venerdì 2 agosto 2013

Mont Blanc du Tacul (m 4248) per le aiguilles du Diable

Nel gruppo del Bianco l'alpinismo ha conosciuto uno sviluppo molto avanzato già negli anni '30, quando i migliori al mondo si sfidavano su queste cattedrali di granito immerse nei ghiacci. In questo fervore, il 4 agosto 1928 furono attraversate da Armand Charlet, Giorges Cachat con Miriam O'Brien e R.M.L. Underhill le aiguilles du Diable, cinque ardite torri di roccia poste sulla cresta SE del mont Blanc du Tacul.
La salita divenne subito famosa e di moda e viene tuttora considerata una delle più belle ed estetiche del gruppo.
Si tratta di un percorso piuttosto complesso, aereo e spettacolare, con passaggi non sempre facili da individuare e calate in corda doppia in un paio di casi impegnative: non va sottovalutato.
Queste 5 torri servono a Giovanni Rovedatti per ultimare i 4000 "difficili" delle Alpi e portarsi ad un passo dalla conquista di tutte e 82 le cime che da anni sta collezionando, a me per vedere qualche montagna fuori provincia, così andiamo assieme a fare una gita in valle d'Aosta.


Giovanni appena sopra la breche Carmen. Alle sue spalle la pointe Mediane, da cui si discende con delicata calata con pendolo.

Partenza: colle E della aiguille des Toules (m 3411).
Itinerario automobilistico: da Sondrio prendere per Milano, quindi l'autostrada A4 Torino - Venezia in direzione Torino. Dopo Novara immettersi sulla A5 seguendo le indicazioni per il traforo del monte Bianco, poco prima del quale si prende l'uscita per Courmayeur (sono 340 km e 28 euro di pedaggio autostradale). Da qui si prende la cabinovia che porta al rifugio Torino (35 euro andata e ritorno). A causa dei lavori in corso per la nuova funivia è sconsigliabile e pericoloso salire a piedi. Dal rifugio abbiamo aggirato (NO) a dx la pointe Helbronner e il Grand Flambeaux, per piegare a sx (SO) ed entrare nella conca tra l'aiguille des Toules e il grand Flambeaux - dove abbiamo posizionato la tenda.
Itinerario sintetico:  colle E della aiguille des Toules (m 3411) - cirque Maudit - col du Diable (m 3955) - corn du Diable (m 4064) - pointe Chaubert (m 4074)- pointe Mediane (m 4097) - pointe Carmen (m 4109) -  pointe isolée (m 4114) - mont Blanc du Tacul (m 4248) - col du Midi - colle E della aiguille des Toules (m 3411) . 
Tempo previsto: dalle 15 alle 20 ore a seconda delle condizioni.
Attrezzatura richiesta: corda almeno da 60 m, casco, imbraco, piccozza, ramponi, moschettoni, cordini, serie di friend e (opzionali ma molto comode) scarpe da roccia.
Difficoltà/dislivello in salita: 5.5 su 6 / oltre 1000 metri.
Dettagli: D+. Scalata su guglie di ottimo granito poste sopra i 4000 metri (max. V, ma seguendo un tracciato non ottimale abbiamo incontrato due passi di V+). Ambiente severo e dalle condizioni mutevoli. Occorre buona pratica con le corde doppie perchè ci sono due calate che non ammettono errori di manovra. Avvicinamento e rientro sono su pendii glaciali crepacciati.

