sabato 10 ottobre 2015

Punta Milano (m 2610) e cima del Barbacan (m 2738)

In vetta alla punta Milano, la cuspide col volto di donna, all'ora blu.

È il 29 di settembre quando, solo, salgo svelto sul sentiero che dai Bagni di Masino porta alla Omio, e da lì proseguo in direzione della punta Milano, un'alta guglia di granito posta nei pressi del passo dell'Oro.

Non so perché, ma nell'osservarla tra le nebbie che si rincorrono, mi convinco che la via più logica per salirvi sia lo spigolo N. Non ho voluto leggere alcuna relazione, perché mi piace salire le montagne intuendo la via da solo.
La foschia gioca con un vento freddo e umido.
Per la cengia che taglia la parete E, mi porto sul versante N. Neve e ghiaccio segnano i ripiani, mentre dove la roccia è verticale tutto è pulito. Sono ai piedi della faccia che ambisco a scalare.
Che freddo e che impressione. Le nebbie si formano e si diradano in continuazione falsando ogni prospettiva.
Sono alla base di un muro di roccia alto una sessantina di metri e solcato al centro da una specie di canale-camino.
Mi ci intrufolo, ma dopo circa 20 metri vinti con grande dispendio di tempo e di energie mi rendo conto che solo e slegato è meglio non andare oltre: se poi non riesco più a tornare indietro divento scatoletta per i corvi.
Scornato torno alla base della punta Milano.
Si è fatto tardi, per cui, non volendo tornare a casa a mani vuote, mi dirigo a N e per canali, roccette e cresta conquisto la cima del Barbacan. Fin troppo facile, ma decisamente panoramica. Neanche a farlo apposta l'occhio torna sulla punta Milano. Vedendo la parete N nella sua interezza mi accorgo che vi è scolpito il volto di una donna.
Sono incredulo: quella cima è talmente famosa che mi pare impossibile non aver mai visto foto o panegirici di questo scorcio.
Mi vengono mille idee mentre torno ai suoi piedi cercando le migliori angolazioni per fotografarla.
Già che ci sono ritento di salirla, questa volta dal versante opposto.
Arrivare per cresta alla base della cuspide non è banale a causa della neve che rende la cresta insidiosa. Poi vedo lo spigolo S da vicino. È spitatto, quindi è da questo lato che vengono condotti quasi tutti gli assalti.
Ci provo, ma mi areno poco prima della fine del primo tiro: verticale e esposto, seppur tecnicamente facile (max IV+).
Scendere disarrampicando, dopo una stagione di lontananza dalla roccia a causa di una fastidiosa pubalgia, si rivela piuttosto scomodo: ho perso confidenza e allenamento.
Saltellando nell'erba alta, poi nel fitto del bosco, sono di nuovo ai Bagni che non è ancora notte, ma ho deciso di tornare all'attacco.
Nei prossimi giorni han messo neve: salirò con qualcuno autonomo nel calarsi in corda doppia e poi farò le foto alla signora di roccia tutta incipriata e con in testa un arrampicatore munito di frontalino.
Perchè il fotomodello con pila frontale sia visibile è necessario il calare delle tenebre. L'ora blu sarebbe perfetta.
È il 10 ottobre e dopo pranzo mi incammino con Nicola.
Stesso itinerario, ma questa volta il cielo è terso, nessuna nebbia, e i prati ingialliti dall'autunno s'illuminano accarezzati da una luce radente che fa brillare tutte le migliaia di goccioline d'acqua che penzolano dai ciuffi d'erba.
La neve inizia a m 2100. A m 2300 è fastidiosa e arrivare all'attacco si rivela faticoso.
Inizia la scalata in scarponi e coi guanti: fa freddo.
Il primo tiro (30 m, max IV+), questa volta che ho la sicurezza di una fettuccia ben messa e di una corda legata in vita, è piuttosto rapido. La seconda lunghezza è meno verticale, ma trovare i passaggi asciutti ci porta a seguire un atraittoria poco lineare.
Al terzo tiro ci spostiamo a dx alla base della faccia SE della cuspide sommitale. Qui un diedro parrebbe condurre senza particolari problemi in vetta, ma il ghiaccio mi butta indietro senza possibilità di replica. Così mi avventuro sullo spigolo S, a cavallo tra val Masino e val Codera. Gradino - pianerottolo, gradino duro (VI) e rampettina mi regalano l'apice. Ho la conferma che senza corda mai e poi mai ce l'avrei fatta per questa traiettoria.
Giunge anche Nicola che mi conferma che l'arrampicata non è affatto banale.
Gli lascio 1 corda da 60 m e mi calo, poi corro ai  piedi della cima del Barbacan per realizzare la fotografia.
Sta velocemente facendo buio, ma il cavalletto è già ben posizionato. È l'ora blu, Nicola accende il frontalino e io realizzo uno scatto davvero unico: l'ultima di copertina del prossimo numero de LMD!



Ligoncio e Sfinge dal sentiero per la Omio.











La val Porcellizzo dalla cima del Barbacan.
Tracciati per cima del Barbacan e punta Milano.
Il vecchio Giana e la punta Milano.

Uscita del primo tiro dello spigolo S della punta Milano.

Ultimo tiro.

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