giovedì 2 ottobre 2014

Pizzo Painale (m 3248) - parete NE

È da tempo che vorrei metter piede sulla parete NE del pizzo Painale, quella che s'impone agli sguardi dalla val Forame e dal rifugio Cederna. Ci son troppe pareti su cui vorrei metter piede tanto che credo le mie forze si esauriranno ben prima di averne visitate anche solo una parte.
In particolare la NE del Painale è una di quelle pareti che s'atteggiano inacessibili e repulsive, mentre so che già il Corti aveva trovato una linea a inizio '900.
Su di essa si alternano fasce di roccia rossiccia e marcia a liste addirittura di sano, ruvido e solido granito. Una stratigrafia endemica proprio del pizzo Painale.

La parete NE del pizzo Painale vista dai pressi della cascata ai piedi dell'alpe Forame.

Partenza: Campiascio (m 1680).
Itinerario automobilistico: Da Sondrio prendere la Strada Panoramica per Teglio (SP21). Si passano Montagna (al km 2), Poggiridenti (al km 4) e Tresivio (al km 5,5). Giunti a Ponte, alla chiesetta di San Gregorio (al km 9), svoltare a sx per Teglio (SP76). Dopo una breve salita, immettersi sulla strada a sx che porta in Val Fontana (al km 9,4). Si attraversano i meleti e, appena dopo il centro sperimentale per la salvaguardia della selvaggina, si incontra la chiesetta di S. Rocco. 100 metri e si ignora la svolta sulla sx per S. Bernardo. Si seguita sulla stretta via asfaltata che penetra in Val Fontana. Dopo il ponte di Premelè si passa sul lato idrografico sx della valle. Alcuni tornanti conducono prima a S. Antonio, poi al guado in prossimità del rifugio Erler (m 1420). Il fondo diviene sconnesso e, dopo una breve salita, si è al Pian dei Cavalli (m 1550). Oltre il pianone, si seguita sulla pista fino all’alpe Campiascio (m 1680, km 27 da Sondrio).
Itinerario sintetico: Campiascio (m 1680) - alpe Forame - pizzo Painale (m 3248) dalla parete NE - discesa per la cresta N -  Campiascio.
Tempo di percorrenza previsto: 8-9 ore per l’intero giro. 
Attrezzatura richiesta:  scarponi, corda (almeno 30 metri), piccozza, imbracatura, ramponi, cordini, fettucce.
Difficoltà: 4+ su 6.
Dislivello in salita:  1568 metri.

Dettagli: Alpinistica AD- = Scalata con difficoltà alpinistiche fino al IV grado su roccia spesso cattiva ed esposta. Se vi incengiate come me su canale centrale, dovrete affrontare camini umidi e friabili con passi fino al V.