Dopo una lunga trasferta in Panda e la salita in funivia al rifugio Torino, piazziamo la tenda sul colle a E della aiguille des Toules (m 3411). Il posto è appartato e ciò limita la quantità di escrementi che ci sono attorno al nostro accampamento. 
Bell'incipit direte voi, ma ad esser sincero la prima cosa che mi colpisce arrivato al Torino, non è il paesaggio, ma l'enorme quantitativo di persone di ogni astrazione sociale, sportiva e nazionalità che brulicano dappertutto. Quante tende poi sul ghiacciaio. È una situazione quasi disagevole, abituato come sono alle nostre montagne che ti permettono un contatto più intimo con l'ambiente.
Dopo un pomeriggio speso a guadagnar sonno e scongiurare l'oftalmia rifugiati nei sacchi a pelo, la sera saliamo sull'aiguille des Toules (m 3538, ore 0:30) per il versante SE (rottami) ad ammirare il gruppo del Bianco e a capire  dove diamine dovremo andare l'indomani.
"Là!", mi dice Giovanni indicando una serie di torri grigio-rossicce sulla cresta SE del mont Blanc du Tacul. Proprio lì c'è un elicottero che rumoreggia.
"Ma quello è il soccorso, bella premessa! Facciamogli le foto così se tocca anche a noi domani le abbiamo già!"
Ci sediamo ed assistiamo al recupero di 3 alpinisti che vengono portati via appesi al verricello. Sono le 18:30 e il fatto alimenta in me un po' di tensione.
Torniamo alla tenda. Siamo saliti con uno zaino pesantissimo da 90 litri con tutto il necessario per scalata + accampamento. Ma ne abbiamo con noi anche uno da 50 in cui mettere l'occorrente per la sola scalata.
Fatto il sacco, ripassate le fotografie della cresta, ci mummifichiamo e attendiamo le 2:30.

Il nostro accampamento. Sullo sfondo l'aiguille Verte.
L'elicottero in azione sulle aiguilles du Diable.
Quello che sarà il nostro tracciato. Un ambiente grandioso, dove la verticalità e la quota ti schiacciano e rendono tutto più difficile.
Primo alpinista recuperato. Pare dalla breche Carmen.
Eccolo lì appeso come un salame a stagionare.
Beh, rilassiamoci comunque alla vista del Dente del Gigante e delle Grandes Jorasses.
Alpinisti sul glacier du Geant lambiscono l'ombra delle aiguilles du Diable.
La nostra tenda al tramonto.
Ultimo sguardo alla mappa e buonanotte!

