle 3:30 suona la sveglia. La posticipo, ma succede che ci svegliamo solo alle 5:30 con la luce dell'alba. È tardissimo. Alle 6 siamo in marcia.
Hoferälpji (m 2250), 10 minuti di sentiero ed ecco le baite di Grüebe (m 2280), quindi il sentiero bollato taglia a mezza costa guadagnando quota e attraversando alcune pietraie, fino a voltare l'angolo della cresta SO dello Jegihorn e abbassarsi a Kreuzboden (m 2398, ore 1:45), stazione d'arrivo della funivia.
Dall'altro lato della valle la teoria di 10 quattromila che orbitano attorno a Saas Fee.
Perso qualche metro, calchiamo la pista sterrata che sale alla Weissmieshütte (m 2726, ore 0:45). Non è necessario arrivare al rifugio: l'obbiettivo è la morena laterale dx (sx guardando dal basso) del Tälligletscher. Il Lagginhorn è davanti a noi. Massiccio, trapezoidale, con due creste che scendono a SO, una dalla vetta, l'altra dall'anticima meridionale, e che avvolgono le due lenti del ghiacciaio del Laggin disegnando una specie di cuore. La normale percorre la cresta di sx, che guadagniamo grazie alla suddetta morena.
Ometti di sasso confortano sul percorso. Inizialmente la dorsale è una larga groppa di pietrame, poi, sopra la quota 3231 si stringe e offre anche qualche passo di arrampicata (ci sia appoggia sempre al lato S).  A sx si staglia contro il cielo la cresta che faremo in discesa. Bellissima e ripida da lontano! La media di 600 metri di dislivello all'ora, che stavamo tenendo per recuperar tempo sulla tabella di marcia, cala un po', ma alle 10:45, salutati alcuni alpinisti che ci chiediamo perchè scendano legati, siamo già in vetta al Lagginhorn (m 4010, ore 4). Una croce e troppo affollamento, così non facciamo nemmeno la foto e ci portiamo al breve tratto nevoso della cresta NNE.
Questa cresta è stata percorsa per la prima volta dal mitico reverendo Coolidge con 5 compagni nel 1887.
Carlo mi dice che la davano come AD, ma a parte dover mettere i ramponi per 10 metri (c'è ghiaccio) e ritoglierli subito, non trovo particolari difficoltà da giustificare attualmente un simile grado.
La parte alta è la più ripida e impegnativa. Dobbiamo stare attenti alla roccia non sempre stabile: 2 cordate infatti stanno salendo sotto di noi e non vorremmo mai lapidarli.
Quando ci incrociamo, scambiamo qualche battuta in inglese da cui capiamo che anche per loro la preoccupazione principale sono i temporali in arrivo. Ironizzando dico che il temporale non dovrebbe giungere prima di mezz'ora. Un ragazzo sorride e aggiunge «at least half an hour», mentre la sua compagna di cordata non capisce la nostra ironia e pare preoccuparsi. Già, in meno di 3 ore nessuno di noi sarà in una zona sicura. Ci augura comunque buona gita, credo pensando tra sé e sé: «Menagranen d'ün menagranen d'ün italianen!»

