venerdì 7 agosto 2015

Monte Ortles (m 3906)

A inizio ‘800 l’assetto geopolitico delle Alpi era ben diverso da quello attuale. Il Tirolo, regione il cui territorio è ora diviso tra Trentino, Austria e Veneto, faceva parte del Sacro Romano Impero ed era governato dagli Asburgo. 
In una sua visita in val Venosta, l’arciduca Giovanni d’Austria, fratello dell’imperatore Francesco II e appassionato naturalista, rimase folgorato alla vista dell’enorme cupolone di ghiaccio inclinato verso nord-ovest (vedretta Alta dell’Ortles) che costituisce la vetta dell’Ortles. Era già noto da tempo che doveva trattarsi della montagna più alta dell’intero Tirolo, in quanto questa si eleva chiaramente al di sopra di tutte le altre. L’arciduca Giovanni sostenne che la quota dell’Ortles era solo di poco inferiore alle maggiori cime di Svizzera e Savoia, ma per verificare tale affermazione occorreva che qualcuno si recasse su quella vetta tanto repulsiva per appurarne in maniera scientifica l’altezza. La questione non si limitava all’interesse geografico e cartografico, ma aveva risvolti patriottici e di prestigio politico.
Fu così che l’ufficiale Gebhard, su volontà dell’arciduca, promise alle genti di val Venosta una lauta ricompensa ai primi che avessero scalato la montagna, un po’ come De Saussure fece diciotto anni prima per promuovere l’ascesa al monte Bianco. Il 1804 fu un succedersi di tentativi infruttuosi finché, a stagione quasi conclusa, si propose per l’impresa il quarantenne cacciatore di camosci Joseph Pichler. Il 27 settembre Pichler guidò due uomini di fiducia di Gebhard, Johann Klausner e Johann Leitner, per la parete sud-ovest, la più alta della montagna, lungo un itinerario pericolosissimo ed esposto alla caduta di pietre e blocchi di ghiaccio. I tre conquistarono la vetta con gran gioia dell’ufficiale che inviò immediatamente una lettera all’arciduca per comunicargli la conquista e raccontarne i dettagli. Le misurazioni barometriche decretarono, peccando in eccesso, che l’Ortles misurava 14 mila piedi d’altezza (m 4267), ponendolo al terzo posto tra le cime delle Alpi fino ad allora conquistate, subito alle spalle di monte Bianco e monte Rosa.
Su quella prima ascesa vennero sollevati molti dubbi, perché l’aura d’inacessibilità dell’Ortles andava ben oltre a qualsiasi racconto. Il 28 agosto 1805 Gebhard fece porre sulla vetta una grande bandiera di lino rossa e nera, ma ciò non bastò a convincere i più scettici, tant’è che il 3 settembre dopo il tramonto, per fugare ogni dubbio l’ufficiale fece accendere sul cocuzzolo una grossa fiaccola.
Gebhard stesso raggiunse nel 1805 la vetta per ben 2 volte, sempre accompagnato da Pichler, che per molti anni fu la guida più richiesta della montagna, l’unica in grado di garantire il successo alle spedizioni che gli si affidavano.
Passarono gli anni, le guide e i grandi nomi dell’alpinismo. L’inaugurazione nel 1825 della strada dello Stelvio, capolavoro ingegneristico di Carlo Donegani che si snoda per 50 km e si contorce su 90 tornanti, unendo Bormio a Spondigna, cioè la Lombardia e il Trentino, attraverso il passo dello Stelvio (m 2758), contribuì non poco ad accrescere la fama dell’Ortles, in quanto questo è una delle principali attrattive paesaggistiche che si hanno dal valico, una visione che lascia chiunque a bocca aperta.
La salita all’Ortles, specialmente per la cresta est-sud-est (Hinter-Grat) o, a partire dalla fine dell’800, per la via normale che sale da rifugio Payer (cresta e versante nord) - entrambe attrezzate con corde e pioli di ferro - divenne così velocemente, e lo è tutt’ora, tra le più ripetute delle Alpi.

Conquistate creste e versanti, fu il turno delle alte pareti ghiacciate, in particolar modo della nord, dove Hans Ertl e Franz Schmid tracciarono il 22 giugno 1931 quella che, col suo sviluppo di ben 1300 metri di dislivello e pendenze tra i 40° e i 60°, è tutt’oggi ritenuta la più grandiosa via di ghiaccio delle Alpi Orientali. L’ambiente inquietante rende speciale l’esperienza di ripercorrere questa linea, tant’è che è abbastanza frequentata nonostante gli elevati pericoli oggettivi dovuti alle frequenti cadute di pietre e di blocchi di ghiaccio che più volte hanno causato vittime. 

(questo e altri racconti delle cime delle Alpi su "Alpi Selvagge" )

Il Signalkopf, punto chiave della Hintergrat. È bene aggirarlo e non tentare di superarlo direttamente!



