mercoledì 11 marzo 2015

Pizzo Trubinasca (m 2918) per i passi Porcellizzo e dell'Oro


In vetta al pizzo Trubinasca, detto anche Altare. Punto panoramico di prim'ordine sulla scura e vertiginosa parete NO del pizzo Badile
Spesso quando pianifico i giri mi accorgo ben presto di aver "pisciato lungo", cioè di aver fatto un progetto ben oltre le mie capacità, sia per dislivello che impegno. Questa volta la storia è stata diversa. Partiti dalla val Masino per salire al pizzo Trubinasca in val Codera, ingaggio già di per sé molto ambizioso, abbiamo trovato le forze per proseguire in una visita ancor più approfondita della val Codera e, alla fine, compiere un anello con ben 3650 m di dislivello positivo.
Gli ambienti che abbiamo attraversato sono spettacolari: dalla nota val Porcellizzo, alla selvaggia e isolata testata della val Codera raggiunta per il passo Porcellizzo N, per chiudere con la remota valle dell'Averta, da cui, attraverso il passo dell'Oro, siamo rientrati in val Masino.
Una gita non per tutti, ma consigliabile ai più allenati amanti dello scialpinismo esplorativo.
Nell'itinerario ho indicato i nostri tempi, tabella da rispettare per chiudere l'anello in 12 ore.



Partenza: ponte sul Masino lungo la strada per i Bagni di Màsino (m 1050 ca.).
Itinerario automobilistico: da Morbegno seguire la SS 38 verso Sondrio. Appena attraversato il ponte sul Màsino, svoltare a sx all’altezza di Ardenno (5 km a E di Morbegno) e seguire la SP 9 della val Màsino fino ponte sul Masino lungo la strada per i Bagni di Màsino (m 1050 ca.).

Itinerario sintetico:  ponte sul Masino lungo la strada per i Bagni di Màsino (m 1050 ca.) - Bagni di Màsino (m 1172) - Corte Vecchia (m 1405) -  rifugio Gianetti (2534) - passo Porcellizzo (m 2961) - conca del ghiacciaio di Sivigia (m 2400 ca.) - pizzo Trubinasca (m 2918) - Bivacco Pedroni (m 2577) valle della bocchetta della Teggiola - alpe Sivigia (ruderi - m 2020) - Codera (m 1480) - valle dell'Averta (la si imbocca poco sopra Coeder - m 1350 ca.) - passo dell'Oro (m 2526) - rifugio Omio (m 2100) -  Bagni di Màsino (m 1172) - ponte sul Masino lungo la strada per i Bagni di Màsino (m 1050 ca.).

Tempo per l'intero giro: 13-15 ore.

Attrezzatura richiesta: attrezzatura da scialpinismo, ramponi e piccozza (utili), kit antivalanga. 

Difficoltà/dislivello in salita: 4.5 su 6 / 3750 m.

Dettagli: OSA. Bellissima gita di scialpinismo esplorativo attraverso ambienti selvaggi e isolati che richiede neve perfettamente assestata. I tratti più ripidi sono la discesa dal passo Porcellizzo (max 45°) e il canalino per la piana di Codera (max 40°). Non vi sono difficoltà tecniche di rilievo, ma la lunghezza e l'ambiente isolato rendono consigliabile questa gita solo ad alpinisti esperti.
Mappe:
- Val Màsino - carta escursionistica, 1:30000;
- CNS n.268 e n.278, 1:50000;
- Kompass foglio n.92, Valchiavenna e Val Bregaglia, 1:50000.


Oggi ci servono tante energie, quindi doppia colazione al bar. Alle 6:20 siamo alla stanga che chiude la strada per i Bagni di Masino. Di lì in avanti il fondo è ghiacciato. La strada non viene pulita perchè lo stabilimento termale  è tornato di nuovo muto e vuoto dopo un tentativo di farlo rinascere.
Sci ai piedi, per la vecchia mulattiera raggiungiamo i Bagni, quindi l'imbocco del sentiero per la Gianetti. L'aria è fredda, la neve gelata. Leviamo le assi per prendere quota sul sentiero che è in molti tratti senza neve. Dopo un centinaio di metri l'aria si fa calda, poi, all'uscita del bosco a Corte Vecchia, torna cruda e ci rincuora sul fatto che la neve resterà portante ancora un po'.
Oltre il tunnel delle Termopili, la neve torna scarsa e dobbiamo cercare, unendo le misere lingue residue, di limitare i graffi alle pelli di foca.
Presto attraversiamo il torrente della val Sione. Non c'è il temuto ghiaccio. Poi eccoci alle porte del Pianone, dove pieghiamo a sx e risaliamo tra gli alberi un dosso da cui si vede l'alpe Porcellizzo. Teniamo la dorsale, dapprima verso N, poi, paralleli a  profondo valloncello, verso NO. Arriva il sole, ma il vento gelido ne mitiga il calore.
Dove il solco non costituisce più un ostacolo, pieghiamo a dx e puntiamo al passo Porcellizzo N, chiaramente visibile a dx del pizzo Porcellizzo.
Una lunga traversata ci avvicina al rifugio Gianetti, che però non tocchiamo perchè, circa 200 metri prima pieghiamo a sx e ci incuneiamo nel canale per il passo (max 35°).
Il fondo è sempre più duro, gli sci scivolano in continuazione, così io li tolgo e proseguo a piedi, mentre il Caspoc' fa il testardo e inanella inversione.
La mia illusione di aver fatto la scelta giusta si spegne però dopo pochi minuti e inizio ad affondare ogni passo perchè la crosta non tiene.
Devo rimettere gli sci. Il mio compagno è sempre più lontano, fino a fermarsi sulla sella del passo sferzato dai colpi del vento (passo Porcellizzo N, m 2961, ore 4).