La dorsale, sempre aerea e di rocce un po' marce, si adagia un po', per tornare da ultimo a perder quota con decisione fino al cordolo nevoso per il Fletschjoch (m 3688, ore 1:30), sella nevosa che verso E precipita con uno sdrucciolo di ghiaccio e roccia marcia verso il Holutriftgletscher. Scender di lì sarebbe una valida alternativa al suicidio.
Su i ramponi e fuori la corda dallo zaino. Sulle rocce siamo stati piuttosto tranquilli, ma coi crepacci nascosti da tappi di neve marcia è meglio non scherzare.
Le nebbie si rincorrono e ammantano il Lagginhorn, mentre in lontananza alti cumuli s'alzano minacciosi.
Una rampa nevosa che ci fa guadagnar quota all'interno di un remoto anfiteatro. Tocchiamo la cresta ENE del Fletschhorn a circa m 3900. Neve e roccette ci accompagnano alla croce di vetta, posta sulla quota m 3982, quando la massima elevazione, nevosa, è di 3 metri più alta e ubicata a uno sputo sulla dorsale che si diparte a SO (Fletschhorn, m 3985, ore 1).
Ecco che le nebbie avvolgono anche questa cima e rendono la situazione molto antipatica: dobbiamo infatti scendere per intero il Grüebugletscher (che spero di aver scritto almeno due volte uguale!), un mantello di crepacci lungo oltre 3 km e 1000 metri di dislivello.
Non si vede una mazza, così tiro fuori la cartina dallo zaino. Dove c'è la croce si uniscono tre creste: quella da cui veniamo, quella che va a SO toccando la vetta maggiore e quella che scende a NO lambendo i precipizi della parete N. Andiamo in questa direzione e dopo una 50 di metri su neve gelata, ricompaiono le peste dei ramponi. Si vede poco. Un tratto ghiacciato, ripido e inquietante per i precipizi verso dx conclude la cresta. Smontiamo verso sx a circa m 3850 e ci destreggiamo fra le prime crepe. La traccia battuta sparisce nella neve marcia e il sole che inaspettatamente filtra dalle nebbie ci arrostisce. Insistendo a S ci approssimiamo troppo al settore ripido del ghiacciaio, così zigzagando tra i crepacci pieghiamo a dx. Riecco la traccia che si dirige a S verso il cordolo nevoso che separa il Grüebugletscher dal Talligletscher. Questa sarebbe la via normale al Fletschhorn, ma non vogliamo andare di lì e a m 3600 pieghiamo a dx (O) e ci abbassiamo nel centro del ghiacciaio. La neve è marcia e non permette di sondare con la piccozza la presenza di crepacci, così invito Carlo a tenere sempre la corda tesa mentre faccio il cane da crepaccio. Ho già studiato una linea per scendere il ghiacciaio fino in fondo, quando noto lo sperone roccioso sulla dx e andiamo a curiosare. Mettiamo i piedi sulla roccia a circa m 3480, capendo subito che possiamo evitarci il tratto più crepacciato del ghiacciaio affidandoci a questa dorsale. A sx i fianchi dell'Inner Rothorn scaricano frane continue e non mi spiace affatto evitare di passarci sotto!
Traversiamo verso dx perdendo gradualmente quota tra rocce montonate, pietraie e chiazze di neve. Il nostro obbiettivo e la pista a dx dei tre verdi laghi di origine glaciale che impreziosiscono le desolate pietraie lasciate dal ritiro dei ghiacci.
Ravanando un po' troviamo i passaggi ad ogni cambio pendenza e, arrampicando il meno possibile, eccoci nel fondovalle.  Presso il lago Grüebusee (m 2848, ore 3) intercettiamo la strada.
Nemmeno il tempo di tirare un sospiro di sollievo e dire «È fatta!» che inizia a piovere, poi a tuonare. Sono le 1530 e il meteo svizzero non ha sgarrato di un minuto: el bau l'è scià!
Mettiamo gli impermeabili e aumentiamo il passo, lasciandoci sfilare alle spalle gli altri due bei laghetti e salendo quel poco che basta per uscire dalla conca glaciale. I tuoni rimbombano, ma in lontananza. Un cartello dice che manca 1:30 ore a  Hoferälpji. Mi sembra un tempo eccessivo per 600 metri di dislivello in discesa, ma si vede che la strada non è molto ripida.
Di colpo una luce fortissima crepa il cielo appena davanti a noi. Segue svelto un boato. Imprevisto quanto spaventoso. 
Mi giro e guardo Carlo che mi chiede cosa si faccia in questi casi.
Non so cosa rispondere perchè siamo in una pietraia sterminata senza possibilità di riparo. Inoltre non so da che parte stia arrivando il temporale, per cui come potrei stabilire la miglior direzione di fuga?
Guardo Carlo negli occhi e spero non si volti: alle sue spalle c'è infatti una targhetta in ferro col nome di un qualche morto. Visto che non c'è alcun pericolo naturale in questa pietraia, suppongo che il titolare sia stato aiutato nel trapasso da un fulmine. Non è rincuorante sapere di questa targa ora che Zeus è incazzato.
«Corriamo!»
«Correndo c'è meno possibilità che il fulmine ti colpisca?» mi chiede Carlo.
«La probabilità è sempre la stessa, ma il tempo che trascorri in mezzo al temporale è indubbiamente più breve!»
Così iniziamo a correre, tagliando tutte le curve della strada su scarpate d'erba e sassi rese scivolosissime dalla pioggia.
Contiamo i secondi che dividono i lampi dai tuoni per capire a che distanza si sono schiantati i fulmini.
Con buona approssimazione si possono stimare 350 metri ogni secondo. Per cui se passano 7 secondi, il fulmine dovrebbe essere a 2,1 km in linea d'aria.
Nella Saastal irrompe una coda del temporale che sta flagellando la valle principale. Ci proietta addosso correnti calde e umide.
Inizio a percepire la carica elettrica sulla pelle, ma, dopo pochi minuti e un fulmine sull'altro lato della valle, per fortuna il temporale si sposta a N.
Continuiamo comunque a correre e in 18 minuti dal lago siamo a Hoferälpji (m 2250, ore 1:30). Sudati e con le gambe doloranti, ma non fritti.
Il giro è chiuso in meno di 10 ore e ci compiaciamo della scelta di non traversare il Cervino oggi!




