domenica 8 marzo 2020

Pizzo Paglia (m 2593) - versante N

Cos'è che può far definire imperdibile una gita come quella al pizzo Paglia per il suo versante N, quando ci sono 3 ore di preambolo con gli sci in spalla che scoraggerebbero anche gli scialpinisti più sfegatati? Semplice: quel superbo pendio finale con pendenze dai 30° ai 35° e rivolto a N: il pendio per la sciata perfetta!
E poi, non da ultimo, quante cime conoscete da cui si vedono in contemporanea il lago Maggiore, il lago di Como, la Valtellina e la val Mesolcina?

 Il pizzo di Paglia visto dalle pendici del pizzo di Claro. L'itinerario di salita richiede 6 ore e mezza e supera un dislivello di oltre 2300 metri. Difficoltà: 4 su 6 sella scala Beno (OSA, con breve tratto alpinistico finale). Serve neve assolutamente sicura.




Il lungo itinerario per il pizzo Paglia. Picca e ramponi servono solo per gli ultimi 50 metri, ma non è da sottovalutare il lungo traverso degli scoscesi versanti della val Leggia da m 1000 a m 1500. Mappa © swisstopo.ch.

Ieri, quando il Corona virus ancora lo si conteneva con norme bizzarre e di difficile comprensione, eravamo sulle pendici del pizzo di Claro in val Calanca.
«Cos'è quella cima triangolare, con quel magnifico pendio triangolare?», ci siamo chiesti io e Gioia guardando a SE. La cima mica la riconoscevo. Non sono molto pratico dei versanti svizzeri delle montagne che s'affacciano alla Mesolcina. Tuttavia ne ho percorso con lo sguardo la cresta che dalla sommità va a S e ci ho riconosciuto torri e sinuosità: quella dorsale l'avevo cavalcata per intero nel 2014 col mio amico Caspoc', quindi la cima triangolare è per forza il pizzo Paglia, mentre alla sua dx c'è il Cardinello, monti che appartengono pure alla lariana valle del Dosso.
Ieri davano pericolo marcato di valanghe e il metro e 20 di neve fresca ci inquietava un po', ma avevamo potuto verificare che più stabile di così non poteva essere, così ho comunicato subito a Gioia che l'indomani avrei voluto andar lì di fronte a sciare, infischiandomi di quanti mila metri di dislivello avrei dovuto fare ravanando per raggiungere l'accesso sospeso di quella valle che proprio non pareva aver strade che alleviassero la fatica. «Vai vai, che io me ne sto a casa!»
La sera abbiamo seguito le notizie di possibili chiusure della Lombardia, ma alle 22, quando ancora c'era un nulla di fatto, me ne sono andato a letto e l'indomani, dopo avere stupidamente spento la sveglia e dormito più del necessario, mi avvio verso la frontiera con la Svizzera.
«Qualcosa da dichiarare?» mi chiede il doganiere svizzero dopo avermi cisto passare dalla dogana italiana sguarnita di personale.
«Gli sci da alpinismo».
Vengo così congedato con un «Buona gita!» e un sorriso.
«Allora - penso tra me e me - non deve esser successo niente. Non siamo tutti in quarantena, o almeno in Svizzera non deve essere ancora scattata la psicosi collettiva.»
A Grono esco dall'autostrada e mi dirigo contro monte a S, verso la località Tecc, un pugno di baite e stalle, dove ovviamente non c'è parcheggio. Torno perciò a N dell'autostrada e, lasciata l'auto accanto al torrente, mi incammino con gli sci in spalla. L'altimetro da 300 metri sul livello del mare... sicchè, nella migliore delle ipotesi, oggi mi tocca farne 2300 in salita!
A Tecc', oltre un curioso allevamento di capre dalla testa marrone e il corpo bianco, vengo raggiunto da un signore in auto, che scente e senza troppo convenevoli mi chiede straniato: «In gh'è val cunt i sci?»
«Pizzo Paglia» rispondo.
«Ma l'è luntan».
«Però c'è una neve bellissima!» gli riferisco e prendo congedo con un simpatico sorriso.
