giovedì 25 luglio 2013

Traversata integrale cime di Musella (m 3094 - m 3088 - m 3092) - torrione Brasile (m 3022) - Sfinge (m 3106) - cima di Caspoggio (m 3136)


In vetta al torrione Brasile, uno dei punti più suggestivi della traversata.
Dalla bocchetta delle Forbici a quella di Caspoggio si può fare una cavalcata su serpentino che tocca ben 6 cime sopra i 3000 metri e affronta passaggi divertenti e curiosi.
È una traversata su roccia generalmente sana e con difficoltà interessanti specialmente nel tratto finale, quello che va dal torrione Brasile alla cima di Caspoggio.
I paesaggi e l'ambiente sono grandiosi, a partire della bella vista sui grandi ghiacciai che ricoprono le montagne a N. Alcune delle guglie che si affrontano ricordano le più famose e frequentate fiamme di granito dell'Albigna. Ci sono inoltre molte possibilità di fuga che possono rassicurare chiunque ci si voglia cimentare per un primo tentativo.




Il tracciato del concatenamento cime di Musella (m 3094 - m 3088 - m 3092) - torrione Brasile (m 3022) - Sfinge (m 3106) - cima di Caspoggio (m 3136).

Partenza: Campo Moro, piede della diga (m 1950).
Itinerario automobilistico: da Sondrio prendere la SP15 della Valmalenco in direzione Lanzada. Alla rotonda in località Vassallini scegliere la prima a dx, attraversare Lanzada (15 km) e seguire le indicazioni per Franscia (5 km), da cui altri 5 km di tortuosa strada asfaltata guidano fino a Campo Moro. Si può lasciare l'auto nel parcheggio sottostante al bar Poschiavino e al rifugio Zoia, oppure scendere in auto al piede della diga.
Itinerario sintetico: Campo Moro - rifugio Carate (m 2636) - bocchetta delle Forbici - cima occidentale di Musella (m 3094) - cima Centrale di Musella (m 3088) - cima orientale di Musella (m 3079) - Torrione Brasile (m 3022) - Sfinge (m 3106) - cima di Caspoggio (m 3136) - discesa per canale SSE (45°) - Campo Moro.
Tempo previsto: 12-15 ore per la sola traversata in cresta + 5 di trasferimenti da Campo Moro.
Attrezzatura richiesta: corda (60 m), casco, imbraco, piccozza, ramponi, cordini, serie di friend, scarpette da roccia indispensabili.
Difficoltà/dislivello in salita: 5.5 su 6 / oltre 1600 m.
Dettagli: D+. Via molto lunga e aerea su roccia soda e abrasiva. Possibili tratti di neve. Più passi di V+, in fessura e in placca, concentrati nella seconda metà della via.
Mappe consigliate:
Carta Escursionistica Valmalenco, 1:30000;
Kompass n. 93, Bernina, 1:50000;
CTS n.1277, Piz Bernina, 1:25000.
Numeri utili: rifugio Carate (0342 452560), rifugio Marinelli (0342 511577)

Dopo un bilancio di 4-0 a favore della traversata integrale, che mi ha sempre respinto prima del torrione Brasile, lancio un nuovo assalto a meno di una settimana dall'ultimo smacco.
In realtà la gita con Giovanni di qualche giorno fa era partita subito male a causa della pioggia e delle rocce bagnate,  per cui abbiamo fatto solo 3 cime su 6, comunque divertendoci. Attaccando lr creste alle 11 di mattina  era impensabile finire tutto in giornata visto che andavam senz'ala.
Con la memoria fresca di tutti i passaggi sulle cime di Musella, voglio riprovarci subito e questa volta lo farò in compagnia del Gigio, il gestore della Marinelli che da un paio d'anni sto sfottendo perchè non ha mai fatto le cime che ha di fronte al suo rifugio. Se non le sale quest'anno dovrà far murare tutte le finestre nel lato sud della capanna!
Lui si è informato presso alcuni predicatori, pensionati dell'alpinismo al margine dei cantieri alpestri, i quali, pur non avendo mai messo naso nel regno delle cime di Musella, asseriscono che la roccia è marcia, l'arrampicata insignificante. La cosa mi fa sorridere, ma è anche positiva, perchè credo Gigio avrà una bella sorpresa oggi!
Previo appuntamento telefonico ci troviamo alle 7.15 presso il monumento degli Alpini (m 2742, ore 2:30 da Campo Moro), piramide acutangola a 15 minuti dalla bocchetta delle Forbici, quindi a 20 dalla Carate (un cartello per demoralizzare gli escursionisti ha impressofuso 30 minuti).
Una volta il sentiero per la Marinelli passava alto accanto al monumento ond'evitare la fronte crepacciata del ghiacciaio di Caspoggio. Poi la vedretta, morsicata dal caldo, si è rintanata ben più in quota e la nuova traccia sta bassa tra i macereti.

