sabato 6 luglio 2019

Cima dell'Uomo (m 2390)

Tra Bellinzona e Locarno, tra val Verzasca e val Leventina, a N del piano di Magadino, si alza la cima dell'Uomo (m 2390), montagna che deve probabilmente il suo nome all'ometto di pietra che ne addobba la sommità. A dispetto della quota modesta, si presenta fiera e rocciosa, con alte pareti dirupate sul versante settentrionale. La vetta è molto panoramica ed è raggiungibile senza particolari difficoltà partendo da più località. Esistono perciò vari itinerari che convergono negli ultimi metri dove - se non si vuole ingaggio alpinistico - il passaggio è obbligato. Perciò abbiamo deciso di salirvi transitando in testa alla valle della Porta e passando per la capanna Borgna e scendervi per la valle di Cugnasco, così da compiere un anello di grande soddisfazione.

La cima dell'Uomo dalla bocchetta di Medee.

Partenza: bivio Monti della Gana / Monti di Motti (m 1030).
Itinerario automobilistico: da Locarno (CH) si prende la pedemontana verso Bellinzona (o viceversa) fino a Gerra Piano. Qui, presso il ponte sul torrente, si segue la strada che sale verso i monti (indicazioni per Monti della Motta). Una decina di chilometri di strada tortuosa e stretta e si è al bivio Monti della Gana / Monti di Motti (m 1030). Un divieto ai mezzi non autorizzati impedisce di proseguire verso i Monti della Gana (nostra prima tappa), perciò parcheggiamo l'auto all'interno del tornante e proseguiamo a piedi.

Itinerario sintetico: bivio Monti della Gana / Monti di Motti (m 1030) - Monti della Gana (m 1286) -  Sassello (m 1673) - Forcola (m 1710) - capanna Borgna SEV (m 1912) - passo di Ruscada (m 2017) -  bocchetta di Medee (m 2150) - cima dell'Uomo (m 2390) - Corte di Cima (m 1757) - Corte di Mezzo (m 1525) - Monti della Gana (m 1286)  - bivio Monti della Gana / Monti di Motti (m 1030).

Tempo per l'intero giro: 8/9 ore.

Attrezzatura richiesta: scarponi.

Difficoltà:  2+ su 6.

Dislivello in salita: 1500 metri circa.

Dettagli: T3+. Gita su buoni sentieri segnalati in salita. Breve tratto su roccia attrezzato con pioli per la vetta. In discesa, dalla cima dell'Uomo alla Corte di Cima per una buona parte il percorso è per pascoli e pietraie prive di segnaletica e traccia.


