giovedì 17 agosto 2017

Punta Rasica (m 3305)


Punta Rasica, Andrea affronta la cuspide finale.

La punta Rasica è il capolavoro di Christian Klucker del 27 giugno 1892, uno dei tanti del forte alpinista. Una vetta difficile, specialmente negli ultimi metri per la vetta, costituita da una spaventosa punta rocciosa, la cuspide. 
La cuspide fu superata dalla forte guida di Sils  senza alcuna assicurazione e resta una prova indiscutibile della forza e del coraggio di quel piccolo uomo che aveva spinto più oltre i limiti dell'alpinismo. 
Trovate dettagliati approfondimenti sulla figura di Klucker e la relazione di salita alla punta Rasica nel n.21 de LMD.


Io alla Rasica mi ci ero approcciato 5 anni fa, d'inverno, col grande Fabio Meraldi. L'ostacolo era stato il freddo, ma le rocce terminali, almeno, erano state di facile accesso.
Mai avrei pensato che il ritiro dei ghiacciai avrebbe potuto rendere la parete O della montagna, un tempo la più frequentata, così ostica da attaccare. 
Nella sua fuga verso l'alto il ghiacciaio ha infatti lasciato allo scoperto in basso grandi placconate su cui rotolano numerosi massi. Più su, al margine superiore del lenzuolo ghiacciato, un'amplissima crepaccia terminale e un muro basale di rocce infime ha reso inaccessibile  la via normale da quel lato, così ci siamo dovuti cimentare in un attacco una cinquantina di metri più a nord.
Per fortuna c'era Andrea in formissima, perchè quel canale-camino di 70 metri superava in più punti il VI grado e strapiombava anche. Lui davanti e io e Pietro dietro a fare i parassiti.
Tutte le soste su versante erano mal messe, il che significa che di lì non ci mette più il naso quasi nessuno.
Ma scomodità a parte, la cuspide finale è una bellissima scultura naturale, una lama di granito alta dai 10 ai 30 metri in equilibrio precario che mette il cuore in gola per la sua esposizione, ma che alla fine non è inespugnabile come sembra.
Dopo aver tribolato anche in discesa (abbiamo voluto cocciutamente rifare la vecchia via normale, incengiandoci al limite del ghiacciaio, quindi si è reso necessario risalire e calarci per il nostro camino di salita), alle 22 eravamo in Allievi (dove abbiamo avvisato casa) e alle 00:30 a San Martino, dopo 20 ore di marcia e patimenti inaspettati, oltre a una sosta per birra e gelato con le castagne al Gatto Rosso, in val di Mello.
Una grande avventura in amicizia su una montagna stupenda, condividendo fatiche e pericoli sempre col sorriso.



I rifugi Allievi e Bonacossa.

Sul ghiacciaio Rasica Ovest Inferiore, diventato un ghiacciaio nero.
Il tracciato per la punta Rasica (foto Pietro Pellegrini).


Verso il ritiratissimo ghiacciaio di Rasica Ovest Superiore (visibile in alto). A sx la cima di Castello.

Le grandi placconate lasciate dal ritiro del ghiacciaio di Rasica Ovest Superiore.

Scenari verticali...
Il tracciato per la punta Rasica  dalla base del ghiacciaio (foto Pietro Pellegrini).
Al cospetto della parete NO della punta Rasica. In alto si vede la cuspide finale.
Andrea apre il primo tiro (VI) (foto Pietro Pellegrini).
E anche il secondo (VI+) (foto Pietro Pellegrini).

Sul II tiro strapiombante.

L'uscita del II tiro.
In parete verso la cuspide (III+) (foto Pietro Pellegrini).

La cuspide passo 1: guardarla con timore.

La cuspide passo 2: afferrarne la stretta lama e prendere il coraggio di staccare i piedi da terra. C'è un bel vuoto da entrambe le parti e i compagni di cordata che sbeffeggiano, tanto loro verran su da secondi!

La cuspide passo 3: oramai non si torna più indietro. Bisogna trovare i giusti equilibri per salire. Le scarpette da roccia sarebbero sicuramente più comode delle scarpe da ginnastica.

La cuspide passo 4: vai di braccia e di Dulfer.

La cuspide passo 5: oltre il beccuccio (IV+ / V a seconda di come lo si affronta) le difficoltà scemano, ma l'esposizione cresce e non ci si protegge più.
Visto da un'altra prospettiva (foto Pietro Pellegrini).

La cuspide passo 6: si trova il coraggio di alzare il piede e arrivare nell'intaglio che precede la strettissima vetta.

Ora tocca me (foto Pietro Pellegrini).


Lungo la lama della cuspide. Io sono in piedi sul beccuccio.

Pietro e Andrea in vetta.

Io in vetta che guardo la cima di Castello che sbuca dalle nebbie (foto Pietro Pellegrini).

La prima doppia (foto Pietro Pellegrini).

Si disarrampica un po'.
Risaliti in quanto la via normale non era percorribile, traversiamo la parete per effettuare le ultime 3 calate dalla nostra via di salita (foto Pietro Pellegrini).

La cima di Castelo e il ghiacciaio di Rasica Ovest Superiore al tramonto.

Penultima calata.


La Rasica al tramonto.


“Oggigiorno domina l’arrampicata su roccia e con essa il cosiddetto divoramento delle vette! E dove e quando la forza e la destrezza umana non bastano, si ricorre ai mezzi artificiali: punte di ferro, chiodi, e per le cosiddette nuove discese, anche quando esse non sono effettuabili in salita, anelli di corda! Nelle mie molte peregrinazioni in montagna, io non ho mai portato nel sacco una sola punta di ferro e un solo anello di corda. Certo affrontavo sempre soltanto quei problemi che si potevano risolvere senza mezzi artificiali. Secondo la nuova tendenza, invece, chiodi e anelli di corda fanno parte dell’equipaggiamento dell’alpinista. Devo immensamente deplorare che l’alpinismo ideale sia messo in un angolo dal puro sport”. 

Christian Klucker

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