Al risveglio c'è una fitta nebbia, che per fortuna si scioglie non appena ci incamminiamo alla luce delle pile frontali.
Entriamo nel cirque de Maudit, vallone glaciale che si distende a SO del mont Blanc du Tacul. A circa m 3600 pieghiamo a dx e risaliamo un conoide glaciale con larga crepaccia mediana, attraversiamo (dx) una fascia rocciosa (II+) ed entriamo nel ripido (40°) canale che sale al col du Diable (m 3955, ore 3:30). Vi arriviamo che sta sorgendo il sole regalandoci uno spettacolo infuocato in grado di infrangere ogni velleità alpinistica nella sola speranza questo istante si possa congelare.
Poi la luce torna bianca e sveglia dall'incanto.
Abbiamo altre 3-4 cordate davanti a noi. Alla sella nevosa, prendiamo a sx per rocce e neve, quindi aggiriamo da sx il corn du Diable, primo delle aiguilles du Diable, raggiungendo la breche Chaubert (m 4047).
A dx saliamo la faccia NO della corn du Diable (m 4064) per fessure verticali. Mi chiedo: "Se questo è solo terzo grado sulla relazione, come caspita farò quando ci saranno i passaggi di V?" Confido nell'aver sbagliato linea. Giovanni che qui era già stato in un precedente tentativo, questa guglia l'aveva salita, ma non ricorda casini del genere. Va beh, siam su.
Veloce doppia (ci sono nuovi anelli con spit su tutte le guglie che rendono più veloci e sicure le calate) e siamo nuovamente alla breccia. 
Aggiriamo la costola rocciosa che la divide e ci portiamo sotto il muro di rocce verticali solcate da due fessure della Chaubert.
Un chiodo su quella di sx mi attira e mi obbliga (maledetto) a bruciarmi le braccia su un passo di arrampicata duro (V). Se avessimo tenuto il filo di cresta!
Ripreso lo spartiacque aereo e di granito rossiccio e solido  (IV), in 35 metri di corda dalla breccia tocco la pointe Chaubert (m 4074).
Due doppie da quasi 30 m e una più corta su terreno innevato e sono alla sella aerea e inquietante della breche Mediane (m 4017). Da qui non torniamo più indietro. Un tiro di corda (35 m) tra pianerottoli pieni di escrementi e fessure (III+) e sostiamo alla base del grande diedro che solca la faccia orientale della pointe Mediane. Lo percorro per quasi 45 metri (IV e V, movimenti e incastri interessanti), ed esco sulla sx con molta delicatezza perchè vi sono blocchi mobili che, se scalzati, ucciderebbero chi sta sotto. C'è uno spit, ma meglio tirarsi via di lì e sostare sul pianerottolo.
Una guida francese col cliente, dopo 25 metri di diedro è andato a dx e si è portato sulla cresta di fronte a me, forse quella era la strada giusta. È lì annoiato che recupera il cliente, gli fa la classica foto dall'alto al basso dove sembrerà su una parete altissima, poi prende il cellulare e scrive messaggi. Il diedro, come conferma Giovanni, è stato davvero divertente. Non sento il bisogno di inviare sms.
Al pianerottolo successivo, con un camino di 3 m (sx) usciamo su una terrazza con lastre ai piedi dei tre grandi blocchi che costituiscono la cima. Quello di NO è il più alto (sx). Per salirvi passiamo nella finestra di sx, quindi rimontiamo (dx) brevemente sopra alla calata attrezzata su un ripiano da cui si tocca la pointe Mediane (m 4097).
Poco sotto la cima c'è una calata su clessidra con maglia rapida. La rinforziamo e ci buttiamo nel baratro.
È davvero un salto nel vuoto che porta su un colletto sospeso tra la Mediane e la Carmen, la breche Carmen (m 4057).
Come un cretino non faccio l'autobloccante e man mano vedo il baratro sotto i miei piedi mi pento della mia arroganza.
Le quote di cima e breccia sono sbagliate, perchè con una calata da 30 metri si arriva esattamente sulla sella, o meglio, faccia alla pointe Mediane, si tocca la sella dopo un pendolo verso sx. E se provate a fare la sottrazione risultano 40 metri tondi.
Il discensore friziona troppo poco, così arrotolo la corda attorno all'avambraccio mentre cerco dei trampolini per i piedi.
Vedo delle corde abbandonate e capisco che gli alpinisti vericellati ieri probabilmente hanno sbagliato questa calata rimanendo appesi nel vuoto. Del resto l'ultimo tratto strapiomba, per cui la spinta per il pendolo ce la si deve dare sopra o si deve indirizzare subito la calata a perpendicolo sulla breccia (che da su non si vede).
Per Giovanni l'avventura è più tranquilla: gli tengo io l'altro estremo della corda evitandogli l'esercizio circense. Prossimo giro facciam cambio!!
Rimontiamo per fessure ghiacciate a dx della parete della pointe Carmen arrivando ad un bel pianerottolo con fettuccia (IV, 35 m). È impressionante il colpo d'occhio sulla Mediane e vedere 2 alpinisti tedeschi che si stanno cimentando nella calata.
Il primo viene aiutato da Giovanni ad arrivare coi piedi a terra e non nel vuoto.
Giovanni mi raggiunge. Davanti a noi svetta il pinnacolo dell'anticima SE della Carmen (m 4109). Lo aggiriamo per fessure (IV) da dx e siamo alla breccia tra le due punte. La maggiore, l'occidentale, la vinciamo per 10 metri di lama improteggibile (IV-), che va disarrampicata pure al ritorno fino alla breccia.