La cascata sopra Saas Balen.

Hoferälpji.

Grüebe.

La via normale al Lagginhorn dai pressi di Kreuzboden.

I quattromila di Saas Fee (in basso) da Kreuzboden, arrivo della cabinovia.

La Weissmieshutte. Sullo sfondo da sx Strahlhorn, Rimpfischhorn e Allalinhorn.

Vista dallo Strahlorn di fine giugno.

Sulla morena laterale sx del Talligletscher.

Lungo la cresta SO del Lagginhorn.

Il versante N della Weissmies.

L'ultima rampa di pietrame per la vetta.

A pochi metri dalla vetta del Lagginhorn.

Il breve tratto nevoso della cresta NE. Sullo sfondo la coce di vetta del Lagginhorn.

Disarrampicando sulla cresta NE.

Alcune torrette incorniciano la vetta del Fletschhorn.

Nella parte bassa della cresta verso il Fletschjoch.

Al Fletschjoch.

In cima all'anfiteatro glaciale, verso la vetta del Fletschhorn.

La vetta rocciosa del Fletschhorn, dove si trova la croce (m 3982/3983 a seconda delle fonti). La vetta maggiore è la prominenza nevosa a sx.

La linea di discesa dal Lagginhorn lungo la cresta NE.

Scendendo ungo la cresta NO del Fletschhorn.

Il Grüebugletscher dalla dorsale rocciosa intercettata a m 3500.

Misura del lago marginoglaciale del Grüebugletscher.

Verso il testone petroso di quota 3277.

Sguardo indietro dal testone petroso di quota 3277.

Il lago marginoglaciarle ai piedi del Grüebugletscher. Arriva il temporale!