Ci sono così tante cose che vorrei fare che arrivano le 10 di mattina prima che io decida una destinazione: la val Fontana. Zero attrezzatura, scarpe da ginnastica, 3 salami, 2 panini e 2 banane.
Vado su in moto così da evitare di scassar troppo la macchina, perchè dal pian dei Cavalli in poi la strada è pessima.
Ci sono molte macchine dei cacciatori parcheggiate. L'aria è pungente e all'alba delle 10:30 tutta la valle è ancora in ombra!
Così arrivo a Campiascio, scendo di sella, appoggio il casco e parto in direzione della Cederna senza esitare: devo scongelarmi.
I tornanti del sentiero che sale in val Forame scandiscono il mio spogliarello: il sole è giunto e mi sta facendo sudare come un pazzo.
Il tracciato, dapprima sulla sx idrografica, passa sulla destra, poi torna a sx e vince uno strappo con vista sulla bella casata del torrente e sulla parete NE del Painale che dà bella mostra di sé.
Non ho ancora idea di dove salire quel muro di roccia di oltre 500 metri. Guardandola frontalmente sembra compatto, ma in realtà vi sono cenge, creste, costole  e camini.
Supero due cacciatori di camosci. Discutiamo dell'orso che di tanto in tanto bazzica da queste parti e anche loro sono del mio parere: chi ha avuto l'idea di reintrodurre un predatore del genere l'ha fatto senza cognizione di causa, visto che l'orso (sto parlando nello specifico di M25) ammazza gli animali domestici senza pietà. E questo, purtroppo, in val di Togno è un dato di fatto.
Dopo l'alpe Forame (m 2168) tengo il sentiero per la Cederna fino a rimontare il gradone successivo della valle, quindi mi sposto senza più traccia a sx e, oltre le vecchie morene del ghiacciaio, giungo alle lenti glaciali.
Sono 2, una coricata nel catino ai piedi della parete e una abbarbicata sui pendii cinti dall'anfiteatro roccioso che caratterizza il settore sx (S) della parete.
Al centro vi sono due speroni rocciosi che individuano uno stretto e verticale camino.
Proverò a salirlo, dato che il settore sx della parete mi è precluso non avendo con me i ramponi.
Giungo alla base delle rocce, sul margine dx della vedretta superiore.
Mi addentro nel solco. Non vi sono inizialmente grosse difficoltà, ma solo tanto detrito sulle rocce che rende faticosa la marcia.
Un centinaio di metri più in alto il canale si stringe, mentre sulla sx si apre una ampia zona di placconate rossicce dominate da una vertiginosa parete di roccia chiara.
Mi addentro nel solco vincendo un primo salto non banale.
Sopra di me vi sono altissime pareti incombenti.
Il pericolo oggettivo di caduta pietre dall'alto è molto elevato. Se venisse giù qualcosa mi colpirebbe al 100%: non vi sono vie di fuga.
Il camino si fa sempre più ripido, alternando brevi pianerottoli a zone verticali se non strapiombanti.
Si inizia a fare sul serio. La roccia è bagnata e il vuoto sotto i miei piedi inizia a essere consistente.
Ogni tanto saltano via gli appigli. Per fortuna coi camini ho molta dimestichezza e riesco ad incastrarmi bene tra le due facce.
Un pensiero mi inquieta ogni volta che supero un passo ostico: se non riuscissi ad andare oltre, riuscirei a tornare indietro?
Non voglio pensarci, ma inconsciamente noto che ogni movimento lo sto ripetendo più volte per impararlo anche in disarrampicata.
Una corda non sarebbe male.
Nemmeno se un compagno mi facesse sicurezza sarebbe male.
Nemmeno una panaché media, mentre gli unici liquidi che si palesano sono le gocce d'acqua che scendono nel solco, bagnano la roccia e i miei pantaloni.
Le scarpe da ginnastica che sto usando, Adidas Terrex (con la suola Stealth delle vecchie Five Ten), hanno una presa incredibile e mi danno estrema sicurezza benché mi stiano gelando via le mani e devo perciò continuamente metterle in tasca per riprendere sensibilità e tastare gli appigli.
Dopo 4 muri vinti con più o meno dignità arrampicatoria, pare che il canale spiani, ma in realtà è solo un'illusione ottica: lo capisco a mie spese perchè laddove credo di poter procedere quasi camminando, in realtà scopro presto che è verticale. La roccia è talmente marcia e bagnata che non trovo modo di andare oltre.
Ci perdo quasi un'ora a fare tentativi, ma senza successo.
Mi vedo costretto a rinunciare: e questo vuol dire disarrampicare i passi in cui ho faticato a issarmi in salita.
Non ho alternative.
Mi concentro e metto la retromarcia.
Inaspettatamente in discesa ho meno difficoltà che in salita e arrivo, dopo aver perso inutilmente 2 ore e mezza in questo tentativo, a dove il canale si allarga. Non mi do pervinto e cerco un'altra soluzione alla parete: piego a dx (N) e attraverso la grande placconata coperta di detrito (attenzione!) fino a una zona di rocce rotte, pser tornare tutto a sx a cavallo di uno sperone: sarà la mia prossima linea guida.
Sulla sx ci sono inquietanti scorci sul canale in cui mi sono appena andato a incengiare.
La roccia si fa buona, con bei tratti di granito. Il ripidume iniziale va gradatamente addolcendosi.
Guadagno presto quota. Il ghiacciaio è sempre più piccino, e, dopo aver passato sulla dx una grande torre rossiccia (tratto marcio), sbuco sulla cresta N a circa m 3100.
Le rogne son finite. Corro fino in cima superando alcune sottili lame e tratti più marci e verticali (passi di II/III). Il sole, che mai ha illuminato la via di salita, torna a scaldarmi.
Vedo chiaramente il settore dx della parete, quello che mi avrebbe fatto uscire direttamente in vetta.
Mi girano un po' le scatole di non averlo percorso : era ben più estetico. Non parebbe neppure difficile, sebbene foderato di fastidiosi e pericolosi blocchi mobili.
Quando tocco la vetta del pizzo Painale (m 3248, ore 5) le nebbie hanno già chiuso il paesaggio. Mi sdraio accanto all'ometto di vetta e, tanto per cambiare, mi addormento.
Non è l'asperità rocciosa roccia che mi punta sulle costole e a cui l'inettitudine di trovare un'altra postazione mi ha fatto abituare, ma un soffio gelido che mi dà la sveglia. Sono le 16:30.
Appena mi alzo in piedi, ecco uno squarcio nelle nubi che proietta la mia sagoma sulle nebbie della val Forame e fa apparire il mio spettro di Brocken. Gioco un po' alzando e abbassando le braccia che appaiono allungate a dismisura nella mia ombra disegnata all'interno dell'arcobaleno circolare che completa lo spettro.
È ora di tornare a casa.
Tutte le volte che trovo difficoltà in una salita, mi chiedo se queste siano state nella mia testa o effettive. Per capirlo provo a fare una via nota, in modo da avere un confronto.
E così mi butto giù a tutta per l'aereo spigolo N fino alla sella terrosa a S del passo del Forame, che raggiungo in meno di mezz'ora. Qui piego a dx e per un canale di detriti perdo velocemente quota e a passo svelto, dopo aver chiaccherato di nuovo coi cacciatori che rientrano senza camoscio, sono alla moto in solo 1 ora e 20 dalla vetta del Painale!
Morale? Ho la conferma che quel camino in cui mi sono incengiato è davvero impegnativo.

Alpe Forame e pizzo Painale.
Via di incengiata e via di salita per il versante NE. 
All'imbocco del canalone che, come si vede, in alto si fa camino. 
Parete NE, parte alta. Come di vede, la roccia è granito.
Lo spettro di Brocken in vetta.
La vetta del pizzo Painale e lo spettro di Brocken.



Nessun commento:

Posta un commento