7.8.2015

Su questa montagna dove si sono inseguiti i primati, ultimo dell'elenco la salita e discesa in velocità di Marco De Gasperi in 2h36' (!),  decidiamo di inseguire il nostro: quello di vederla almeno per una volta da vicino.
Partiamo alle 2 di notte da Sondrio con la nausea per le poche ore di sonno che mi obbliga a stringere i denti perché non calino le palpebre.
La strada è lunga e noiosa. Quasi 3 ore di auto, curva su curva, su e giù per il passo dello Stelvio, fino a raggiungere Solda e il parcheggio a S dell'abitato dove parte la funivia che porta al rifugio città di Milano (m 1860).
Ci incamminiamo nelle tenebre mentre il cielo man mano si fa più azzurro. Per il sentiero 2A raggiungiamo il rifugio del Coston (m 2661, ore 2:45).
Chiuso, tutti dormono, niente colazione per noi.
Ci portiamo sulla morena settentrionale della vedretta di Solda, ai piedi della poderosa triade Gran Zebrù - monte Zebrù e Ortles. Albeggia.
Fa molto caldo e ciò che rimane dei grandi ghiacciai sospesi sulle N di monte Zebrù e Gran Zebrù si sta sgretolando e precipita a valle con grandi boati.
Vogliamo raggiungere la vetta dell'Ortles per la Hintergrat (cresta ESE). Parrebbe molto bella e a tratti impegnativa. 
La cresta si alza proprio davanti a noi. Aiutati dai numerosi ometti di pietra ci portiamo sul fianco meridionale della dorsale, che risaliamo per pietraie e roccette fino a toccare lo spartiacque nei pressi di una forcella a m 3400.
Di qui insistiamo lungo il filo mai difficile fino a un tratto davvero sottile. Il Caspoc' vorrebbe proseguire sulla cresta, ma per fortuna cambia idea prima di incengiarsi: siamo nei pressi del Signalkopf, una spettacolare lancia strapiombante di roccia marcia che va assolutamente aggirata da sx per cenge esposte. Fin qui nulla da segnalare, a parte la terrificante visione del Signalkopf quando, ripresa la cresta, ci voltiamo.
Segue immediatamente un breve passaggio di IV, giusto 3 metri ma unto ed esposto.
Poi le difficoltà si placano decisamente.
Un po' a dx e un po' a sx e, dopo un altro passaggino di IV-, siamo a una selletta nevosa. Verso N c'è un bel precipizio e scorgo una piccozza volata e mai recuperata, così ce ne impossessiamo raccogliendola con una calata sull'orlo del baratro.
Riprende la marcia e prima delle 11 siamo in vetta: una decina di persone e una grande croce circondata da nebbie che nascondono il paesaggio. L'edificio sommitale ha una vasta calotta nevosa su cui si svolge la via normale. Decidiamo di percorrerla in discesa (N) per completare un interessante periplo della montagna.
La vedretta Alta dell'Ortles  è molto crepacciata e le voragini più larghe sono state attrezzate con tremanti scale a pioli. Ci sono molti gitanti che procedono lenti ed insicuri.
Raggiungiamo il bivacco Lombardi, sotto il quale il ritiro del ghiacciaio obbliga a disarrampicare in una zona piuttosto inquietante a causa dei seracchi pericolanti, poi giù, quindi a dx su dei ghiaioni appoggiati al ghiaccio. Tornati sulla dorsale c'è un breve passaggio di II+ . Le cordate davanti a noi decidono di utilizzare le corde doppie e sono estremamente lente e impacciate. Si crea una lunga coda. Tutti si calano, anche se non vediamo particolari difficoltà.
Dopo un'ora tocca a noi, poi, per fortuna,  riusciamo a superare e, per rocce marce siamo presto al Payer. Birrettina e giù per rientare alla macchina e da lì a casa dove arriviamo verso le 18:30.
Bilancio: bella gita e montagna marcia quanto affascinante che a mio avviso molti sottovalutano e affrontano benché non preparati, creando code e rischiando un po' troppo. Se fosse sopraggiunto un temporale molti oggi si sarebbero trovati in guai seri.
La stagione dell'Ortles per la normale sta volgendo al termine a causa dei buchi sempre più larghi nel ghiacciaio.
Come difficoltà considerate che  l'Ortles supera Bernina e Disgrazia se saliti per la via normale. 
Se si vuol far svelto conviene salire e scendere dalla Hintergrat dove non vi sono code, almeno al pomeriggio. Tuttavia una passeggiata sulla Vedetta Alta dell'Ortles vale l'attesa!

Verso il rifugio del Coston. Sullo sfondo l'Ortles. Tracciata la Hintergrat.
Il rifugio Coston 
La triade Gran Zebrù, monte Zebrù, Ortles.
L'alba sulla morena del ghiacciaio di Solda. Questo ghiacciaio è ricoperto per la maggior parte da detrito che lo rende scuro.
Lungo la Hintergrat.
Il monte Zebrù dalla Hintergrat.
Il Signalkopf.
Hintergrat - parte alta.
Hintergrat - gli ultimi metri per la vetta.
Hintergrat - gli ultimi metri per la vetta.
Crepaccio sulla vedretta alta dell'Ortles. 
Discesa sulla via normale.
La nord dell'Ortles martoriata da un'estate troppo calda. In queste condizioni non è assolutamente percorribile.
Il tracciato della via normale all'Ortles. 
Il rifugio Payer e l'Ortles.



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