domenica 28 aprile 2013

Pizzo del Ferro orientale (m 3199)

25 aprile 2013

Pizzo del Ferro orientale - cresta E.

Partenza: San Martino Valmasino (m 923).
Itinerario automobilistico: da Morbegno seguire la SS 38 verso Sondrio. Appena attraversato il ponte sul Màsino, svoltare a sx all’altezza di Ardenno (5 km a E di Morbegno) e seguire la SP9 della val Màsino fino a San Martino. All’ingresso del paese la SP 9 piega a sx. Prendere invece a dx (negozio Fiorelli) la stretta strada che tra le case raggiunge prima il ponte sul Mello, poi il parcheggio gratuito nei pressi del centro sportivo. Se questo fosse pieno, si deve ricorrere a quello a pagamento all’ingresso del paese.
Itinerario sintetico: S. Martino ( m 923)- Cà di Rogni - Casera del Ferro -  - pizzo del Ferro Orientale (m 3200).
Tempo di salita previsto: 7 ore.
Attrezzatura richiesta: attrezzatura da sci alpinismo o ciaspole, pala, arva e sonda, ramponi, piccozza, corda 40m, un paio di friend medi, cordini e imbraco.
Difficoltà / dislivello: 4 su 6 / oltre 2300 metri.
Dettagli: OSA.
Alpinistica PD- il tratto finale per il pizzo del Ferro Orientale (pendenze fino a 45°). Per la cuspide finale si  deve risalire un ripido canaletto (55°) che deposita sul pendio finale (SO) per la vetta. Altra alternativa è la cresta E dal colle. Passi di II+.

Il pizzo del Ferro e i tracciati di salita (sx) e discesa (dx) visti dal Centro della Montagna a Filorera.

24/04/2013 Siamo al Centro della Montagna a montare una mostra fotografica in occasione del Melloblocco, al termine di una primavera piovosissima che ha rovinato tante gite con gli sci, e continuiamo a guardare la val del Ferro e le sue cime. Una in particolare, il Ferro orientale, con la caratteristica S che ne solca la parete S, sveglia in noi un'irrefrenabile voglia di scivolare lungo i pendii del Masino.
I 2300 metri di dislivello che separano dalla vetta sono l'unico ostacolo a frapporsi tra la mia proposta ed un sì immediato di Roby, Giovanni invece non esita ad aggregarsi.

Pizzo del Ferro orientale, il tratto finale della salita.