Il tracciato di discesa dal Fletschhorn per Grüebugletscher. La dorsale rocciosa presa a m 3500 può esser scesa, come si vede dalla foto, in vari modi.




mercoledì 17 luglio 2019

Dent Blanche (m 4358)

La cesura tra il Vallese francofono e quello germanofono è sancita dalla lunga dorsale che si diparte verso N dalla cresta di confine italo-svizzera in corrispondenza della Tete Blanche.
La maggiore elevazione di questa dorsale, ergentesi a  6 chilometri in linea d'aria dal confine, è la Dent Blanche, armonica e slanciata montagna piramidale in cui le 4 creste individuano altrettanti versanti, tutti aventi uno stacco roccioso di oltre 800 metri di dislivello dai ghiacciai che ne lambiscono la base.
La Dent Blanche non è una montagna facile. È un 4000 dal gusto classico, faticoso: l'inevitabile avvicinamento (non vi sono infatti funivie: si sale tutto a piedi) è corroborato dalla lunghezza della sua via normale, la cresta S, per la quale si devono preventivare circa 6 ore per la salita, a partire dalla Cabane de la Dent Blanche, e altrettante per la discesa. Il tutto in un ambiente grandioso e aereo con difficoltà mai estreme, ma che vengono molto accentuate dal verglass o da condizioni atmosferiche non ottimali.
Ciliegina sulla torta è l'emozionante vista sulle dirimpettaie pareti N del Cervino e della Dent d'Herens, celeberrimi 4000 delle Alpi Pennine per i quali sarebbe ridondante ogni presentazione.
Salire la Dent Blanche senza nemmeno appoggiarsi alla Cabane de la Dent Blanche richiede molto allenamento, come quello che avevano avuto 157 anni fa William Wigram, Thomas Stuart Kennedy e, specialmente, le guide Jean-Baptiste Croz e Johann Kronig.  
Certo,  la nostra salita del 2019  non è nemmeno paragonabile con quella degna di ogni onore e condotta con attrezzature rudimentali del 18 luglio 1862, ma anche noi abbiamo cercato di essere quanto più "óm" possibile e, pur trovandoci già tutte le calate attrezzate e vari segni di passaggio che ci confortavano sulla correttezza della linea di salita, ci siamo dovuti impegnare a fondo a causa delle rocce un po' sporche di neve e ghiaccio.

La Dent Blanche appare come un miraggio  in fondo alla val d'Herens. È una montagna a dir poco gigantesca! Indicata la via normale di salita per la cresta S, ovvero la Wandfluegrat.

Partenza: Ferpecle (m 1826). 

Itinerario automobilistico: dal passo del Sempione di scende a Brig, quindi si segue l'autostrada svizzera verso Losanna, Sierre e Sion (O). Questa tratta non è ancora stata completata, per cui in vari punti ci si affida alla vecchia strada n.9 che attraversa vari paesi (occhio ai limiti di velocità!).
Dopo 73 km, alle porte di Sion, si prende la Route d'Herens che si dirige  a S nell'omonima valle risalendone, con vari tornanti, l'imbocco sospeso. La maestosa vetta che si vede in fondo alla valle è già la Dent Blanche!  Tenendo sempre la strada principale (interessante il passaggio in galleria sotto le piramidi di terra che precedono Euseigne), dopo 25 km si è a Les Haudéres, ombelico della val d'Herens. Qui si va a sx (E) e per una strada piuttosto stretta e spesso priva di parapetti, si entra nel ramo orientale della valle.
Dopo 7 km, a Ferpecle, termina il transito consentito ai mezzi senza speciale autorizzazione. Si è nei presi di un tornante sinistrorso con bivio e buona possibilità di parcheggio.

Itinerario sintetico: Ferpecle (m 1826) - Bricola (m 2416) - lago a m 2752 - Cabane de la Dent Blanche (m 3506) - Wandfluelücke (m 3710) - Dent Blanche (m 4358) - ritorno per la stessa via.

Tempo richiesto: complessivamente circa 24 ore, che abbiamo diviso in due dormendo la notte in tenda a m 2600. Gli alpinisti in genere spendono 3 giorni per questa ascensione, pernottando due notti alla Cabane de la Dent Blanche. Il solo tratto dalla capanna alla vetta per una cordata di 3 persone richiede mediamente 6 ore in salita e altrettante in discesa.