Imbocco la mulattiera che si avvolge in tornanti su per il versante della montagna, riflettendo curva dopo curva su quanto quel saggio uomo avesse ragione. Tra i m 500 e 800 noto un po' di cacca di cervi lungo il sentiero e qualche felce. È sotto zero, ma l'abitudine mi porta a controllare i pantaloni.
Eccole: 4 belle zecche che infischiandosene dell'inferno hanno deciso di attaccarmi. Le uccido scrupolosamente, poi ogni 30 passi mi ricontrollo.
Per fortuna dopo non molto inizia la neve e passa la mia paura.
Continuo con le scarpe da ginnastica fino a m 1000, dove il sentiero volta l'angolo ed entra finalmente in val Leggia. Cammino con gli scarponi da sci fino a m 1300, poi metto anche gli sci. Il sentiero, stretto, compie un lungo traverso a mezza costa sulle scarpate della valle. L'abbondante fogliame di tanto in tanto cela tratti ghiacciati.
Se scivolassi farei una brutta fine.
Alcuni canali che attraverso sono stati spazzati da recenti valanghe.
A m 1450 una serie di tornantini mi fa sbucare sull'alp de Comun, dove si trovano due baite ubicate presso la soglia sospesa dell'alta val Leggia.
Il paesaggio si apre e davanti a me l'immacolato pendio settentrionale del pizzo di Paglia.
«Che figata» esclamo, ma presto un poderoso zoccolo di neve mi fa cambiare idea e mi costringe a procedere come un carcerato con la palla al piede.
Pranzo. È già l'una.
Ripresa la marcia capisco che non c'è nessuna traiettoria obbligata. Evito solo di tagliare dei pendii ripidi che potrebbero non ancora essere assestati. Del resto la distruzione causata nel fondovalle da una recente valanga mi invita alla prudenza.
Giunto al cospetto dei roccioni del Sas Mogn, piego a sx verso la vetta del pizzo Paglia.
A m 2520 devo però levare gli sci: le metrate di neve polverosa che coprivano fin qui i pendii hanno lasciato il posto al ghiaccio.
Non provo nemmeno a portare le assi in vetta. A parte il freddo cane, la pendenza finale supera i 45° e non mi va di fare un ruzzolone sul ghiaccio. Uso perciò picca e ramponi.
Il pendio si stringe sempre più. Devo usare le mani su una roccia, poi ha inizio l'area cresta finale con notevoli cornici, sospesa tra la val Cama e la val Grono. Di fronte a me, oltre la croce, il lago di Como.
Le nuvole maledette hanno offuscato il cielo, ma ancora qualcosa del paesaggio rimane.
Eccomi in vetta al pizzo Paglia (m 2593, ore 6:30). I due laghi (Como e Maggiore), la val Cama, la val Grono, la valle del Dosso, ma anche il bossolotto col libro. Lo scorro avidamente e velocemente prima di congelare.
Non trovo la firma mia e del Caspoc', ma è ovvio: il libro è stato cambiato nel luglio del 2014, poche settimane dopo la nostra traversata.
Pace. Firmerò per oggi.
La discesa? Eccezionale, da lacrime proprio, fino a m 1550, poi gli sci diventano passeggeri del mio zaino. Ci metto quasi tre ore dalla vetta all'auto e il frontalino mi torna utile. Per fortuna in discesa niente zecche.
Rientro nel mondo civilizzato e ascolto la radio rientrando. È scoppiato il panico da Corona virus pure in Ticino e da domani senza permesso di lavoro non si potrà più accedere alla Svizzera, tantomeno per sciare anche se si va in posti dove è impossibile incontrare anima via.


A m 1000 il sentiero accede alla val Leggia, ma di neve ancora solo radi lacerti.


L'alp Comun, dove il panorama si apre e compare nella sua interezza lo splendido versante N del pizzo Paglia.

Il Sas Mogn.

In vetta al pizzo Paglia. Sguardo sul lago di Como.


Il libro di vetta.


Gli effetti devastanti di una vecchia valanga in alta val Leggia.

Tramonto in direzione di Bellinzona.


L'itinerario visto dall'alp de Comun.