Due calate da 30 metri su spit, quindi una da 10 su cordino con maglia rapida, ci depositano sulla crestina di rocce, neve e ghiaccio che veste la breche du Diable. 
I tedeschi, che hanno saltato il cocuzzolo della Carmen, ci hanno superati facendo subito le doppie con 2 corde gemellari di cui una ha un evidente taglio sulla maglia!
Dinnanzi a noi l'Isolée, che aggiriamo da dx per un canalino sfasciumato. Siamo alla forcella alla sua dx (breche de Isolée, m 4078).
Depositati gli zaini e messe le pedule scendiamo a ritroso per 15 metri. Traverso sulla placca appigliata verso sx (faccia a monte) fino a una fessura/diedro appena a dx dello spigolo E. La risalgo tutta con difficoltà crescenti (IV, IV+). Al suo termine a sx c'è un chiodo con cordino a proteggere uno strapiombino duro, che rimonto con incastri di pugno nella fessura di sx (V+). Forse quel cordino è più "a mungere" che "a proteggere", ma sono 10 punti di penalità se lo si usa, quindi mi guardo bene dal farlo!
Eccomi su un pianerottolo dove un masso è fasciato con dei cordini. Arriva anche Giovanni e da lì senza percorso obbligato e con passi semplici (II/III), arriviamo in vetta all'Isolée (m 4114, ore 4-7 dal col du Diable). Sono le 16:30.
Giovanni festeggia perchè vede il suo traguardo dei 4000 delle Alpi molto vicino, io invece sono un po' in ansia perchè è tardi e non so quanto manca.
Giovanni sale in piedi sulla vetta, io no perchè c'è troppa puzza: qualcuno ha cagato proprio in cima.
Ho un po' di nostalgia di scalare montagne meno ambite. Come dico al mio compagno, non mi è mai capitato di arrampicare e avere le mani che puzzano di piscia.  Inoltre mi manca un orizzonte che si perda in vallate silenziose e senza funivie, senza trasmettere l'idea che l'uomo debba conquistare tutto a tutti i costi. Possiamo vedere tante cose nella nostra vita senza aver bisogno di rovinarle, di spettacolarizzare ciò che facciamo, di muoverci seguendo le mode e non l'istinto.
È più emozionante ammirare una farfalla che si posa su un fiore, un temporale al riparo di una roccia, stare sdraiati su un prato a chiacchierare con un amico, che essere in fila su una scalata alla moda. Credo che le persone che fanno le sole scalate alla moda sono lì per trovar motivo di vanto, per apparire qualcosa che sanno di non essere, e non per assistere in silenzio allo spettacolo della natura. Sul Bianco ad agosto ce ne sono proprio troppe così. Mi sento come ad un concerto circondato da importunatori distratti che col loro brusio mi fanno venire il mal di testa mentre cerco di ascoltare la musica.
Lontano sul 4800 più ambito ancora tante cordate stanno scendendo verso casa.
L'elicottero è ora a recuperar gente tra l'aiguille Noire e l'aiguille Blanche, sulla leggendaria e difficilissima cresta di Peuterey. Quelli di certo non han trovato traffico!
Ripartiamo.
Fin'ora le relazioni consultate si sono rivelate imprecise e ci hanno fatto buttare un sacco di tempo.
Per una gita del genere si deve avere  margine o si rischia di dover chiamare l'elicottero con disonore.
Per fortuna ho visto le cordate prima di noi e ho capito che di qui si smamma con una calata da 30 metri precisi sul versante NE dell'Isolée. Il punto di calata è un pianerottolo 15 metri sotto la vetta dove si trovano numerosi cordini con maglia rapida.
Pure questa doppia è obliqua. Bisogna infatti spostarsi un po' a sx (faccia alla parete) altrimenti si finisce nel vuoto e non alla breche de l'Isolée.
Il vento freddo, la stanchezza, il non aver mangiato nulla e bevuto pochissimo iniziano a farsi sentire, ma non c'è tempo per le lagne.
Riprendiamo la cresta per il mont Blanc du Tacul. Tutto in conserva corta. Si torna a muoversi su terreno facile (II/II+) . Teniamo il filo, o al più la sua dx, fino a un canale nevoso. Lo traversiamo verso dx al limite di una fascia rocciosa ripida, quindi torniamo a sx (marcio) e riguadagniamo lo spartiacque. Finalmente si vede la vetta! Un arco a sx su cresta prima di roccia, poi, dopo l'anticima E, di neve verso sx, ci porta a calpestare un'enorme meringa a sbalzo, sipario della vetta del mont Blanc du Tacul (m 4248).
Sono le 18:30. Il paesaggio è grandioso. Ghiacciai a perdita d'occhio, e creste e... è tardi!!
Giù per un autostrada di calpestii fino (O) alla sella a m 4086, poi timone a N e, sempre nelle trincee delle gite classiche, zigzaghiamo tra i crepacci per il col du Midì. A sx si vede Chamonix e la tormentata lingua del glacier des Bosson che si spinge fin sotto i m 1300!
Con un lunghissimo arco verso dx scendiamo al col du Gros Rognon, poi ancora giù verso N fino ai piedi de la Pyramide e del Capucin. Gli spazi sono grandissimi, rispetto almeno a quelli che viviamo sulle nostre montagne. Ci muoviamo per inerzia finché è discesa, poi la traccia inizia a salire tra larghi crepacci ed escrementi fino a riportarci alla tenda alle ultimissime luci. Sono le 10 di sera. Siamo stanchi morti.
Bevo un po' di té che era rimasto in tenda, un sorso di birra sgasata, mangio un po' di salame e crollo dentro al sacco a pelo.
Quant'è comoda la nostra tenda e quanto sarà bello domattina lavarsi via la puzza del Diable con la fresca acqua torrente a Courmayeur!