Con Fausto al monumento degli alpini durante il mio primo tentativo della traversata nel 2008.

Gigio è già lì, io arrivo che le campane del mio orologio rintoccano le 7.15. Strangolato dalle coperte e dalla pigrizia, alla fine mi sono avviato alle 5.30 da Campo Moro, mandando a farsi benedire tutti i buoni propositi di non inzuppare di sudore lo zaino.
È caldo, il cielo limpido e le rocce, finalmente, sono asciutte.
Tutto perfetto direte voi... e invece no.
Gigio si è vestito di nero come Diabolik e, nonostante ho con me le migliori lenti del mio parco ottiche, sarà difficilissimo fare foto ben contrastate.
Scherziamo un po' e facciamo colazione alle prime luci del giorno che filtrano dalla cima di Caspoggio, il lontano capolinea del nostro tram.
Diamo una spunta all'attrezzatura: mezza corda da 60 metri, un rampone a testa e due picche se ci sarà neve, pedule da roccia, 6 friend, qualche moschettone e cordini d'abbandono.

Il tracciato per la cima occidentale di Musella  visto dal monumento degli Alpini.

Ci incamminiamo in direzione SSE lungo il crinale, tra grossi blocchi e brevi passi di arrampicata. La cresta curva man mano verso sx (SE) e si impenna per agganciarsi,  in corrispondenza del testone nodale quotato m 2990, alla dorsale proveniente dalla bocchetta delle Forbici. Un ometto marca questo spalto, a cui segue una sella ancora in parte nevosa limitante superiormente il selvaggio vallone che scende da qui nella valle di Musella.
Le rocce si fanno più chiare e, appoggiando al versante settentrionale, siamo a capo di un nuovo poggio panoramico da cui dei lastroni inclinati individuano un camminamento a ridosso del filo che ci porta alla base di una torre rossiccia poco invitante. Mentre passeggiamo ci accorgiamo che, attraverso alcune crepe del lastricato sotto i nostri piedi si vede il vallone di Musella!
In basso, dall'altra parte, c'è il verde lago di Musella ancora parzialmente gelato. Il rifugio Marinelli  abbarbicato su un solivo poggio roccioso allevia il senso di isolamento.