Attrezzatura richiesta: scarponi, ramponi, piccozza, casco, 3 friend di media misura, cordini, corda (60 m), 3-4 rinvii, discensore, una scorta di acqua di 2 litri  a testa per la cresta finale.

Difficoltà:  5- su 6.

Dislivello in salita: coi vari su e giù, oltre 2700 metri.

Dettagli: AD+. Sebbene tutta la letteratura consultata valuti questa ascensione come AD, in questa mia prima e unica esperienza sulla montagna (forse complicata un po' dalle recenti nevicate), ho trovato l'impegno complessivo superiore. Una classica gita di grado AD come la Biancograt al Bernina è senza dubbio più facile e più breve.
Arrampicata su roccia fino al III+ grado, creste esposte, ghiacciai con tratti ripidi e crepacciati, lungo sviluppo, ritorno con numerose calate. È assolutamente necessario scegliere una giornata di bel tempo perchè se arrivasse Zeus... sarebbero cavoli amari! La montagna, qualora foderata di verglass o neve, richiede un impegno decisamente superiore.

© swisstopo.ch
Il nostro viaggio da Domodossola a Ferpecle è lungo perché contempla varie soste ristoratrici, shopping per ultimare il corredo tenda o per interrompere la sauna nell'abitacolo dell'auto: ma quanto è caldo quest'estate? Solo Trump che ha l'aria condizionata nella sua Maison Blanche puntata sui 16°C può negare l'aumento delle temperature!
Giunti a Ferpecle, parcheggiamo all'interno del tornante che precede il divieto di transito ai mezzi non autorizzati dal Consiglio Federale Svizzero o da Roger Federer in persona. Sono le 17. Ci ingozziamo di frutta per non dovercela portare negli zaini già stracolmi e anticipare così metà della cena.
Come chiocciole con la casa sulle spalle, io, Carlo e Alessandro, che per la prima volta si è unito all'Armata Brancaleone, ci incamminiamo da Ferpecle (m 1826) lungo la strada asfaltata. Superiamo il ristoro Le Petit Paradis, quindi in torrente du Perroc, per imboccare (sx) il sentiero segnalato che s'inoltra nel bosco e, dopo essersi addentrato nella seguente piana, s'inerpica sulla dx orografica, contorcendosi in tornanti per guadagnare quota fino a Bricola (m 2416, ore 2)
A SSO vediamo il profondo solco scavato dal ghiacciaio di Mont Miné, mentre a SSE si stende il velo crepacciato del ghiacciaio di Ferpecle. È incredibile pensare come le due lingue glaciali, ora assai distanti e ricoperte di detrito, fino agli anni '60 ancora si toccassero.
I sedimi della vecchia strada per la realizzazione delle opere di presa scemano a tratti in uno stretto sentiero e ci accompagnano nella lunga traversata verso SSE alti in dx orografica. Purtroppo le nebbie ammantano la Dent Blanche e non possiamo studiare la via di salita di domani, ma confidiamo nell'arrivo bel tempo.
Il nostro primo breve giorno di marcia termina nel luogo che facciamo diventare il nostro hotel: a circa m 2600 (ore 1), al di là della vecchia morena del ghiacciaio des Manzettes. Qui, in un minuscolo spiazzo d'erba e sassi, accanto a un grosso masso erratico affacciato sulla valle, montiamo la tenda e, dopo una seconda cena e aver ammirato i colori accesi del tramonto, ci infiliamo nei sacchi a pelo. Il giorno si spegne e s'accendono le luci lontane dei paesi, mentre le stelle pian piano si fan largo tra le nubi e  popolano il cielo.
In tre in una tenda da due si sta tutto sommato comodi: basta alternare spalle e piedi così da ottimizzare lo spazio e pesare in 3 come 2 persone magre.
Le risate per non ricordo quali cazzate raccontate, si alternano al ripasso del percorso in vista dell'esame di domani. Un ripasso senza libro di testo: non vogliamo conoscere molto del viaggio verso la vetta così da goderci quanto più possibile la scoperta dei passaggi, delle guglie e dei meandri della montagna.
Alessandro e Carlo dormono: il loro respiro s'è fatto pesante, mentre io apro la cerniera della tenda e guardo la luce delle stelle che s'affievolisce al sorgere della luna piena.
Una grossa sfera gialla che s'alza nel cielo e rischiara rocce e ghiacciai in un'atmosfera sospesa. Che privilegio essere quassù. La montagna sembra tutta per noi.