25/04/2013 Sono le 3 e mezza di mattina quando io, Roby e Giovanni lasciamo la macchina a San Martino e alla luce dei frontalini e della luna piena prendiamo il sentiero per la val di Mello.
Gli zaini sono molto pesanti: sci, scarponi, fotocamere. Niente cibo, che l'ho dimenticato, piccozze, ramponi e probabilmente qualche sasso mi piegano la schiena in avanti, mentre velocemente superiamo Ca di Rogni e pieghiamo a sx prima del ponticello, seguendo il sentiero per la val del Ferro. La luna va a nascondersi dietro il monte Lobia. Fa molto caldo, ma il cielo stellato ci assicura che in alto il mando nevoso è rigelato.
Ai m 1639 della casera del Ferro (ore 3), quando mi sono già abbondantemente slozzato le scarpe nell'attraversare il torrente, la neve pare ancora lontana. Sulla sx orografica risaliamo alcuni tornanti, per riportarci al centro della valle proprio al di sopra del grande salto di rocce da cui precipitano fragorose cascate. In questo tratto due grosse lingue di neve (siamo a circa m 1750) ci fanno ben sperare per il ritorno. Oltre il salto prendiamo quota nel centro della valle, spostandoci lentamente a dx.
Arriva l'alba che colora di rosa le Orobie. La neve è ora ovunque. Compatta e ruvida, tanto da lasciarmi camminare in scarpe da ginnastica fino a m 2500, dove il freddo ai piedi mi costringe a mettere gli scarponi da sci. Il Ferro orientale è alto sopra di noi e la sua S nevosa appare sempre più scahiacciata man mano ci portiamo ai suoi piedi.
Vige l'anarchia. Ognuno batte una sua traccia, ognuno sceglie la tecnica che più lo aggrada: sci, scarpe da ginnastica, rampanti. La copertura permette di progredire senza particolari obblighi. A m 2600, quando il bivacco Molteni occhieggia in basso a sx, ci affacciamo ad una conca che ci porta alla base della S finale.
La attraversiamo in piano, poi, all'impennarsi del tracciato (m 2700 ca.) , leviamo le assi e, armati di ramponi e piccozza, attacchiamo il primo ramo del pendio.
Sfiga vuole che, nonostante le valanghe siano già scese, la neve non è più portante. Si tribola un po' nel trovare gli appigli per non affondare.
Giovanni ben presto si rompe le scatole e rimette gli sci. Io sono un po' cotto e non voglio affannarmi in giochi di equilibrio.
Davanti a me neve e ghiaccio, alle mie spalle l'immenso panorama sulle cime della val Masino.
In breve tempo siamo al terzo e ultimo spezzone della S (45°). Il ghiaccio si alterna alla fuffa. Si alternano i momenti in cui il rampone non si pianta bene a quelli in cui quando dai la pedata sfondi fino alla vita.
Giovanni ci segue, ora sci e rampanti sono sono più consigliabili.
Dei fendenti di sole segnano la fine delle ostilità e ci proiettano nella splendida conca sotto la vetta. Siamo a m 3050 circa.
Dopo un tentativo andato a vuoto di espugnare la cima per un canale diretto che ci avrebbe portato sulla cresta SO (via che avevo seguito l'anno scorso con Andrea, ma troppo azzardata oggi con la neve che molla), raggiungiamo l'evidente colletto sulla cresta E della cima (m 3150, ore 3). Barcollanti cornici ne addobbano il lato N, mentre, in direzione perpendicolare, due lame di roccia si proiettano verso il cielo addobbate da blocchi vertiginosi.
Oggi non sono per niente in forma e, per di più, sono partito con la sola intenzione di fare una bella sciata senza prendermi rischi.
Roby è della mia stessa idea, per cui si ferma al colle, mentre io accompagno Giiovanni che vuole toccare la cima. Abbiamo 17 metri di corda, due fettucce e tre friend, per cui il numero di problemi che possiamo affrontare è limitato.
Il primo microtiro tocca a me. La neve è marcia, placconate e blocchi si alternano a pietre instabili. Faccio una sosta su uno spuntone devitalizzato, per consentire a Giovanni di affrontare il secondo tiro, con il quale raggiunge la cima di una prima torre, da cui inizia a traversare sul versante S per una cengetta di placche e neve instabile.
Dopo molto lavoro di pulizia, mi recupera.
"Non voglio più proseguire: dalla cima scendi solo con le doppie e noi non siamo attrezzati."
"Usiamo i friend, poi facciamo a metà", ribatte Giovanni.
Ma per me il Ferro orientale non vale 180 euro di attrezzatura abbandonata. È una cima che ho già salito d'inverno, che potrei risalire domani con gli attrezzi idonei, per cui non rischierei oltre. Per di più siamo ben consapevoli che per toccare il punto culminante, circa 25 metri sopra di noi e al di là di un tratto pianeggiante, perderemmo almeno un'altra ora e mezza - e ciò significherebbe rovinarsi la sciata perchè la neve sta smollando.
Poi, cosa non trascurabile, oggi non sono per niente in forma e mi sento troppo impacciato nei movimenti e minacciato dal vento che soffia fastidioso.
Pur con qualche difficoltà, siamo di nuovo da Roby. Giovanni è molto amareggiato per la mancata vetta, io molto sollevato per non aver rischiato oltre, Roby è molto gasato perchè ha fatto foto da paura mentre noi arrampicavamo.
In questa mescolanza di umori calziamo gli sci e salutiamo la cima della Bondasca, le Sciore e l'Albigna, volti della Bregaglia incorniciati dal ghiaccio e dalle rocce del colle.
Pochi istanti e inizia una sciata super. Ho gli attrezzi nuovi, i sognati Maestro della Trab con montato il loro attacco nuovo.
Ma le gambe scottano per la mancanza di allenamento e la paura di prendermi una nuova distorsione al ginocchio, così derapo la parte alta della S che sarebbe invece stata più facile se affrontata con le rapide serpentine di Giovanni.
Metro dopo metro, per fortuna, riprendo confidenza con lo sci, anche grazie al manto che si fa sempre più facile e levigato.
Sciare in Valmasino è ogni volta un sogno che si avvera, perchè nelle notti d'inverno i miei sogni sono tutti ambientati in posti del genere.
Lo scatolotto rosso del bivacco Molteni è ora alle nostre spalle, in breve le nostre scarpe da ginnastica - depositate all'alba sopra un sasso a m 2500 - sono sulle nostre spalle e, a m 1750, quando scio l'ultima lingua nevosa sopra la Casera del Ferro, pure dei segnacci rossi addobbano le mie spalle: non ho messo la crema solare!
Giovanni, sciatore estremo, scende con le assi sopra rododendri e chiazze d'erba.
Io e Roby ridiamo, poi ci sediamo uno accanto all'altro e ci godiamo un riposino riscaldati dal sole dell'una.
Quando alla nostra sx il torrente del Ferro viene rimpiazzato dal Mello, prepotentemente veniamo ributtati tra le gente. Centinaia di boulderisti, escursionisti o semplici curiosi occupano ogni prato della valle. Che caldo, quasi tutti vestono estivo, per cui la nostra attrezzatura da sci desta molto stupore, tant'è ci sentiamo come i monumenti in preda ai turisti giapponesi.
Arrivati a San Martino (meno di 2 ore dal colle!), il Ferro orientale troneggia sopra le nostre teste e ci permette, semplicemente indicandolo, di spiegare alla gente dove diamine siamo stati vestiti in questo modo.

Alle 3:30 - partenza da San Marino Valmasino.

Verso ca di Rogni alla luce della luna piena.

Val di Mello e val Cameraccio illuminate dalla luna.

All'attacco della S.
S - tratto ripido.
S - tratto ripido.
Nella conca sotto la vetta.
Nella conca sotto la vetta.
Verso il colle.
Al colle.

In discesa a m 2600. Sullo sfondo il torrione del Ferro.

Sciata in maglietta: troppo caldo!!!













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