© swisstopo.ch


Salita la stretta e tortuosissima strada che da Gerra Piano porta ai monti della Gana, lasciamo l'auto al bivio Monti della Gana / Monti di Motti (m 1030), in mezzo al tornante presso un obelisco di pietra, poichè un cartello di divieto ai mezzi non autorizzati ci intima di non proseguire oltre. Ci incamminiamo lungo la strada asfaltata in direzione SE, in salita, scavalcando la dorsale meridionale del Sassariente, ovvero quel picco roccioso con tanto di croce che bel si vede anche da Bellinzona. In corrispondenza della dorsale vi è un parcheggio sterrato e la strada piega a NNE sospesa sulla scarpata occidentale della valle della Pesta. La strada è priva di parapetti, come del resto lo era anche quand'eravamo in macchina: è un percorso che non perdona chi smanetta col cellulare anche mentre guida! Solamente il fitto bosco mitiga il senso di vertigine che si avrebbe, ma nel rassicurare mitiga pure il panorama che solo in un paio di punti offre scorci interessanti, sui monti della Gana o sulla prospiciente alpe Orino, dove si trova il rifugio omonimo. Il rifugio è ubicato su un promontorio prativo che si affaccia al fondovalle, orlato da boschi in cui spiccano le copiose fioriture bianche dei castagni. Vezzosa, ma coreografica, è il grande stemma elvetico evidenziato dal particolare sfalcio dei prati.
Ai Monti della Gana (m 1286, ore 0:45), siamo a un quadrivio con tanto di indicazioni. Scegliamo la mulattiera che punta ripida a NNE sulla dorsale, quella che il cartello decreta essere la via più svelta per la capanna Borgna. Superiamo le belle baite lanciando occhiate d'invidia ai possessori che seduti attorno a un tavolo si stanno gustando lo spuntino di mezza mattina. Gioia non si trattiene e urla loro un «Beati voi; quanto vi invidio; che fortuna vere una baita qui!». Ma uno dei proprietari ribatte ironicamente «Fino a poco fa non ci avresti invidiato che eravamo a tirar su il fieno!». I prati sono infatti freschi di sfalcio.
Rientriamo nel bosco che si è rimpossessato con le felci di ampi prati o pascoli abbandonati. Ne usciamo presso la radura a m 1498 che circonda un larice dalla chioma curiosamente asimmetrica e una graziosa cappelletta in sasso affiancata da una panchina in legno da cui si gode un superbo panorama sul lago Maggiore.
La nostra salita prosegue toccando Sassello, alpe la cui etimologia è presto spiegata dal grosso masso posto poco a monte delle baite, poi giunge alla Forcola (m 1710), affaccio alla valle della Porta, a cui accediamo dopo esserci un poco alzati verso ENE. Ci addentriamo nella valle a mezza costa, guadagnando quota per aggirare dall'alto una frana. Arriviamo così fino a m 1838, costretti poi dall'orografia a scendere a m 1729, e riprendere al salita, tra il tripudio di fioriture di rododendro e qualche masso, che ci porta alla capanna Borgna (m 1912, ore 2:40).
Il rifugio, di proprietà della Società Escursionistica Verzaschese e aperto da giugno settembre, è circondato da una palizzata che racchiude anche un secondo edificio a capanna e la fontana. È posto su un terrazzo dominato dal piramidale Madone e dalla turrita cresta del Madonetto. Tra di loro, a NE, è la quota m 2229, elevazione che separa la bocchetta di Cassane e il passo di Ruscata. Il sentiero segnalato (le tempistiche del cartello sono un po' "tirate") per il pizzo dell'Uomo punta a quest'ultimo (NE), e noi lo seguiamo dopo uno spuntino in riva al torrente.
Dal passo di Ruscada (m 2071), finalmente vediamo la cima dell'Uomo, da questa prospettiva davvero bella, tanto da suggerire un epilogo alpinistico della nostra gita. O almeno è ciò che si è spinti a credere osservando la cresta affilata e la parete rocciosa che ci parano innanzi. 
Siamo in testa alla valle di Cugnasco e puntando a NNE arriviamo alla bocchetta di Medee (m 2150). Traversiamo in salita, prima presso la cresta spartiacque con grande salto roccioso intramezzato da cenge verso le pietraie dell'alta valle di Moleno, poi sotto il roccioso cupulone sommitale della cima dell'Uomo. Calchiamo pietraie e accostiamo un fiero dente roccioso. Ci portiamo così a ESE della sommità dove, a m 2300, ha inizio un canalino che sfocia in un camino roccioso di una decina di metri dove sono stati infissi alcuni  pioli per scongiurare il pericolo che l'escursionista debba arrampicare su arditi passi di II grado. 
Dominato l'indomito passo, torna l'amico sentiero che tagliando verso O ci accompagna alla croce di vetta (cima dell'Uomo m 2390, ore 1:30), accanto alla quale s'erge pure l'ometto di pietra, figlio o parente di quello che ha dato il nome alla montagna. Chiediamo alle numerose pecore presenti appena sotto la vetta, ma non sanno darci ulteriori spiegazioni etimologiche, anzi sono infastidite dalla nostra curiosità sopraggiunta mentre buffamente si infilavano con la stesta nelle crepe della montagna a cercare un po' di ombra!
Panorama eccezionale? Credo di sì. Quand'è limpido sicuramente sì. Sotto di noi l’alpe di Ruscada che fa da palco al Sottoceneri, un vago miraggio simile al lago Maggiore a SO, ma l'afa e i cumuli che si stanno alzando offuscano tutto. Riconosciamo il Torrone Alto che ho traversato ieri, le cime della val Verzasca salite settimana scorsa, ma addirittura il pizzo Bernina, con l'inconfondibile Biancograt, il Disgrazia, Ligoncio e Sasso Manduino!
I tuoni e il cielo che si è scurito ci spronano a scendere velocemente.