Lo raggiungo un po' affaticato: non ci vedo più dalla fame! 1900 metri di dislivello si fanno sentire, sebbene siamo saliti a piano e con regolarità, senza mai superare i 500 metri di dislivello orario. Questo è il segreto se si vogliono fare gite molto lunghe, perchè se ci si brucia per un impeto di agonismo, poi le gambe non rispondono più. Questo itinerario richiede tuttavia un passo superiore alle andature medie e anche per noi è un incognita sapere se lo reggeremo fino alla fine.
Mettiamo i piumini e voltiamo le spalle alla raffiche da nord che non sembrano intenzionate a lasciarci fare uno spuntino con pane e salame.
Via le pelli è giù sul versante N del passo. È molto meno ripido di quello che credevamo (il Caspoc' infatti va alla ricerca dei punti più ripidi per esercitarsi - io limito il mio esercizio al guardarlo e tengo strette le energie). La neve è dura ma non ghiacciatissima. Nella parte alta si scia sui 35-40°, poi in basso, in corrispondenza di una strozzatura rocciosa (tenere la sx), tocchiamo i 45° e il fondo è tutto rovinato dal vento che ha creato numerosi ostacoli.
Man mano ci avviciniamo alla conca sottostante, quella che ospita il ghiacciaio di Sivigia, la neve diventa sempre più sciabile. Sulla dx appaiono sia il pizzo che l'impressionante punta Trubinasca, un repulsivo dente di granito.
Noi non puntiamo assolutamente alla via più breve, ma a un ripiano assolato (m 2400 ca.) al margine occidentale della grande conca, anche per studiare un eventuale tracciato di salita al passo meridionale di Porcellizzo, possibile variante a questa gita. 
Ci fermiamo e nel silenzio più assoluto concludiamo il pasto che le raffiche ci avevano negato.
Ripelliamo e riprendiamo la marcia in direzione NO. Obbiettivo: il pizzo Trubinasca, caratteristica vetta il cui punto culminante si trova al termine di una lunga e poco inclinata cresta rettilinea.
Rimontati due successivi ripiani, ci portiamo a sx dell'edificio sommitale. 4 metri di roccette ci costringono a levare gli sci, che rimettiamo subito per arrivare ad abbracciare l'ometto di vetta (pizzo Trubinasca, m 2918, ore 2). Lo scorcio sulla NO del Badile è tale da togliere il fiato, quasi quanto il precipizio sul versante svizzero della montagna, celato in parte da una pericolosissima cornice di neve sporgente. In preda all'entusiasmo decidiamo così, anzichè fare la strada dell'andata, di scendere fin nel pressi di Coeder e rientrare per il passo dell'Oro. 800 metri di dislivello che si vanno ad aggiungere ai 2950 preventivati
Via le pelli è giù a  So verso lo scatolotto rosso del bivacco Pedroni. Il passaggino fatto a piedi in salita è sciabile in discesa, e senza alcun problema siamo a m 2577, sul poggio che ospita il bivacco. Da qui si ha un'esaustiva panoramica sulla testata della val Codera. A dx (faccia a valle) svetta Il Cantaccio, cima che ho fatto l'anno scorso quando ero qui da queste parti con Gioia. Smontiamo a N e ci gustiamo una bella sciata puntando alla valle che scende dalla bocchetta della Teggiola (a testata sommitale della val Codera comunica con il resto della valle solo un alcuni tratti; negli altri vi sono importanti salti di roccia: perciò abbiamo scelto la valle della Teggiola per perdere quota, dato che già la conosco).
Entrati nel solco, ci attende una neve marcissima che rende faticosa la progressione. Branchi di camosci ci attraversano sotto gli occhi. È una scena sbalorditiva: sono talmente tanti che se dovessi fare un paragone direi che è come vedere le api che sciamano!
Siamo ai piedi del primo salto di rocce e attraversiamo verso SE poi S, superando due profondi canaloni (in mezzo ai quali si trovano i ruderi dell'alpe Sivigia), e, dopo una breve risalita a scaletta, entriamo, oltre una dorsale dove si trova un bosco di larici, in un terzo solco più stretto (il sentiero estivo, di cui scorgiamo i bolli, percorre la dorsale, ma è sconsigliabile d'inverno).
Il colatoio, molto angusto, ripido e ghiacciato, risuona dello stridere delle nostre lamine per qualche minuto, finchè sbuchiamo nella lunga piana di Codera. Qui la neve è marcia e fruscia al nostro passaggio.