Il gruppo del Bernina e del Sella dalla cresta delle cime di Musella. In basso il lago di Musella e il rifugio Marinelli.
Gigio sta già studiando come salire direttamente il crap, quando gli dico che lo si aggira da sx.
E così facciamo, introducendoci in una specie di grotta/camino il cui sbocco inferiore è sbarrato dalla neve. Salendo su un primo lamone incastrato (IV), ne afferriamo un secondo a ridosso della parete di dx. Con qualche problema per lo zaino che s'impiglia, usciamo alla luce.
Nel cunicolo della cima occidentale.
Mi getto direttamente sulla parete di dx, alta 5-6 metri e di roccia compatta che ha solo gli appigli essenziali per esser vinta senza pensare di proteggersi (IV+). Gigio si sposta invece un po' più avanti (E) e trova un diedro/canale più comodo.
Ci riuniamo su una breccia aerea della cresta ai piedi di un dentello. Lo saliamo con passo esposto e muscolare a sx del filo. La roccia è molto ruvida e compatta. Gigio ribadisce che è forse la migliore del gruppo del Bernina, alla faccia delle voci di corridoio.
Scendiamo con attenzione al successivo intaglio, da cui per un canaletto sul lato S, quindi una cengia, aggiriamo uno spuntone.
È ora di estrarre la corda.
Un muro con blocchetti incastrati (IV), talvolta malfermi, a cui segue una larga fessura su placca rivolta a NO, fanno da sipario a un coreografico camino/corridoio largo meno di un metro, lungo 7-8 metri e alto altrettanti. Lo attraverso, sbuco sul versante S e faccio la sosta su un masso incastrato a 1 metro e mezzo da terra. Per fortuna siamo sulla stessa lunghezza d'onda e nessuno si formalizza sulle soste o sui nodi, ma cerchiamo di goderci la giornata e lo spettacolo, proteggendoci col mezzo barcaiolo solo dove serve e con estremo pragmatismo.
Ora è Gigio davanti e fa da modello, perchè questo è un luogo bellissimo per le foto.
Si potrebbe guadagnare la cresta per un diedro con fessura che parte dall'uscita del corridoio, ma è un peccato non arrampicare il camino (IV+).
La roccia è ruvida, compatta e disegnata di licheni e da grossi cristalli.
A 2/3 del camino [ Gigio ha salito interamente il camino incontrando difficoltà un po' più alte (V-)], si esce sulla dx (lato Musella) e si riprende il diedro di cui parlavo prima. Una sbracciata permette di salire a cavalcioni di una finestra della cresta, quindi, preso un camminamento sulla dx, si raggiunge una sosta attrezzata con cordone attorno ad un grosso blocco. 
Constatiamo che queste montagne sono un campo di gioco dove si possono inventare molte varianti per divertirsi arrampicando.
L'estetico camino della cima occidentale di Musella.
L'estetico camino della cima occidentale di Musella.
L'estetico camino della cima occidentale di Musella.
L'estetico camino della cima occidentale di Musella (IV+).
Sulla cresta della cima occidentale di Musella, a pochi salti dalla vetta.

Nuovamente sul filo, senza grosse difficoltà e, aggirando o saltando eventuali problemi, tocchiamo in breve la vetta (cima occidentale di Musella, ore 4:30).
La storia alpinistica di questa cima assegna ai cacciatori di camosci e non agli alpinisti il primato della salita che, a buona ragione spetterebbe invece ai camosci in cerca di erbetta.

Linea di discesa dalla cima occidentale.
Una profonda breccia interrompe la dorsale e per scenderci disarrampichiamo per cenge, placche e diedri del lato N (III+). Torniamo quindi sulla faccia NE della torre, dove sfruttiamo la calata che avevo attrezzato con Giovanni giovedì scorso su uno spuntone (30m). Attraversiamo la sella superando due emergenze (non lasciarsi tentare di abbassarsi a N perchè frana tutto!) (III+). Siamo alla base della cima centrale.

Disarrampicando dopo la calata dalla cima occidentale.
Dapprima traversiamo a NE (sx) per cenge di roccia ed erba, quindi su per una specie di camino/canale sulla dx, da cui con percorso non obbligato risaliamo la china fino in vetta (cima centrale di Musella, m 3088, ore 1:30). Nell'agosto 1901 Brambilla, Robiati e Volpi, per primi conquistarono questo monte e lo battezzarono punta Biella, in onore di Oreste Biella, morto in un incidente sui monti Lariani. Il toponimo però non è mai entrato in uso.
In rosso il mio tracciato di discesa dalla cima centrale per cenge e ripiani (II), in giallo quello del Gigio lungo il filo di cresta (III+).
L'ultimo tratto della discesa dalla cima centrale per il filo di cresta affronta delle placche non banali ed esposte (III+).
Dapprima sul filo, alla vista di un cordino per le calate qualche metro sotto la vetta, ci spostiamo sul lato S dove disarrampichiamo fino ad una forcella (III). Di qui parte una cengia obliqua verso sx che deposita sui pendii nevoso-detritici del versante NE del monte. In diagonale verso dx, perdendo quota arrivo alla depressione nevosa a cui culmina il ghiacciaio (m 2991).
Gigio ha scelto un'altra strada e sta disarrampicando sul filo di cresta. Dice che è interessante e merita di esser percorso interamente; la prossima volta lo farò!
Per sfasciumi saliamo sul primo avancorpo della cima orientale. Il cocuzzolo per esser rimontato offre due alternative: o uno strapiombino di meno di 2 metri sulla sx (IV+), o un angusto cunicolo sulla dx.
Con lo zaino addosso la prima è l'unica fattibile.
Segue tratto in discesa, poi la cresta spiana fino alle placconate conclusive.
Un tiro da 60 metri (III+) e il filo piega a sx. 25 metri e siamo in vetta (cima orientale di Musella, m 3079, ore 1:30). Non si conoscono i nomi dei primi salitori.