Tornati alla base del cupulone sommitale seguiamo a S il sentiero per la bocchetta dell'Uomo e dove questo inizia a salire, lo abbandoniamo e senza sentiero traversiamo a SSO per pietraie, macereti e pascoli fino a prendere il sentiero di fondovalle della valle di Cugnasco presso il ripiano che precede le abbandonate baite in sasso di Corte di Cima (m 1770, ore 1). Gli ampi pascoli dell'alta valle di Cugnasco prendono il nome di alpe di Ruscada. Essendo il dialetto ticinese non lontano da quello valtellinese, suppongo che il toponimo indichi gli alberi privati della corteccia (rusca).
Giù ancora per sentiero sempre meglio definito fino a Corte di Mezzo (m 1525, ore 0:30).
Attorno alle baite capre, bambini e galline. Poi arriva un grosso cane bianco che abbaia inferocito. Spunta infine la sua padrona che ci intima di allontanarci senza «cagare il cane» poichè questo parrebbe essere un mangia-escursionisti.
Eseguiamo senza verificare la spietatezza del quadrupede e attraversiamo il torrente. Saliamo nel bosco fino a scavalcare a m 1580 le propaggini meridionali della cresta del Madonetto per accedere a un inquietante circo di rocce e boschi. Piove e i tuoni si fan sempre più forti, così come l'intervallo tra la luce dei fulmini e il tuono è sempre più breve: brutto segno perché significa che il temporale si sta velocemente avvicinando.
La traccia, bella larga, taglia a mezza costa sospesa tra i precipizi. È un percorso molto affascinante e panoramico, ma ad ogni bagliore di luce il nostro passo aumenta. Quando il sentiero inizia a scendere con decisione, per aggirare dal basso un'alta parete, all'improvviso avverto un senso di malessere. È come se l'aria che sto respirando sia calda e umidissima. Per me, che sono anni che frequento i monti in tutte le condizioni, è un segno inequivocabile: c'è tensione nell'aria. «Via, via: qui scarica!» urlo.
Se ci fermassimo in questo spazio aperto potremmo essere colpiti dal fulmine che sento Zeus sta per scagliare. Così iniziamo a far mulinare le gambe. Pure a Marco, mio compagno d'università con cui dopo ben 17 anni ci siamo ritrovati per una gita assieme, passa magicamente il mal di muscoli. Quando scappi al temporale sei investito da un grave senso di impotenza perchè sei consapevole che il tuo è solo un tentativo di portarti in una zona con più bassa probabilità d'essere colpito dal fulmine, ma alla fine sai che le nuvole e l'elettricità non sottostanno alle teorie su cui si basa il tuo piano di fuga.
Corriamo sotto la pioggia battente, con gocce d'acqua per niente fredda che ci colpiscono il viso.
Rientriamo nel bosco e corriamo ancora quando un bagliore intenso seguito da un tremendo boato ci raggiunge alle spalle. Il fulmine è scoccato proprio presso il sentiero dove l'avevo preconizzato. Ma non è detto che non ne seguano altri.
Corriamo ancor più svelti per allontanarci, fermandoci ad aspettarci ad ogni bivio: quale sia il sentiero principale è reso ovvio da bandierine bianco rosse, ma nella fuga sarebbe comunque facile sbagliare e dividersi.
Riemergiamo nei prati dei Monti della Gana (m 1286, ore 1:20) e torna il sole, che scaccia la pioggia e tutte le nostre paure. Marco, ringalluzzito dal pericolo scampato, ricorda gli insegnamenti del Politecnico che io ho rimosso e ci erudisce su quali siano i luoghi sicuri dai fulmini. Ad esempio se la casa non ha il parafulmini, questo potrebbe entrare. Perciò le vecchie baite in pietra non costituiscono un riparo sicuro al 100%. Gioia si preoccupa subito di casa nostra dove ho fatto io l'impianto. Io ci scherzo sopra. Poi indica una singolare cabina del telefono che si trova tra le baite ai Monti di Gana: «Quella farebbe da gabbia di Faraday, per cui si saremmo potuti chiuder dentro tutti e tre. Un po' stretti, ma meglio che prendersi un fulmine in testa.»
La gravità ci riporta all'auto in 25 minuti, poi riporta l'auto nel fondovalle dove salutiamo Marco. Lui torna dalla moglie a Germignaga, noi andiamo a Locarno Beach, come ho battezzato ironicamente il letto del torrente Maggia presso Locarno. Lungo il corso d'acqua vi sono numerose pozze in cui fare il bagno, circondate da spiagge in ciottoli e sabbia, o rocce levigate e intiepidite dal sole.
Lì ci rinfreschiamo e ci godiamo il tramonto tra i natanti.
Proseguiremo stasera in auto per Riale, in cima alla val Formazza, a cui approderemo attraverso la tortuosa strada della Cento Valli e della val Vigezzo.

La cappelletta a m 1498 sopra i monti della Gana.

Vista sul lago Maggiore e sul piano di Magadino dai pressi della cappelletta sopra i monti della Gana. 

Oltre la Forcola, entriamo alti nella valle della Porta.

Verso la capanna Borgna e il passo di Ruscada.

Esplosione di rododendri nella valle della Porta.

La capanna Borgna e il Madone.

L'itinerario dalla bocchetta di Medeee alla cima dell'Uomo visto dal passo di Ruscada.



Nel camino attrezzato per la vetta.

Nel camino attrezzato per la vetta.

Il traverso finale per la croce di vetta.

In vetta alla cima dell'Uomo.

Inaspettatamente prima di noi è stato qui l'amico Sandro di Luino.

Ricoveri per pastori all'alpe di Ruscada.

Corte di Cima.

Rieccoci ai Monti della Gana.

Le nubi avviluppano i boschi sotto l'alpe Orino.



1 commento:

  1. Ciao
    Prossima volta, primo di un giro su i alpi, vai a visitare il sito www.protezionedellegreggi.ch. li trovi tutto su i bestioni bianchi mangia turisti. Saluti
    L'alpigiana della Rùscada, proprietaria dell bestione bianco che si chiama Leon

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