N.B. Se avessimo imboccato uno dei due canaloni accanto all'alpe Sivigia, molto invitanti dall'alto, ci saremmo ritrovati nelle forre del torrente, e costretti a risalire. Allo sbocco del canyon che ci ha portati alla piana di Codera ho fatto notare al Caspoc' la gola alla nostra dx (N), così da fargli capire a quale rischio saremmo andati incontro. È una fortuna che sono già stato da queste parti (la gita è descritta nel n.32 de LMD, in edicola dal 21 marzo 2015), altrimenti saremmo cascati nel tranello!

Non c'è più vento e il caldo è insopportabile.
Il fondo cede e il Caspoc' che è più spregiudicato e non vuole andare a piano, prende parecchie sassate.
Io ho gli sci nuovi e vado a velocità ridotta, così i miei attrezzi raggiungono indenni lo sbocco della valle dell'Averta. Siamo a circa m 1350 (ore 2 - con buona neve i tempi sono di gran lunga inferiori). Il torrente scorre placido nel guado della strada sterrata.
Prendiamo un po' di acqua perchè i 3 litri di bevande in 2 che avevamo sono quasi finiti.
Sono le 2 e mezza e ci aspetta l'ultima salita.
Non ritengo prudente percorrere il canyon in mezzo alla valle che avevo fatto con Gioia l'anno scorso: a quest'ora sarebbe una roulette russa perchè dai bordi scarica di tutto, così cerchiamo un'alternativa e la troviamo in un corridoio /canale (largo 5-8 metri) che le valanghe hanno liberato dagli alberi sull'orografica sx della valle.
Questo pare alzarsi senza ostacoli fino al limite degli alberi.
Ci portiamo alla base del corridoio con spietata ravanata tra rami, alberi divelti e neve fradicia. Per fortuna non appena siamo alla base del pendio l'aria gelida ricompatta il fondo e la salita è davvero veloce: la rotta scelta è quella giusta!
Inversione dopo inversione la val Codera si allontana.
Quasi 300 metri più in alto la neve torna gelata.
Io levo gli sci, Caspoc' li tiene e zigzaga cercando aderenza.
Questa volta però ho fatto io la mossa migliore: la neve è talmente compatta che nemmeno le punte degli scarponi la mordono!
Presto siamo in due con gli sci in mano.
Al limite degli alberi li rimettiamo e entriamo nel mezzo del grandissimo anfiteatro dell'alta valle dell'Averta, dominato dai pizzi dell'Averta, del Barbacan e dell'Oro.
Il vento s'è fatto insopportabile e quando si scatenano le raffiche più forti dobbiamo fermarci e attendere che si plachi per non essere ribaltati.
Siamo stanchi morti. Il passo dell'Oro è evidente in alto, a dx della lancia della punta Milano.
La pendenza cresce man mano e, all'imbocco del canale per il passo, mettiamo gli sci nello zaino e spendiamo le nostre ultime forze nel tacchettare il pendio. Siamo troppo stanchi per mettere i ramponi e dimostrarci prudenti, meglio stare in equilibrio precario e sperare che i tratti gelati siano brevi. In più punti non si notano nemmeno le tracce del nostro passaggio, in altri la crosta cede e ci costringe a ravanare. Sono le 17:20 quando ci affacciamo all'ombrosa val Masino (passo dell'Oro, m 2526, ore 3). Una targa in loco indica la quota del passo a m 2600 in netta discordanza con la CNS.
È fatta, travasiamo le provviste dagli zaini nei nostri stomaci, e giù per crosta infame fino alla Omio, quindi, con attenzione, puntiamo all'abete solitario nel bosco di larici ai piedi del Medaccio. 
Qui è l'unico passaggio utile per entrare nel canalone valanghivo che scende dalla val Ligoncio e che guida al sentiero nel bosco per i Bagni.
Ringrazio il cielo di avere usato gli sci larghi: gli altri chissà quante volte mi si sarebbero infossati nella crosta cedevole!
Presa la strada carrozzabile, tutta foderata di ghiaccio, chiudiamo alle ore 18:30 la nostra lunghissima giornata tra queste incredibili montagne.