L'alba al col du Diable (m 3955).
Salita dal col du Diable verso la breche Chaubert.
Ai piedi (E) del corn du Diable.
Arrampicata sul corn du Diable. Forse un po' più del III grado è, almeno da questa parte.
Vista dalla pointe du Diable (m 4064). 
Difficile fessura sulla Chaubert, evitabile facendo integralmente lo spigolo. Meglio mai fidarsi dei chiodi in via, non sempre indicano la rotta giusta!
Con un po' di imprecazioni e sostituendo gli scarponi con le pedule ne vengo a capo e arrivo in cresta.
Preparo le calate per la breche Mediane. Sono 2 da 30 metri e una da 10. Alle mie spalle il mont Maudit ("maledetto") e il monte Bianco.
Nel diedro della Mediane. 
In vetta alla Mediane. 
I tedeschi si calano dalla Mediane verso la breche Carmen.



Tracciati per Carmen e Isolée dalla Mediane.
Alpinista verso la vetta della Carmen.
Sulla Carmen si inizia con fessure e pianerottoli ghiacciati (IV).
Carmen: anticima E. 
In vetta alla Carmen.
Giovanni in vetta alla Carmen.
La nostra linea sulla Isolée. In basso mi devo esser complicato la vita seguendo alcuni chiodi che mi hanno portato a uno strapiombino. Indicata anche posizione della calata. 
Il primo difficile tiro sulla Isoleé. Per fortuna avevo le pedule ed ero senza zaino!

Giovanni in vetta all'Isolée. 
Tracciati per l'Isolée. La calata deve essere obliqua verso E. 
Mediane, Carmen e Isolée viste da NO. Indicate le calate e il tracciato per la Carmen. 
Per cresta più facile dalla Isolée si seguita verso il mont Blanc du Tacul.
270° dal mont Blanc du Tacul. A sx il monte Bianco, quindi il Maudit ... e poi non le conosco!
In vetta al mont Blanc du Tacul c'è una croce ribaltata. La nostra cresta è alla mia sx.
Giovanni sorride sul mont Blanc du Tacul. Con oggi ha finito tutti i 4000 difficili delle Alpi.

La meringa sul mont Blanc du Tacul.
La grande meringa sotto il mont Blanc du Tacul.