La rugiada condensa sul telo della tenda e gocciola dalle cerniere scandendo il veloce scorrere di queste poche ore di riposo.
Avevo puntato l'orologio alle 3:50, ma alle 3:30 i miei occhi fissano impazienti il cielo e non vogliono più chiudersi. L'eccitazione è tanta. Alle 3 chiamo anche gli altri. Usciamo dal sarcofago e a bocca aperta ci incantiamo davanti all'imponente e rossiccia Dent Blanche che si è liberata del manto di nubi e si staglia contro il cielo blu cobalto tempestato di stelle. La vetta, che ci sembra di poter toccare allungando le mani, è invece ben 1750 metri sopra di noi!
Lasciato in tenda tutto il superfluo, ci incamminiamo su per le pietraie seguendo delle frecce blu.
Questa distesa di massi nel 1980 era coperta dal ghiacciaio des Manzettes, così come le placche più sopra e l'azzurro laghetto a m 2741, che fino al 2012 manco era disegnato sulle mappe!
Dal laghetto ometti di pietra e segnavia bianco-blu con indirizzano a SE facendoci rimontare la dorsale rocciosa costituita per lo più da blocchi e chiamata Roc Noir. Il ghiacciaio des Manzettes sfila alla nostra sx, quello di Ferpecle a dx, mentre il lontananza la luna va appoggiarsi sopra una seghettata teoria di cime.
A m 3300 l'emergenza rocciosa finisce, spegniamo i frontalini e calchiamo il ghiacciaio des Manzettes, confortati da segnavia composti da tre pali di legno incrociati. Senza alcun problema, affascinati dalla visione della parete N della Dent d'Herens e col timone volto a ESE, approdiamo alla Cabane de la Dent Blanche (m 3506), edificio rivestito in pietra che offre 45 posti letto ed è normalmente utilizzato come punto d'appoggio per l'ascensione.
Inerpicandoci per le roccette alle spalle del rifugio, dopo un sottile tratto in cresta (II+) rieccoci sul ghiacciaio. Una dorsale nevosa (30°) ci porta dai m 3600 ai m 3701 della Wandfluelücke, da cui la vista sulle dirimpettaie pareti  N e O del Cervino ancora  incrostate  dalla nevicata dell'altroieri è a dir poco sbalorditiva.
Ci dirigiamo a NE, pianeggiando poi salendo lungo il pendio glaciale, lasciandoci a sx una dorsale rocciosa, che rimontiamo (I/II) verso i m 3800 per cavalcarla fino alla quota m 3882.
Rimettiamo i ramponi e attraversata una vallecola nevosa, ci inerpichiamo su un breve ma ripido muro di neve e ghiaccio (40°). Seguiamo quindi per un tratto la bianca cresta toccando la quota m 3907 e scendendo (appoggiandoci a sx) fino alla sella a m 3880 ca.
Via i ramponi, riprendiamo a salire a ridosso del filo, quasi sempre facile, appoggiandoci eventualmente a sx. Le rocce iniziano a esser sporche di neve, ma non veniamo rallentati più di tanto.
A circa m 4000, dopo un tratto stretto in discesa, siamo ai piedi del Gran Gendarme, slanciata torre di roccia arancione. Abbiamo raggiunto una cordata di francesi che si sono legati e stanno iniziando l'aggiramento della torre da sx.
Ci leghiamo pure noi e li seguiamo a ruota. Dopo aver traversato in orizzontale per 40 metri a sx (II, alcuni spit) entro in un tetro colatoio attrezzato con 4 fittoni (li si vedi in alto). È tutto sporco di neve e in francesi sono generosi nel disgaggiare roba. Ho la pessima idea, per evitare scariche, di arrampicarmi sulla sponda settentrionale del canalone, trovando difficoltà, ghiaccio e rocce marce.
Mi convinco perciò ad aspettare il nostro turno e ricomposto il nostro gruppo presso una sosta su cordini, procediamo con maggiore diligenza lungo la linea più facile per non sperperare energie inutili.
I 2 tiri successivi sono su rocce sporche di neve e ghiaccio (III poi II+). Non uso i fittoni, ma creo io le soste coi friend ogni volta che finisce la corda: meno soste facciamo, più tempo risparmiamo.
Sbuchiamo al sole a monte (N) del Gran Gendarme, che visto dal prosieguo della cresta pare quantomai storto e instabile.
Segue una gobba di placche rosse spaccata nel centro, quindi un tratto di cresta sottile che ci accompagna al successivo gendarme. Lo saliamo direttamente stando appena a sx del filo (III).