Sulla cresta O della cima orientale di Musella.
Le ultime placche verso la vetta della cima Orientale di Musella.
La cima orientale di Musella vista dalla sua anticima N.
La cima orientale di Musella vista dalla sua anticima N.
Sulla cresta N della cima orientale di Musella. Questo percorso accidentato ed esposto veniva seguito talvolta dai militari a scopo esercitativo.
La cresta N della cima orientale di Musella da E.

Con estrema delicatezza seguiamo il filo verso N. È decisamente esposto, frastagliato e a tratti sottilissimo. La roccia è ottima, ma bisogna stare attenti a non commettere errori, specialmente se lo si fa slegati per far foto!
Vari denti e su e giù (fino al IV-) ci regalano l'anticima N della cima orientale di Musella (m 3070 secondo la CTR).
Aggirato da SE il primo salto della cresta, che ora piega a E, arriviamo sul ciglio del declivio di placconate che s'inabissa nel ghiacciaio di Caspoggio e su cui corre la via "Diedro rosso", tracciata da C. e B. Nana (maledetti quelli che scrivono i libri e abbreviano i nomi propri!!!) nel 1980.
Due comode doppie, di cui la prima a N e la seconda a NE, ci fanno toccar terra poco distanti dal torrione Brasile, di cui raggiungiamo comodamente la base.
Il pinnacolo, slanciato e repulsivo, fu salito per la prima volta dal brasiliano E. Marsicano il 14 agosto 1913. Da questo ne deriva il nome.
Marsicano lo attaccò da E  e, dopo vari lanci di corda, ne raggiunse la cima.
Al cocuzzolo vi si può metter mano, ma non piede in quanto è un'esilissima lancia strapiombante. Perciò si dice che mai nessuno abbia messo piede sul torrione Brasile!
Noi ora siamo sul versante NO alla base di una piastra inclinata. Gigio mi lascia l'onore del primo: sa quanto ci tengo.
È una mia bestia nera, anche alla luce di fantasiose relazioni che sottolineano gravi difficoltà che, a un primo sguardo, sembrerebbero non esserci.
Pedule ai piedi, salgo la placca in aderenza, quindi la fessura verticale e umidiccia individuata dal successivo diedro (i friend non entrano). Il diedro finisce e la crepa continua sulla sx fino allo spigolo orientale. Lo raggiungo: ci sono due chiodi uniti da una fettuccia marcia. Una buona lama mi lascia rimontare sulla ripida placca sommitale del torrione.
Tre metri e il bordo diventa orizzontale e ottimo per le mani. C'è un primo dentello, quindi più agevolmente abbraccio l'esile lancia che costituisce la cima. Sono circa 35 m con passi di V+, fattibili senza problemi.
La corda ha passato di poco la metà, per cui Gigio non mi può calare, ma dovrà raggiungermi in vetta.
Dopo un urlo di gioia, mi siedo a O della lancia, a cavalcioni della cresta e, in una posizione tutto sommato comoda, mi godo il paesaggio aspettando il mio compagno (torrione Brasile, m 3022, ore 2).
Osservo con inquietudine il versante S del monolito, dove Giuseppe Marini ha aperto una difficile via in artificiale il 10 settembre 1939. Sempre Marini è il protagonista solitario di numerose salite su roccia, per l'epoca estreme, alle cime di Musella.
Dalla Marinelli è tutto il giorno che ci controllano col binocolo e pure adesso comunicano al Gigio per radio che ci hanno visti in cima al torrione. Dicono che ci si distingua anche ad occhio nudo e che è uno spettacolo interessante osservare la traversata.