7 commenti:

  1. "Ho un po' di nostalgia di scalare montagne meno ambite. Come dico al mio compagno, non mi è mai capitato di arrampicare e avere le mani che puzzano di piscia. Inoltre mi manca un orizzonte che si perda in vallate silenziose e senza funivie, senza trasmettere l'idea che l'uomo debba conquistare tutto a tutti i costi. Possiamo vedere tante cose nella nostra vita senza aver bisogno di rovinarle, di spettacolarizzare ciò che facciamo, di muoverci seguendo le mode e non l'istinto.
    È più emozionante vedere una farfalla che si posa su un fiore, un temporale al riparo di una roccia, stare sdraiati su un prato a chiacchierare con un amico, che essere in fila su una scalata alla moda. Credo che le persone che fanno le sole scalate alla moda sono lì per trovar motivo di vanto e non per assistere in silenzio allo spettacolo della natura. Sul Bianco ad agosto ce ne sono proprio troppe. Mi sento come ad un concerto circondato da importunatori distratti che col loro brusio mi fanno venire il mal di testa mentre cerco di ascoltare la musica."

    Grande riflessione Beno!
    Valentina

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  2. Forse un tuo commento e plauso (Beno) andrebbe anche alla guida Francesco Civra Dano, che proprio mei giorni precedenti la vs salita ha completamente riattrezzato con fix e anelli di calata inox tutte le doppie dalle varie torri, rendendo la traversata completamente fattibile in sicurezza con 1 singola da 60 metri. Per chi interessa allego il link dove trova il disegno perfetto del cuore e delle calate nella traversata.
    https://www.facebook.com/photo.php?fbid=219750544842443&set=a.195221020628729.1073741826.151602574990574&type=1&theater

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    1. Mi pare di aver già segnalato chiaramente la cosa nel testo : "ci sono nuovi anelli con spit su tutte le guglie che rendono più veloci e sicure le calate",
      ma il nome di chi le ha attrezzate non mi era possibile certo conoscerlo non essendoci targhette in loco né essendo io della zona.

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    2. Anzi, per esser precisi... su tutte le guglie tranne l'Isolée dove si fa la doppia da 30 m su cordini

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  3. Io non voglio fare polemica, però dovete spiegarmi cosa c'è di tanto plaudibile nell'impestare una montagna di chiodi, di ferro e di trapanate.
    Non fraintendetemi: so bene che qualche chiodo e una corda bisogna portarseli con sé. Ci mancherebbe. Però sono dell'idea che l'armamentario debba chiudersi lì.
    L'alpinismo odierno, con tutta la roba che si porta dietro, rende la montagna accessibile a chiunque abbia un po' di preparazione atletica. Le vie difficili e alla moda, attrezzate per benino, hanno ridotto le cime da 4000 mt. piene di spazzatura, perché chi ci sale non è solo colui che ama la montagna, si sacrifica alla fatica per arrivare in vetta e per contemplare la bellezza. La maggior parte di chi sale, lo fa per scattarsi una foto ed inviare un sms. Per molti non è altro che un modo per collezionare successi, dimostrare chi sono. Sono dell'idea che una montagna del genere bisogna meritarsela e non tutti se la possono permettere: quest'ultima cosa bisognerebbe ficcarsela in testa ed iniziare ad accettarla come dato di fatto.
    Ferraglia e marchingegni all'ultimo grido hanno ridotto l'alpinismo ad una sterile gara e hanno svilito la montagna e la sua bellezza.
    Il difficile, invece, è proprio tornare a divertirsi sul gradi più bassi ed imparare apprezzare il bello sin dai primi passi che si compiono a valle. Osservando i prati, i colori, annusando i profumi ed ascoltando i suoni.
    Purtroppo, la maggior parte di coloro che salgono su queste cime, colori odori e profumi nemmeno sanno che ci sono. Del resto gli impianti di risalita, che servono a portarli fino ai 3000, parte di quel bello l'hanno pure distrutto.
    Un saluto sincero,
    Valentina

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  4. Opinione personale, ma io non chiederei venisse propagandato il mio nome se trapano una via per consentire ai colleghi di cubare clienti nel business delle vie alla moda!

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  5. bravissimi, che foto.

    Gio', -3 e poi si brinda!

    ciao,
    Ai@ce

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