Il terzo gendarme lo affrontiamo da dx (è l'unico appoggio su questo lato). Qui incrociamo una cordata capeggiata da una svelta guida spagnola. Condivido con lui la sosta mentre recuperiamo o caliamo i rispettivi compagni. Mi dice, in inglese, che la loro salita è stata molto rapida, ma la discesa è, come spesso capita, lenta. Mi chiede da dove veniamo e fa l'eco alla mia risposta con un «it's very long!». Faccio un cenno di approvazione universale: ce ne stiamo accorgendo. Ma sono ottimista, nonostante le nubi che montano dietro il Cervino mi inquietano un po'.
Scendiamo 4-5 metri per cresta a una breccia dove la cresta presenta un foro passante, quindi traversiamo sul lato sx fino a intercettare un canale roccioso un po' sporco di neve dove si vede uno spit. Mi sporgo per capire che c'è sopra quando all'urlo «Rope!!» seguono un sibilo, l'oggetto dell'urlare e un nut. Un nut?
Perché hanno lanciato un nut assieme alla corda?
La matassa del canapone e il nut si arenano su un pianerottolo 10  metri sotto di noi.
Discuto con Alessandro e Carlo e tutti riteniamo meglio fermarci e aspettare che gli altri alpinisti abbiano terminato la calata.
Quando il primo è alla mia altezza gli dico che il loro nut è finito giù assieme alla matassa di corda.
Da ciò che mi risponde capisco che non ha capito, allora mi metto a parlare come Totò a Parigi. Ci intendiamo. Lui si cala fino alla matassa ma, pur essendoci sopra coi piedi non vede il nut. Io e Alessandro gesticoliamo finché lo raccoglie e ringrazia. «You've saved 5 €!» è il mio commiato e sceso pure il suo socio, il diedro è tutto per noi. È il passaggio più difficile della salita (III+, 3 m), specialmente perchè c'è un po' di ghiaccio, ma velocemente veniamo a capo del quarto gendarme, detto Gendarme della Corda. Ecco l'ultimo tratto di cresta, quello che un tempo era nevoso e che nel 2019 è un triste susseguirsi di ganda, roccette e magre chiazze bianche.
Siamo attorno ai m 4200.
20 minuti davanti a noi c'è la cordata francese.
In lontananza scorgo la guida spagnola che è giunta sul ghiacciaio coi clienti, mentre i due inglesi sono nel canalone presso il gendarme a buttar giù doppie.
Ramponi o senza ramponi, questo è il dilemma...
Iniziamo senza, ma poi capiamo che si fa prima a metterli.
La cresta è ora veloce da percorrere e presto siamo accanto alla croce di vetta (Dent Blanche, m 4358, ore 5-6), stringendoci le mani felici, accanto ai francesi che stanno avvolgendo la loro corda rossa per scendere in conserva. 
Il cocuzzolo è un pisciatoio, ma non ci formalizziamo nel sederci e pranzare, dato che da stanotte non abbiamo praticamente introdotto niente nel tubo digerente.
Le nebbie, che sembravano volerci raggiungere dal Cervino, hanno rallentato il loro incedere e ci lasciano ben sperare per una discesa con buona visibilità.
Lasciata mezz'ora di vantaggio ai francesi e rimasti soli in vetta a contemplare l'orizzonte e la terrificante cresta di Ferpecle tutta sporca di neve e le impronte di qualcuno che deve aver salito ieri la cresta N, ripartiamo.
Rispetto alla salita, in discesa non guadagniamo un minuto. Vuoi per la corda che si impiglia, per la neve che sporcava le rocce che ora è melma, per la corda bagnata che scorre poco o perché siamo stanchi. Alessandro e Carlo sono alla loro prima esperienza su un 4000 serio e stanno stringendo i denti per non perdere concentrazione. Accompagnati da un vento schifoso e dalla nebbia, aggiriamo il Grand Gendarme, recuperiamo il guanto perso da Carlo lungo la salita, mettiamo piede sul ghiacciaio e, rischiando di finire in un paio di buchi, alle 20 siamo alla capanna.
Ci resta un'ora e mezza di chiaro, quindi giù a manetta fino alla tenda sfruttando ogni possibile chiazza nevosa dove scivolare e così non tritare le ginocchia. Smontato l'accampamento e ritrasformati gli zaini in pesanti cadaveri, accendiamo i frontalini e dilapidiamo le ultime energie per coprire la distanza che ci separa dall'auto. Sembra di non arrivare mai!
Siamo a Ferpecle alle 23:30, così stanchi che, dopo esserci sdraiati per terra e aver a fatica bevuto una birra da 0.66 l in 3 e mangiato come usignoli affettato, formaggio e pane secco, ci addormentiamo sui sedili della macchina con la speranza che qualche ora di sonno ci ridia le energie per guidare verso casa.