Gigio in vetta al torrione Brasile.
Calata dal torrione Brasile.
La cima di Caspoggio è ancora lontana e sul nostro cammino ci sono due torri di roccia non buona (specialmente la seconda) e la temuta Sfinge. Aggirato da N il torrione Brasile appoggiando eventualmente ai fianchi, le scavalchiamo con passi non banali sulla cresta a tratti affilata e marcia. 

I tracciati per la Sfinge e la cima di Caspoggio.

Giungiamo a una sella sfasciumata alla base delle vaste e scure placconate che costituiscono il versante N della Sfinge. Traversiamo in diagonale verso sx (E), puntando al grande diedro che scende proprio nei pressi della vetta. Siamo su un liscione poco inclinato e tagliato da provvidenziali fessure e cengette orizzontali.
Raggiunto il diedro, lo saliamo per una lunghezza con arrampicata atletica e non banale (V+) fino a una zona di blocchi accatastati sotto l'edificio sommitale. Una placca scivolosa porta al muro conclusivo, ma di lì non si passa. Proviamo 3 metri sotto a superare un tetto sulla sx. Io non riesco, prova Gigio che si fa una bella fionda arrivando per l'elongazione della corda a battere la schiena sulla placconata.
Nulla di grave però. La sua fotocamera invece non ce la fa.
Salgo allora subito a sx della sosta rimontando uno strapiombino meno esasperato, quindi per una crepa via via più larga arrivo ad uno spuntone sulla cresta (V+), 15 metri a E della vetta.
Il cocuzzolo è  una sorta di fiamma posta al temine di una cresta affilata. Sulla placca a N, appena sotto il filo, una microcengia orizzontale porta al terrazzo sotto il dente finale. Gli ultimi 4 metri vanno affrontati assicurandosi a un chiodo, per tornare senza possibilità di corda dall'alto. Ci gustiamo la vetta uno alla volta non essendoci spazio per due (Sfinge, m 3106, ore 2:30), così come penso abbiano fatto Pinardi e Riva quando per primi conquistarono la Sfinge nel 1934.

In vetta alla Sfinge.
Che dire? Grande soddisfazione. Ora le difficoltà gravi sono finite. Puntiamo a E. Scendere alla sella tra Sfinge e cima di Caspoggio, quindi aggirare da S (dx) la guglia quotata 3083 riserva alcuni tratti davvero marci.
Stiamo infine a sx del canale che solca la parete O della cima di Caspoggio e con passi di II/III siamo sull'edificio sommitale, all'estremità orientale del quale si trova il punto culminante della cima di Caspoggio (m 3136, ore 0:40) .

Gli ultimi blocchi per la cima di Caspoggio.

In vetta alla cima di Caspoggio finisce la nostra giornata.
È fatta finalmente. Sono oltre 10 ore che arrampichiamo e adesso sono un po' stufo. I nostri cammini si dividono: Gigio torna al comando della Marinelli prendendo la cresta N che cala sulla bocchetta di Caspoggio, io scendo invece la dorsale SE per un centinaio di metri, fino a una breccia da cui parte (dx) uno scosceso canale nevoso (40-45°) che getta nella conca pietrosa ai piedi della forcella di Fellaria.
Non passo neppure in Carate a bermi una birra, ma prosciugo il  torrente che di tanto in tanto emerge dalla ganda. Mi ricongiungo al sentiero Campo Moro - Carate all'altezza del secondo colle sotto la Carate e da lì mi trascino fino alla macchina.

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