La val Porcellizzo dalla val Ligoncio.
Pizzo e passo Porcellizzo dall'alta val Porcellizzo.
Verso il passo.
Il ripido canale per il passo Porcellizzo.
Passo Porcellizzo, l'inizio della discesa a N verso la val Codera.
I tracciati per pizzo Trubinasca e la discesa verso la valle della Teggiola, che si trova all'estrema sx della foto.
Traccia di salita al pizzo della Trubinasca.
In vetta. Alle mie spalle Badile e punta Sant'Anna.
Il bivacco Pedroni. 
Pizzo Trubinasca dai pressi del bivacco Pedroni.
Dai pressi della valle della Teggiola, uno sguardo su pizzo e passo Porcellizzo.
I valloni che cingono l'alpe Sivigia.
Dalla valle della Teggiola al canale per la piana di Codera.
I ruderi dell'alpe Sivigia.
L'orografica sx della val Codera dalle pendici del monte Gruf. Indicati i tracciati passo Porcellizzo- pizzo Trubinasca e di salita al passo dell'Oro dalla valle dell'Averta.
Il canyon ghiacciato per la piana di Codera.
Il canale-pendio per l'alta valle dell'Averta.
Verso il passo dell'Oro.
Linea di discesa dal passo dell'Oro.





6 commenti:

  1. FANTASTICO
    Sarebbe bello avere maggiori dettagli della parte che riporto sotto: come imboccare il giusto colatoio che da Sivigia porta (sci ai piedi) sul fondo della Val Codera.

    .... Siamo ai piedi del primo salto di rocce e attraversiamo verso SE, superando due profondi canaloni (in mezzo ai quali si trovano i ruderi dell'alpe Sivigia), e, dopo una breve risalita a scaletta, entriamo in un terzo più stretto, proprio in corrispondenza di un bosco di larici.
    Il colatoio, molto angusto, ripido e ghiacciato, risuona dello stridere delle nostre lamine per qualche minuto, finchè sbuchiamo nella lunga piana di Codera. Qui la neve è marcia e fruscia al nostro passaggio......

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    1. È difficile sbagliare questo passaggio, ma provo a essere più dettagliato.
      Quando arrivi alla base del canalone che scende dalla bocchetta della Teggiola (m 2100 ca.), traversi verso S fino a portarti all'estrema sx orografica del fondo del vallone in cui converge il grande anfiteatro sommitale della val Codera. Per fare ciò attraversi un primo solco (sulla dorsale successiva trovi l'alpe Sivigia), quindi un secondo canalone più profondo (valle Valloni su CNS) e rimonti la seguente dorsale dove trovi un boschetto di larici. Vedrai anche, se non sommersi dalla neve, i segnavia bianco-rossi. Qui il sentiero estivo scende mantenendosi sulla dorsale, mentre tu ti infili nel canyon di sx (S) che sfocia nel pieno di Codera. Attento quando scalda che lì vien giù di tutto.

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    2. Ti ho aggiunto anche un'immagine fatta l'anno scorso dove si vede esattamente il tracciato dalla valle della Teggiola al canale per la piana di Codera.

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  2. Ciao Beno,
    per evitare di scendere il vallone della Teggiola, solitamente svalangato e con neve marcia, dalla cima del pizzo Trubinasca tornare nella conca alla base del passo del Porcellizzo senza passare dal bivacco, da lì tenersi sulla sx orografica ed imbucarsi nell'ampio canyon - ben visibile nella foto 11, in ombra che parte dal centro della foto - che sbuca direttamente alla sx orografica delle baite di Sivigia.

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  3. Col senno di poi abbiamo notato che quel canalone arrivava fino in fondo, ma al momento ho preferito percorrere strade note (sono piuttosto ignorante dell'alta val codera) che trovarmi a dover ripellare. Il canalone di cui parli tu su CNS è detto valle Valloni e l'altro ieri brulicava di camosci che sfrecciavano in tutte le direzione: uno spettacolo.

    Grazie mille per il suggerimento che sicuramente migliorerà la sciata a quelli che rifaranno il giro,
    buone gite!

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  4. Ciao Beno!
    Perdona la banalità...Vorrei fare il p.sso Porcellizzo N. a fine agosto. Secondo la tua esperienza, un escursionista medio come me riesce a scendere al Pedroni portandosi dietro solo i ramponi (ci sarà ancora ghiaccio?) e i bastoni classici da trekking? Dalle tue foto vedo che dopo qualche metro, se tengo la destra, sembra meno ripido...
    Grazie per l'aiuto!
    CP

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