Verso Bricola. Sullo sfondo il ghiacciaio di Ferpecle.

Bricola. A sx il ghiacciaio di Ferpecle, a dx quello di Mont Miné.

Tramonto dal nostro accampamento a m 2600.

La Dent Blanche illuminata dalla luna piena.

Pronti per partire! 
La Dent Blanche dal laghetto proglaciale a m 2741.



La Dent Blanche all'ora blu.

Tramonta la luna.

Sullo sfondo la Dent d'Hérens.

Segnavia per la Cabane de la Dent Blanche. Sullo sfondo il Mont Miné.

La cresta rocciosa sopra la Cabane de la Dent Blanche.

Verso il Wandfluelülche. A dx il Cervino.

La Dent Blanche dal Wandfluelücke.

Sua maestà, il Cervino.

Le roccette per la quota 3882.

La Dent Blanche dalla quota 3882.

Verso il Grand Gendarme. Alle nostre spalle la nevosa quota 3902.

Il Grand Gedarme e il tracciato per aggirarlo.

Aggirando il Grand Gendarme.

L'uscita del canalone per aggirare il Grand Gendarme.

A N del Grand Gendarme.

Sulla gobba fessurata a monte del Grand Gendarme.

Sul secondo gendarme dopo il Grand Gendarme.

Aggirando il Gendarme della Corda.

Nel diedro a O del Gendarme della Corda (il quarto ed ultimo).

A oltre 4200 metri, verso la vetta.

In vetta. O meglio, presso la croce, installata qualche metro a N del punto culminante e visibile solo all'ultimo salendo dalla cresta S.

La croce e il punto culminate della Dent Blanche.

Scendendo a m 4300.

Sopra i gendarmi.

Calata dal terzo Gendarme.

Scivolando sui campi di neve sopra il laghetto di quota 2741.